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BORSE GIU’,
MA SENZA PANICO

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Le Borse occidentali hanno perso terreno ieri, dopo l’impennata di fine settimana. Ma non c’è fuga, non c’è panico. In parte i ribassi sono dovuti al fatto che molti operatori, dopo avere guadagnato, rivendono le proprie azioni per realizzare liquidità. La causa principale resta comunque la guerra e le difficoltà incontrate in quest’ultima fase dalle forze alleate.

Ieri le perdite sono state particolarmente accentuate a Wall Street e a Francoforte, seguite da Parigi e, in misura minore, da Milano. Vi era invece un aumento a Tokyo, che metteva a segno un nuovo +2,93 per cento. Mentre negli altri mercati asiatici gli arretramenti si sono comunque limitati a limare i guadagni realizzati in precedenza.

L’andamento positivo della Borsa di Tokyo si spiega con il costo finanziario della guerra: gli Stati Uniti potrebbero presto trovarsi nella necessità di ricorrere a un prestito di denaro sui mercati internazionali, dando sollievo al sistema finanziario giapponese che trabocca di yen in cerca d’impiego. In Asia, inoltre, i mercati subiscono spesso spinte autonome (si pensi alla forte domanda di consumi che si è sprigionata in Cina) che niente hanno a che fare con le questioni internazionali. Per questi mercati, l’Iraq resta una questione lontana e l’andamento della guerra non ha alcuna influenza.

Non così per noi. In Europa e negli Usa, dopo l’iniziale euforia per una guerra veloce e senza vittime, che ha spinto verso l’alto borse e dollaro, si è fatta strada la convinzione che la strategia adottata dagli alleati, basata sulla salvaguardia dei pozzi petroliferi, sulla selezione degli obiettivi, sul rispetto delle popolazioni e, assieme, sul minimo rischio per le proprie forze militari non è comunque indolore e non comporta una guerra breve. A meno che il regime di Baghdad non si renda conto che la resistenza a oltranza non ha alcuna possibilità di successo.

Invece Saddam spera ancora nella guerra santa dei musulmani e nella resistenza dell’esercito iracheno. Nonostante il suo discorso però lo spostamento del dollaro rispetto all’euro è stato dell’1 per cento e il petrolio a Londra è salito solo di un dollaro. L’incertezza rimane, ma il sistema tiene.

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