Dopo due anni particolarmente difficili in cui gli investitori sono stati in balia dei contanti distribuiti sottoforma di cedole, il 2010 sembra essere l’anno in cui un’attenta strategia sui dividendi potrebbe dare i suoi frutti. “Siamo finalmente a un punto di svolta”, ha detto Howard Silverblatt, analista di S&P.
Storicamente, le somme di denaro incassate dagli azionisti grazie alla redistribuzione degli utili da parte delle societa’ in cui hanno deciso di puntare, rappresentano una buona fetta del ritorno degli investimenti realizzati. Negli ultimi 20 anni i prezzi delle azioni appartenenti all’S&P 500 sono cresciuti in media del 6.1% all’anno. Chi ha deciso di reinvestire le cedole ricevute, si e’ garantito un ritorno sul benchmark di Wall Street dell’8.4%.
Un anno fa molte aziende hanno tagliato o posto fine alla distribuzione dei dividendi come conseguenza di un calo generalizzato degli utili, che per le societa’ a larga capitalizzazione e’ risultato in media del 45%. Nei primi tre mesi del 2009, 46 membri dell’S&P 500 hanno sforbiciato o sospeso le loro cedole. Da inizio anno ci sono stati soltanto due casi di questo tipo.
“C’e’ un chiaro segnale di cambio di rotta”, ha spiegato Dan Genter, chief executive di RNC Genter Capital Management con sede a Los Angeles. Le aziende non hanno semplicemente smesso di tagliare gli utili ridistribuiti ma hanno iniziato ad aumentarne l’ammontare, ha continuato l’esperto. Qualche esempio relativo al mese in corso? Il gruppo di semiconduttori Applied Materials ha alzato la propria cedola del 16.8%. Incremento del 10.5% per la societa’ attiva nel settore della difesa General Dynamics. Su’ del 18.2% per il gruppo che gestisce depositi di merci Public Storage, +11.2% per Qualcomm e +11 per il colosso della grande distribuzione Wal-Mart.
Il perche’ di cosi’ tanta generosita’ sta nella liquidita’ disponibile da parte della Corporate America, che in alcuni casi sembra aver raggiunto livelli record. Una stima provvisoria targata S&P basata sugli utili del quarto trimestre dei gruppi a grande capitalizzazione parla di qualcosa come $832.4 miliardi, il 36.5% in piu’ rispetto allo scoppio della crisi di due anni fa (l’analisi, datata 9 marzo, esclude banche, utilities e societa’ di trasporti, che tipicamente mantengono alti livelli di liquidita’ per poter operare).
Ma c’e’ un altro motivo da considerare. La recessione ha spinto le aziende a tagliare in modo aggressivo le loro spese. Come? Tagliando i flussi di cassa in uscita, riducendo il personale e mettendo mano anche ai dividendi. “Un anno fa tutti puntavano a esser snelli e avari”, ha riferito John Buckingham, capo investimenti di Al Frank Asset Management. “Il pessimismo era tale tra il 2008 e l’inizio del 2009 che le societa’ tagliavano i dividendi anche se non ne avevano necessariamente bisogno”, ha aggiunto Stanley Nabi, vicepresidente e capo strategie in Silvercrest Asset Management.
Insomma, in tempi di crisi anche le societa’ che avevano promesso payout record non hanno avuto scelta se non quella di tagliare le cedole. Ma ci sono delle eccezioni. S&P ha stilato una lista (chiamata Dividend Aristocrats) che raccoglie i gruppi quotati sull’omonimo indice americano che per 25 volte consecutive hanno agito in controtendenza alzando i dividendi. Nel 2009 le aziende che sono entrate nella lista sono Brown-Forman e Cintas. Dieci ne sono invece uscite. Tra queste la conglomerata General Electric (con un -68% l’anno scorso), il colosso farmaceuico Pfizer, Us Bancorp e il gruppo editoriale Gannett.
La buona notizia, inoltre, e’ che le azioni dei gruppi che pagano dividendi sono viste meno rischiose e volatili come altri titoli. Inoltre possono garantire rendimenti migliori delle obbligazioni, soprattutto in un contesto di tassi di interesse bassi, ha concluso Genter.