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Borse ignorano minacce Corea, dollaro spinto da progressi riforma fiscale

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Dollaro richiesto e Wall Street su nuovi record dopo le novità positive sulla riforma del fisco targata Donald Trump, mentre le Borse asiatiche ed europee scambiano in progresso nonostante le rinnovate minacce nucleari della Corea del Nord. Intanto il Bitcoin si invola sopra i 10mila dollari e la corsa non dà segno di volersi arrestare: nel 2017 il prezzo è aumentato di dieci volte. Snobbati per ora l’ultimo test balistico della Corea del Nord e i timori sulla debolezza dei listini azionari in Cina, dove gli operatori sono preoccupati per un rallentamento della crescita economica ora che il governo è impegnato in una stretta creditizia nell’ambito di un piano per ridurre i livelli di indebitamento delle società che sono destinati a toccare i 22 mila miliardi di dollari nel 2018. L’indice MSCI della regione Asia Pacifico è piatto, mentre l’indice composito di Shanghai Shenzen CSI 300) scivola di un altro punto percentuale. In settimana, dalla chiusura del 22 novembre scorso, ha perso più di 200 punti (da 4.227 a un punteggio di poco superiore ai 4.000). Il listino Nikkei invece ha guadagnato lo 0,4% mentre Sidney mezzo punto percentuale.

Dopo che la commissione bilancio del Senato ha fatto un passo importante verso la storica approvazione della riforma e dei tagli delle tasse, sono aumentate le speranze che il piano di riforma del governo Usa vada in porto. I leader del partito dei Repubblicani sono consapevoli di non essere nemmeno a metà del cammino: Trump e i suoi devono ancora trovare i voti necessari per assicurarsi il passaggio del voto al Senato dove godono di una maggioranza risicata di appena due voti (52-48), ma il mercato inizia a crederci e il dollaro a risalire. Alcuni analisti, tuttavia, hanno avvertito dei rischi di conseguenze inaspettate anche nel caso in cui il pacchetto venga approvato.

Appena qualche timida reazione invece si è avuta nei mercati valutari e obbligazionari alla prima audizione di Jerome Powell, futuro presidente della Fed, al Senato Usa. Davanti alla Commissione bancaria del Senato sulla sua nomina alla Powell ha mantenuto un atteggiamento prudente. Come ha spiegato Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners, “si è dimostrato ottimista sulla crescita, sostenendo di attendersi nel 2018 un Pil come nel 2017, da lui indicato a +2,5%”. Il giudizio è stato invece meno entusiastico di Janet Yellen sul mercato del lavoro, sostenendo che “l’assenza di pressioni salariali mostra che c’è ancora un po’ di margine prima della piena occupazione“. Powell ha riconosciuto che è giunto il momento di normalizzare i tassi, ma sul tema dell’inflazione ha mostrato una certa cautela, precisando che la Fed reagirà sulla base dei prossimi dati macro.

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