Società

BORSE EUROPEE
CI CREDE SOLO
1/3 DEI GESTORI

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*Sara Silano è Vicecaposervizio di Morningstar in Italia. Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Patto di stabilità sì, Patto di stabilità no. Ribasso o rialzo dei tassi d’interesse. Sono i due dilemmi che dividono l’Unione europea. Intanto, i gestori promuovono le Borse del Vecchio continente, che nel primo mese del 2005 sono salite dell’1,7% (indice Msci Euro netto).

Sulla proposta di rendere flessibile il Patto di stabilità, formulata lo scorso settembre, si sono formati due schieramenti. Da un lato gli ortodossi, capeggiati da Olanda e Austria, che si oppongono alla modifica, che, a loro giudizio, rappresenta una minaccia per l’Unione monetaria. Dall’altro lato, i revisionisti, inclusi i tre principali Paesi, Germania, Francia e Italia, oltre a Portogallo, Grecia e con il sostegno esterno del Regno Unito, che vorrebbero escludere alcune spese dal computo del debito, come la ricerca e la difesa.

Per Vincenzo Guzzo, economista di Morgan Stanley, “Il Patto non può rimanere così com’è”, ma la soluzione non consiste nell’escludere alcune spese, bensì nel trasformarlo da vincolo in catalizzatore per le riforme strutturali. Resta indiscutibile, comunque, il ruolo del Patto, perché quando la Banca centrale europea (Bce) alzerà i tassi, i mercati finanziari diventeranno più selettivi e i governi pagheranno il prezzo di politiche fiscali troppo espansive.

Ma quando ci sarà la stretta? Sono pochi i gestori che scommettono nel breve. Nell’ultimo incontro la Bce ha lasciato invariati i tassi al 2% e recentemente non è cambiato molto l’outlook sull’economia. Si prevede che il Prodotto interno lordo aumenterà a ritmo moderato, mentre diminuiscono i rischi di inflazione nel breve periodo, per il ridimensionamento dei prezzi del petrolio. Per contro, l’elevata liquidità presente sul mercato creditizio rappresenta una minaccia nel medio periodo. Secondo l’istituto di Francoforte, il caro-vita rientrerà nel target del 2% nel corso dell’anno.

La stretta è considerata improbabile fino a metà anno, ma Joachim Fels, economista capo del reddito fisso globale di Morgan Stanley, è convinto che il momento giusto per un rialzo sia già arrivato perché l’economia è più forte di quanto atteso, l’euro ha frenato la corsa e c’è un eccesso di liquidità nel sistema.

Sulla moneta unica, tuttavia, i pareri sono discordi. Per il 47% dei gestori intervistati da Morningstar nell’ultimo sondaggio europeo, l’euro sarà la miglior valuta nel 2005 e per il 69% il dollaro sarà la peggiore, con innegabili effetti negativi, secondo gli economisti di Schroders, sulle esportazioni. Per contro, il super euro determinerà un incremento del reddito reale in Eurolandia, con riflessi positivi sui consumi.

Se l’economia non entusiasta, le Borse del Vecchio continente raccolgono sempre più favori. A gennaio, è balzata dal 23 al 32% la percentuale di fund manager che considerano l’area come la migliore nel 2005. Per John Hatherly, responsabile analisi globale di M&G Investments, il tema dominante non sono più le ristrutturazioni e il taglio dei costi da parte delle imprese, ma l’attività di fusioni e acquisizioni, i buy back azionari, gli elevati dividendi e la crescita dei profitti.

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