* Antonio Cesarano e’ il responsabile dell’ufficio ricerca MPS Finance. Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – E’ da poco iniziato il secondo semestre che concretamente si inaugura oggi dopo il ponte lungo Usa e con la presenza di tutti i principali players sui mercati internazionali.
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All’indomani degli attentati terroristici di Londra, i mercati si
riscoprono molto più composti e realisti di quanto sembrava invece dalla
prima reazione emotiva della prima parte della giornata di ieri.
Le ragioni di tale quasi “cinico” realismo dei mercati sono da ricollegarsi
al fatto che per gli operatori (purtroppo) gli eventi geopolitici non sono
più una novità o almeno non lo sono più nella misura in cui lo furono
l’11/9.
Da allora la reazione successiva ai diversi attacchi terroristici
ha evidenziato una capacità di tenuta notevole, offrendo spesso delle buy
opportunities per gli investitori con ottiche anche non limitate
necessariamente al breve termine. Del resto l’impatto sulla fiducia dei consumatori e più in generale sulle decisioni di spesa si è rivelato nel tempo sempre più contenuto e di
conseguenza è comprensibile il focus sulle variabili predominanti al
momento antecedente agli attentati.
Lo stesso è accaduto ieri e gli operatori oggi sono tornati a
rifocalizzarsi su 2 aspetti contingenti: 1) i possibili effetti del rialzo
del prezzo del greggio che continua inarrestabile la corsa al rialzo; 2)
l’andamento del mercato del lavoro sintetizzato oggi dalla variazione degli
occupati non agricoli di giugno.
Abbiamo già evidenziato come da qualche mese la formulazione dell’andamento
dei tassi sulla base del solo quadro macro è risultata spesso fuorviante.
E’ pur vero che si è verificata una marcata divaricazione tra indicatori
anticipatori e consuntivi che solo in parte trova spiegazione nel fatto che
gli anticipatori hanno risentito del minore valore segnaletico offerto
dalla pendenza della curva che nel frattempo soprattutto negli Usa si è
notevolmente ridotta. Ma verosimilmente la vera spiegazione risiede nella
particolarità della fase di ripresa in atto guidata soprattutto dal
supporto offerto dal settore immobiliare, una variabile però presente solo
negli Usa e non in Europa (a parità di trend rialzista dei prezzi delle
case) grazie al più articolato e flessibile mercato dei mutui.
Alcuni gestori individuano proprio nella peculiarità della ripresa in atto
anche i motivi di fragilità della stessa. E’ il caso di Bill Gross, gestore
di Pimco, che ha concluso pertanto che la ripresa si sostanzia in un
supporto ai consumi offerto dal settore immobiliare senza una sostanziale
ripresa del mercato del lavoro e del capital spending che stanno invece
sempre più interessando l’area asiatica, Cina in primis. La conseguenza
secondo Gross è molto semplice: i tassi decennali Usa potranno permanere
nel range 3-4% e per i gestori il consiglio è quello di allungare la
duration di portafoglio.
Altri obiettano che la ripresa è strutturale e che quindi i tassi sono
prossimi al riadeguamento verso valori di equilibrio ben più elevati degli
attuali. Infine altri ancora precisano che l’adeguamento dei tassi ci sarà ma
interesserà solo il comparto a breve, schierandosi pertanto a favore di
un’inversione della curva Usa.
Qual è la nostra posizione sui tassi? Condividiamo il fatto che una
ripresa legata al solo mercato immobiliare presenta rischi notevoli tali da
giustificare l’atteggiamento graduale della Fed. Laddove tali rischi
dovessero materializzarsi, la Fed sarebbe pronta ad arrestare la fase di
rialzo dei tassi. Ci ha sorpreso il forte supporto offerto ai consumi nel
primo trimestre dal settore immobiliare, immaginando invece un effetto
penalizzante derivante dalla fine del supporto fiscale.
L’andamento dei tassi però non ha seguito le indicazioni dei dati
consuntivi ma non tanto per una notevole capacità forward looking degli
operatori, quanto piuttosto perché nel frattempo la domanda di bond era in
forte riadeguamento coinvolgendo strutturalmente l’atteggiamento di alcuni
operatori (ad es. fondi pensione) ed aumentando il peso di altri (banche
centrali). In tutto ciò le ampie condizioni di liquidità hanno avuto un effetto prima
di innesto e poi di amplificazione del movimento ribassista dei tassi.
Probabilmente con queste variabili dovremo fare i conti per poter
comprendere l’andamento dei tassi anche nel secondo semestre. Nel frattempo
l’andamento dell’economia potrebbe offrire ulteriore spinta al movimento
ribassista dei tassi laddove dovesse evidenziare segnali di rallentamento
negli Usa, mentre invece offrirebbe opportunità di ingresso più favorevoli
laddove per periodi anche non brevissimi comportasse un rialzo dei tassi di
mercato che sarebbero comunque letti come temporanei.
Un primo test è offerto proprio dal dato di oggi sui non farm payrolls: un
dato favorevole (200.000) sembra essere quasi scontato dagli operatori alla
luce delle buone indicazioni di taluni indicatori anticipatori. I gestori
sembrano essere pronti ad approfittare dell’eventuale rialzo dei tassi per
rientrare e riadeguare a prezzi più favorevoli le duration di portafoglio
dopo le ampie sottoperfromance evidenziate rispetto ai benchmark di
riferimento da oltre un anno.
Di conseguenza per oggi non ci attendiamo impatti molto forti al ribasso
sui mercati obbligazionari che in termini di Bund e T-note potrebbero
essere confinate al massimo rispettivamente al 3,30 e 4,20%.
Per il secondo semestre riteniamo che il processo di ricomposizione della
domanda (di cui si è parlato in altre note precedenti) sarà ancora in atto
e pertanto i tassi dovrebbero ancora rimanere su livelli relativamente
contenuti o addirittura potrebbero continuare il trend calante per i timori
indotti sulla crescita dal rialzo del prezzo del greggio e per i timori
latenti che la bolla immobiliare sia prossima al capolinea. Di conseguenza
sul mercato equity potrebbe essere ancora centrale l’interesse per il
dividend yield soprattutto in quei settori che presentano anche il forte
supporto del trend rialzista del petrolio e che potrebbero offrire una
newsflow favorevole sui dividendi nel corso dell’anno.
Alcuni gestori (Prudential) hanno addirittura consigliato di portare al
100% il peso dell’equity in portafoglio basandosi sul consueto Fed Model
che evidenzia ancora una forte sottoperformance del mercato azionario
rispetto a quello obbligazionario. Si tratta di una indicazione forte,
quasi una provocazione, ma in ogni caso un portafoglio equilibrato potrebbe
ancora prevedere un peso superiore al 50% per l’equity sovrappesando però i
settori maggiormente sensibili al rialzo del prezzo del greggio o passibili
di ulteriori incrementi dei dividend yield attesi.
Nell’ambito dei bond il mantenimento di posizioni “corte di duration”
potrebbe ancora essere non vincente. Segnaliamo che alcuni emittenti hanno preso atto della forte domanda di bond spingendosi (si veda il caso di Bayer) ad ipotizzare l’emissione di un
titolo a 100 anni!
Forex
Sul mercato dei cambi l’attenzione si è spostata sempre più sul
differenziale dei tassi, nella convinzione che nel frattempo, la favorevole
crescita, riduceva la temibilità del deficit di partite correnti che però
ha continuato ad aumentare il peso specifico rispetto al Pil, superando il
6%. Le ultime settimane del primo semestre hanno evidenziato un trend
sostanzialmente laterale per il cross Euro/Dollaro, in gran parte
imputabile all’assenza di prese di posizioni forti da parte degli hedge
funds impegnati nel processo di liquidazione quote dopo le richieste di
riscatto pervenute tra il primo ed il secondo trimestre.
Ora però potrebbe cominciare un più deciso posizionamento a favore del
Dollaro, soprattutto verso Euro. Inoltre le aspettative sul differenziale
dei tassi potrebbero amplificarsi ancora di più. Pertanto nei prossimi mesi non è da escludere un posizionamento compreso tra 1,15 e 1,16 (minimo del 2004).
Attenzione però ad un non trascurabile fattore di rischio: la fine del peg
cinese!! Dopo le recenti svalutazioni di Euro e Yen, aumenta la possibilità
di un passaggio ad uno sganciamento dal peg a favore di un paniere di
valute anziché il solo Dollaro. Di conseguenza l’effetto su Euro e Yen
potrebbe comportare un rapido apprezzamento.
Diventa allora fondamentale il
timing dell’eventuale fine del peg, un fattore tutt’altro che facile da
ipotizzare. Recentemente vi è stato un incontro tra Greenspan e Snow ed
alcuni senatori Usa che avevano caldeggiato l’istituzione di dazi al 27%
sulle importazioni cinesi: l’incontro ha riportato su più miti consigli i
senatori grazie alla rassicurazione sul fatto che la Cina è molto vicina a
modifiche del proprio mercato valutario. I tempi pertanto non dovrebbero
essere lontanissimi ma non è da escludere che per quest’anno ancora non si
proceda in tal senso.
Attenzione però a monitorare i non deliverable
forward sullo Yuan: laddove dovessero segnalare un sensibile allentamento
delle aspettative di rivalutazione, potrebbe essere il momento più propizio
per la banca centrale cinese per procedere. Al momento le attese di una
rivalutazione sono ancora piuttosto forti.
Il trimestre in corso pertanto potrebbe rendere più favorevoli posizioni
volte a beneficiare dell’apprezzamento del Dollaro fino all’area 1,15/1,17
indicata.