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Borse Ue e futures Usa in calo, è attesa per il discorso di Ben Bernanke

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In attesa dell’avvio della sessione a Wall Street, le borse europee propendono per il segno meno, complice l’andamento a rilento dei futures americani che puntano verso il basso. Alle 13 circa ora italiana, i futures sul Dow Jones scendono di 18 punti (-0,15%), quelli sul Nasdaq arretrano di 6,75 punti (-0,29%) e quelli sullo S&P 500 scendono di 4,40 punti (-0,33%). Il segno meno domina anche in Europa, con Londra che cede lo 0,28%, Francoforte piatta con un -0,01%, Parigi altrettanto ingessata con un -0,08% e Madrid che fa -0,17%. Milano vede il Ftse Mib arretrare dello 0,34%.

Pochi i dati economici rilevanti di oggi; l’attenzione degli operatori sarà soprattutto sul discorso del numero uno della Fed, Ben Bernanke. Nel corso di un’audizione che si terrà nella Commissione di bilancio della Camera Usa, il timoniere della Banca centrale americana parlerà delle condizioni in cui versa l’economia Usa e potrà dare anche qualche indicazione sulla politica monetaria che intende adottare.

Dal fronte aziendale Usa, attesi prima dell’inizio della giornata di contrattazione i conti di Coca Cola, mentre Cisco svelerà il bilancio alla fine della sessione.

Tornando a Piazza Affari, i rialzi interessano soprattutto Buzzi Unicem (+3,89%), in cima al Ftse Mib insieme a Mediaset (+1,34%) e Pirelli (+1,10%), che riducono tuttavia i guadagni rispetto alle prime ore della giornata. Fiat Industrial sale dello 0,90%, mentre in rosso è Fiat Spa, con una perdita dello 0,55%. I segni meno colpiscono anche le banche e gli assicurativi, con Ubi Banca in flessione di quasi il 2%, Intesa SanPaolo che fa -1,61%, Mediovanca -1,19%, Mps (-1,16%) e Banco Popolare (-0,93%). Unicredit arretra dello 0,83%.

In generale, i listini non hanno aperto all’insegna dell’ottimismo complici i ribassi della borsa di Shanghai (-0,89%) e di Tokyo; così come anche Shanghai, anche il listino nipponico ha scontato il rialzo dei tassi di interesse annunciato ieri da Pechino. L’indice Nikkei ha così fatto dietrofront rispetto ai nuovi massimi in nove 9 mesi toccati in apertura di contrattazioni.

Di fatto, si teme che un rallentamento dell’economia cinese possa avere ripercussioni sull’intera congiuntura globale. Preoccupate sembrano essere soprattutto l’Australia e la Cina: entrambe fornitrici di materie prime, le due economie temono infatti che in caso di indebolimento della Cina, le loro forniture di materie prime andrebbero a diminuire, provocando a catena una flessione delle esportazioni, del Pil e delle divise di riferimento.

Ma a intimorire i mercati non è solo la Cina oggi. Altre notizie no sono arrivate infatti dall’Asia sul Giappone, in particolare i suoi debiti pubblici colossali e anche le condizioni precarie in cui versano le sue banche: sia il Fondo Monetario Internazionale che Moody’s oggi hanno strigliato il governo, invitandolo a fare di più per mettere un freno a un debito che rappresenta il 200% rispetto al prodotto interno lordo.

Intanto sui mercati newyorchesi vediamo un euro piatto sul dollaro, in lieve rialzo a 1,3633; la moneta unica guadagna invece sullo yen a 112,54 e anche sul franco svizzero a 1,3159. Sulla valuta nipponica avanza anche il dollaro a 82,58.

Sui mercati delle commodities, il Brent a Londra sale a 100,52 dollari al barile, in rialzo di 60 centesimi, mentre sul Nymex il petrolio WTI si attesta a 87,21 dollari al barile, in crescita di 27 centesimi. Oro sottotono sul Comex a 1.363,70 dollari l’oncia, in flessione di 40 centesimi.