*Michele Pezzinga e’ lo strategist di CentroSim. I suoi commenti non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
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(WSI) – I prezzi alla produzione USA di marzo non generano sorprese (anzi, a livello “core” l’incremento mensile dello 0,1%, analogo a quello
precedente, è inferiore al +0,2% mediamento atteso e consente al dato annuo di scendere dal 2,8 al 2,6%) e i mercati obbligazionari proseguono nel loro recupero.
Corsa, più che recupero, visto che quelli europei sono ormai ad un passo dai loro livelli record di inizio anno, con il decennale tedesco tornato a rendere uno striminzito 3,45%, grazie anche al forte calo della fiducia sulle prospettive economiche dell’area (l’indice ZEW, che le misura, ieri è sceso più del previsto a quota 20,1, da 36,3 in marzo). I rendimenti dei Treasuries, sempre sulla scadenza decennale, sono invece a quota 4,22%, e hanno beneficiato anche del forte calo, superiore alle attese, degli avvii di nuove costruzioni, un -17,6% in marzo che riporta nettamente in territorio negativo (-8,5%) anche l’andamento del comparto su base annua (e a zero quello per i permessi di costruzione, meno condizionati dal contingente andamento climatico).
Le tensioni sui prezzi permangono (i prezzi alla produzione a livello complessivo sono comunque saliti di uno 0,7%, pari al 4,9% su base annua), ma sembrano confinate al discorso caro-energia, i cui allarmi negli ultimi giorni sembrano in parte rientrati, con le quotazioni del greggio oscillanti nell’area 50-55 dollari. Il segnale importante è venuto dalla sostanziale conferma dei precedenti massimi di ottobre: una rottura avrebbe invece aperto la strada all’area inesplorata e temuta dei 60 dollari il barile, con tutte le conseguenze del caso, reali (sulla crescita) e percepite (sulle aspettative dei mercati).
Ancora ieri alcuni membri della FED (Poole) hanno fornito diagnosi rassicuranti sul rischio inflazione, altri (la Yellen) hanno invece citato persino un rischio “stagflazione”, a fronte di una possibile fase di debolezza dell’economia, che a nostro avviso sta sorprendendo la stessa FED, finora fin troppo ottimista sulle prospettive congiunturali.
Nel primo pomeriggio odierno (alle 14:30) nuova verifica con i prezzi al consumo di marzo, per i quali è previsto un aumento dello 0,5% mensile a livello complessivo e dello 0,2% soltanto per l’indice ex alimentari ed energia, in quest’ultimo caso l’incremento su base annua scenderebbe da un +2,4 ad un +2,2%. Come ieri, una conferma, se non addirittura una sorpresa positiva, magari con un numero un po’ migliore a livello core (tipo un +0,1%), potrebbe innescare un’altra corsa alle ricoperture sui Treasuries, dove lo short è ancora vicino a livelli record (quasi 200mila contratti), con riflessi positivi per tutti i mercati, azionari inclusi.
Sul fronte degli utili, ieri da Wall Street sono mediamente giunti segnali confortanti: alle cattive notizie, in larga misura già scontate, da General Motors, si sono infatti contrapposti gli ottimi risultati, tra gli altri, di Coca Cola, Merril Lynch o Lucent, e più tardi in serata di Yahoo e Intel; in quest’ultimo caso, effetti positivi oggi sono da mettere in conto su tutti i titoli dell’area semiconduttori, inclusa la nostra STM.
Su queste positive premesse, ed ipotizzando l’assenza di brutte sorprese dall’inflazione, Wall Street potrebbe proseguire nel suo finora stentato recupero, con i soliti effetti di trascinamento sulle Piazze europee. Continuiamo ad essere scettici sulle prospettive a più lunga scadenza dei listini azionari nel loro complesso (salvo che sui comparti più difensivi), ma non abbiamo condiviso nemmeno l’ondata di panico dei giorni scorsi; almeno in questa fase pensiamo che il fenomeno possa quindi gradualmente rientrare.
Il punto, più che il rischio di nuove brusche
cadute dei listini, è semmai lo scarso potenziale che si prospetta per il resto del 2005: un problema di ridimensionamento delle aspettative, dunque, dopo due anni d’oro, almeno per il nostro listino.
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