Prosegue l’ascesa dei listini, oggi l’attesa decisione sui tassi euro. A spingere ancora verso l’alto le
quotazioni azionarie stavolta ha finalmente contribuito un segnale economico migliore delle attese, quello relativo
ai direttori degli acquisti USA nel comparto servi zi, con una lettura a quota 54,5 contro 50,7 in aprile.
Francamente, però, non si tratta di grande cosa: l’indice oscillava da mesi in un range compreso tra 54 e 56, e
solo i timori legati all’imminente conflitto iracheno l’avevano fatto precipitare in marzo a quota 47,9, per poi farlo
risalire appena sopra quota 50 in aprile.
Ora siamo tornati in media, sebbene una delle sue componenti più
seguite, quella relativa all’occupazione, sia rimasta al palo a quota 48,7, continuando a segnalare una contrazione
del mercato del lavoro. Tutto sommato, l’indice non fa che riflettere il modo in cui si sono mosse economie e
mercati in questi ultimi mesi: un tentativo di riavvio dai minimi in autunno, la successiva ricaduta sui timori
“geopolitici”, ed ora il recupero dell’indebito scivolone con le speranze di un nuovo riavvio. Fin qui, tanto per
chiarire meglio la nostra posizione, non c’è nulla di anomalo o scandaloso rispetto a quanto la logica vorrebbe: i
mercati puntano sulla ripresa prima che questa si manifesti e solo a posteriori si saprà se la scommessa è stata
vincente o meno.
L’anno scorso la questione Iraq e gli scandali aziendali fecero deragliare il circolo virtuoso di
Borse ed economie; stavolta potrebbe andare meglio, anche se – e questa è la differenza rispetto alla nostra
posizione di allora – ci sembra di vedere segnali ancora più stentati di ripresa congiunturale, mentre le politiche
monetarie e fiscali indispensabili per rilanciare la ripresa in larga misura sono già state spese.
Un loro fallimento
adesso sarebbe molto più grave che non allora, perchè aprirebbe l’inevitabile confronto con la prospettiva del
Giappone, pur tenendo conto delle sue singolari e non ripetibili disgrazie. Da qui la consapevolezza che il
recupero delle Borse potrebbe proseguire, complice anche l’enorme liquidità che preme alla ricerca di rendimenti
soddisfacenti, e al tempo stesso l’invito alla cautela legato ad un quadro macroeconomico che appare in crisi qui
in Europa e non sembra affatto così roseo come vorremo anche nel caso della locomotiva americana.
Anche se i listini si muovono in maniera
sincronizzata, il quadro per l’Europa appare molto più
preoccupante e giustificherebbe un netto divario
rispetto a Wall Street. Non a caso lo stesso indice dei
responsabili degli acquisti ieri rimbalzato in America
nell’UE è rimasto praticamente fermo sui deludenti livelli di
aprile (47,9 contro 47,7), con un calo in tutte le sue
componenti (il che rende ancor più misteriosa la pur lieve
ascesa dell’indice complessivo…).
Il riavvio in tempi brevi
dell’economia continentale, sbandierato da politici e
banchieri centrali, appare una chimera, e non sarà certo
l’atteso taglio dei tassi odierno – sperando che si tratti del
mezzo punto oramai scontato e non di una delle solite
sorprese cui ci ha abituati l’Istituto – ad assicurarlo:
l’apprezzamento dell’euro negli ultimi dodici mesi ha infatti
più che annullato i benefici di una politica monetaria più
espansiva, il cui compito prioritario ora non è tanto rilanciare la ripresa, quanto evitare di intralciarla come finora è accaduto.
E non a caso le performance degli indici
azionari – senza l’effetto cambio – danno nettamente ragione a Wall Street e al Nasdaq rispetto alle Piazze
continentali più cicliche (Parigi e Francoforte). Quanto ai segnali odierni, da seguire dagli USA le solite richieste
settimanali di sussidio, nota dolente di un mercato del lavoro che non riesce a decollare, e gli ordini all’industria,
già visti in netto calo a seguito della deludente performance degli ordinativi di beni durevoli la scorsa settimana.
La sorpresa giunta stamani dalla Germania di un calo dei disoccupati (-4mila unità), a fronte del nuovo aumento
atteso, non deve creare facili illusioni: si tratta del riflesso della riforma del mercato del lavoro, non di un segnale
di miglior andamento congiunturale. In serata, attese le linee guida sui risultati del trimestre in corso da parte dei
vertici di Intel: l’outlook potrebbe avere significativi riflessi su tutta l’industria dei chips e sui tecnologici in
generale, attualmente al centro dell’interesse di coloro disposti a puntare su una decisa ripresa economica (il
+84% dell’indice dei semiconduttori negli ultimi dodici mesi parla da solo).
*Michele Pezzinga e’ capo strategist di Eptasim.