Società

BORSE: I NODI VENGONO AL PETTINE

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Alla fine i nodi vengono sempre al pettine. Per settimane i mercati hanno fatto finta di ignorare i segnali di
crescita fiacca e di frenata dei prezzi, due elementi che combinati alimentano il timore della deflazione, e hanno
minimizzato gli effetti del dollaro debole, sulle attività finanziarie USA come sull’economia europea; poi ieri,
all’improvviso, si è avuto il brusco ritorno alla realtà, con gli investitori in fuga dalle azioni su un dollaro in caduta
libera, oltre quota 1.17 contro l’euro.

A dire il vero, più che lo scivolone di Parigi e Francoforte, che con perdite
vicine al 5% si sono comunque rimangiate in poche ore le performance di quasi un mese di graduale e costante
rialzo, hanno semmai stupito il -2,5% dell’S&P 500 e il –3% del Nasdaq Composite, che si pensava venissero
attutiti, se non del tutto compensati, dal favorevole effetto cambio. Il fatto che per un europeo investito a Wall
Street la perdita giornaliera di ieri sia stata superiore al 5% è un’ulteriore conferma dei rischi di un dollaro troppo
debole; e vista la necessità di afflussi di capitale dall’estero, per bilanciare un disavanzo record delle partite
correnti USA, il quadro non può che essere visto con una certa apprensione. Anche sui mercati obbligazionari
l’ascesa delle quotazioni ha interessato soltanto l’area euro, dato che su quella dollaro si sono registrate prese di
beneficio legate ai timori di una discesa incontrollata del cambio.

In ogni caso, il paradosso, cui assistevamo
finora, di un duplice rally di Borse e bond almeno in questa fase sembrerebbe risolversi a favore di questi ultimi,
visto che gli scenari si stanno sbilanciando più dal lato della deflazione (o magari, più realisticamente, della
disinflazione a fronte di una crescita molto bassa), e quindi di politiche monetarie ancora espansive, almeno per
tutto il 2003, che non di una robusta ripresa di attività. Nonostante la BCE continui a illudersi, a danno della sua
già scarsa reputazione, in una soddisfacente ripresa nella seconda parte dell’anno, la situazione in Europa
diventa sempre più grigia, al punto che un mezzo punto di taglio dei tassi a inizio giugno appare ora
indispensabile per scongiurare il peggio.

Un modesto quarto di punto, a fronte del rischio che poche settimane
dopo la FED proceda con un intervento di portata per lo meno analoga, rischierebbe infatti di fornire il pretesto per
un’altra spallata al dollaro, che a quel punto entrerebbe in vista del primo obiettivo tecnico a quota 1.20 contro
euro: e con un simile trend, altro che “soddisfacente ripresa” nella seconda metà dell’anno.

Quanto
all’Amministrazione Bush, le dichiarazioni equivoche su una politica del cambio invariata, ma senza la prospettiva
di interventi volti a contrastare la debolezza di mercato del dollaro, non fanno che alimentare l’aspettativa di un
suo ulteriore deprezzamento, con tutti i rischi che i segnali di ieri dai mercati USA hanno fatto riemergere. La
nostra idea è che, per quanto prematuro puntare sugli scenari di deflazione, con la defaillance di ieri il clima di
fiducia che si stava diffondendo sui listini azionari abbia subito un deciso contraccolpo.

Per ripartire, dando per
scontato che comunque bisognerà rassegnarsi a convivere con l’incubo terrorismo, inevitabile reazione alla
politica estera dell’Amministrazione Bush, occorreranno segnali di ripresa più convincenti per lo meno da parte
dell’economia USA. Il dilemma verrà però sciolto solo a giugno, e nel frattempo è probabile il ritorno ad un clima
di grande incertezza e volatilità, nel quale dovrebbero essere premiate, rimanendo più facilmente a galla, le realtà
a carattere maggiormente difensivo.

*Michele Pezzinga e’ capo strategist di Eptasim.