Che i mercati azionari siano diventati un continuo braccio di ferro tra ribassisti e rialzisti non e’ una novita’. Nell’ultimo periodo, tra i due litiganti, sembrano avere la meglio gli shortisti: sono loro infatti che muovono le pedine della scacchiera. Ma chi fara’ scacco matto?
Un articolo del Wall Street Journal mette faccia a faccia Byron Wien, convinto sostenitore della ripresa delle borse USA, e Brett Gallagher, secondo cui invece l’orso non ha, almeno per il momento, alcuna intenzione di andare in letargo.
Secondo Wien non c’e’ alcun motivo di dubitare della ripresa dei mercati. “Tra vendere o comprare, opto sicuramente per la seconda ipotesi – afferma l’analista -. E’ vero che l’S&P 500 chiudera’ l’anno con una perdita del 10%-15%, ma l’anno prossimo l’indice incamerera’ un progresso del 10%”. La mia tesi e’ supportata da due fattori – continua Wien -. Innanzitutto, le valutazioni delle azioni sono arrivate a livelli eccessivamente bassi. Secondo, la fiducia degli investitori non potra’ scendere al di sotto dei livelli attuali”.
Diametralmente opposta l’opinione di Gallagher. “I mercati sono ancora sopravvalutati e non trovano nei fondamentali economici alcun elemento di traino – sostiene l’esperto -. Finora sono stati i consumi il vero motore della congiuntura americana. Ma non illudiamoci: i consumi si stanno prosciugando e la Fed ha ormai poche cartucce a disposizione. Il problema e’ che se l’economia non e’ riuscita a cogliere al volo l’occasione dei tagli aggressivi dei tassi per risalire la china, figuriamoci cosa potra’ accadere nel 2003, quando i margini di manovra della banca centrale USA saranno vicini al capolinea”.
Quale dunque il futuro dei mercati?
“Molti investitori ritengono che il mercato attuale sia fonte di ottime opportunita’ in quanto i livelli delle azioni non sono mai stati cosi’ bassi – osserva Gallagher -. Ma negli ultimi dieci anni i ritorni sugli investimenti dell’S&P 500 si sono attestati a un tasso annuale del 10,4%. Quelli del Dow Jones, invece, sono stati e sono tuttora del 12,7%. Si tratta di livelli decisamente piu’ alti rispetto alle medie del lungo termine”. L’analista ammette che “su una scala da 1 a 10, dove l’1 corrisponde ai ‘bearish’ e il 10 ai ‘bullish’, mi colloco in corrispondenza del numero 3, ma ragionando in termini potenziali si potrebbe arrivare tranquillamente a 1”.
“Io mi colloco in un range compreso tra 7 e 8 – ribatte Wien -, e se non scelgo il numero 10 e’ per le difficolta’ provenienti dal fronte geopolitico, che vedono avanzare, in modo sempre piu’ incombente, lo spettro di un nuovo conflitto. Ma dopo l’iniziale impatto negativo dovuto all’elemento incertezza, la guerra diventera’ col tempo un elemento ‘bullish’. Anche il quarto trimestre del 2002 potrebbe essere deludente, ma nel 2003 assisteremo finalmente alla riscossa”.
Wien deriva la sua analisi da un modello econometrico basato sullo sconto del dividendo. In particolare l’esperto esamina la media degli utili futuri che le societa’ dell’S&P 500 metteranno a segno nei prossimi 30 anni, scontandoli al livello attuale. Secondo questo modello econometrico, il mercato sarebbe sottovalutato addirittura del 50%.
L’analisi di Gallagher si basa invece sul rapporto tra gli indici e la crescita economica. “Il Nasdaq quota a un livello corrispondente tre volte le vendite. E non solo: il listino tecnologico dovrebbe cedere il 50% per allinearsi alle valutazioni correnti dell’S&P 500, che noi tra l’altro riteniamo sopravvalutate. Questa tesi si fonda sul rapporto tra il dividendo e il prezzo che, nel caso dell’S&P 500, esprime un rendimento dell’1,89% – spiega l’esperto -. E’ fondamentale considerare che nel periodo precedente la bolla speculativa la relazione non e’ stata mai inferiore al 3%. Per riportare il mercato a quei livelli, aumentando dunque il valore del rapporto, sarebbe necessario che il prezzo diminuisse. Nel caso specifico, l’S&P 500 dovrebbe cedere il 58%, cioe’ 347 punti”.
Gallagher non e’ per niente d’accordo con il consensus degli analisti, che per il 2003 prevede un utile per azione di $59. “Se le societa’ decidessero di contabilizzare le stock option, l’earning per share potrebbe capitolare, arrivando anche a quota $39”, sostiene.
Ma il toro non si arrende. “Al di la’ della tipologia di utile che si intende adottare e della confusione che molte volte porta a dare piu’ importanza all’utile operativo o all’utile GAAP, c’e’ un punto importante che molti continuano ad ignorare – osserva Wien -, ossia che gli utili comunque sono destinati a migliorare”.
Il modello di Wien si basa sul presupposto secondo cui nel lungo termine il tasso di crescita dell’utile e’ del 9,8%. Cio’ significherebbe che il mercato in questo momento e’ sottovalutato di ben il 45%.
E per quanto riguarda la congiuntura, lo scenario delineato da Wien e’ decisamente piu’ roseo di quello di Gallagher: “Un problema potrebbe essere rappresentato dalla disoccupazione. Ma e’ bene ricordare che il tasso di disoccupazione e’ rimasto contenuto, arrivando a testare solo il 6%. Aprite le orecchie: il peggio e’ passato”.