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BOSSI ALZA LA POSTA

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(WSI) – La riforma della legge elettorale deve essere conseguente alle – da tutti auspicate – riforme del bicameralismo perfetto e, pertanto, non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 giugno». Con questa nota irrituale di Palazzo Chigi che impegna tutto il governo, diramata di prima mattina a spoglio per le amministrative completato, Silvio Berlusconi ha preso definitivamente le distanze dai quesiti referendari del 21 giugno sulla legge elettorale: il bipartitismo di fatto, temutissimo dalla Lega, non ci sarà.

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Svanisce così lo spettro dei leghisti che disertano le urne ai ballottaggi – molti dei quali non scontati neanche per un centro-destra vittorioso in tutto il Nord – per evitare che venga raggiunto il quorum al referendum. Facile la conclusione tratta da Giovanni Guzzetta, presidente del comitato referendario: «Bossi ricatta e Berlusconi segue».

Forte del suo 10,2% e dello “sfondamento” nelle zone rosse e nel centro, Umberto Bossi è dunque passato all’incasso. O meglio, ha cominciato a incassare. Sul referendum, certo, ma più in generale per un adeguamento dei rapporti di forza all’interno della maggioranza.

Sul piatto i decreti attuativi del federalismo fiscale, con la connessa necessità di mantenere in Parlamento il dialogo con il Pd, un ruolo maggiore per i leghisti nelle aziende pubbliche, a cominciare dalla Rai, e soprattutto le future presidenze delle regioni verdi: Lombardia e Veneto. Le elezioni regionali, vera partita politica di questa legislatura, sono fra un anno. E tra le ipotesi in campo c’è anche quella di una “promozione” di Roberto Formigoni alla Commissione Ue in modo da lasciare libero il Pirellone per un candidato leghista. Se basta. È il capogruppo alla Camera Roberto Cota a rilanciare: «Una regione? Ora vogliamo tutto il Nord».

Contraltare a Bossi e alla sua “ipoteca” sulla maggioranza le preoccupazioni del presidente della Camera Gianfranco Fini. L’ex leader di An mantiene in queste ore la consegna del silenzio in vista dei ballottaggi ma il suo pensiero è emerso chiaramente in una nota diffusa ieri dalla sua fondazione Italianieuropei: «Pdl: quella trazione leghista che ha dimenticato il Sud», titolava ieri il blog della Fondazione. «Umberto Bossi ha vinto perché ha dato la linea al governo in materia di riforme istituzionali (alias federalismo fiscale) e di sicurezza del cittadino a fronte dell’immigrazione clandestina.

La sua politica, bella o brutta che fosse, ha rappresentato in questi mesi l’originale. Quella del Pdl la fotocopia. Facile capire il perché delle scelte degli elettori “padani”…». E «l’azione a esclusiva trazione nordista dell’esecutivo ha determinato progressivamente un senso di crescente insoddisfazione nell’elettorato meridionale».Quello che manca, tolta la “faccia” del premier, è l’organizzazione del neo-partito e il suo radicamento nel territorio. Berlusconi ha di che riflettere.

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