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BORSA, PROMOSSE UNA SU TRE

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(WSI) – Sul trono più alto si siede la «piccola» Erg. Con il suo 494,2% di rendimento totale, accumulato tra rivalutazione e dividendi dalla fine del 2000 ad oggi, ha battuto tutti. Il titolo più redditizio degli ultimi cinque anni in Piazza Affari (297 i nomi esaminati in esclusiva per Corriere Economia dall’ufficio studi di Rasbank utilizzando la banca dati di Jcf ) è dunque un petrolifero.

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La principessa italiana di quel settore da cui dipendono gran parte dei destini economici del pianeta. Nel club dei big (i 40 titoli dell’S&P Mib) primeggia invece Autostrade , con un 212,8%. Per celebrare la nuova stagione finanziaria che si apre ecco un esaustivo Amarcord e il tentativo di proiettare nel futuro le suggestioni statistiche. Quelle che vi proponiamo incoronano 36 miss con rendimenti a tre cifre, ma dicono anche che solo un terzo dei titoli quotati oggi e finiti nella macchina del tempo è uscito dalla capsula con una performance complessiva in grado almeno di tenere a bada l’inflazione. Certo il test era difficile, visto che la prova è cominciata quando ancora le quotazioni erano alte, nella prima fase del grande sboom. E che non tutti i titoli listati oggi c’erano anche cinque anni fa.

Ma andiamo con ordine. L’analisi di Rasbank, che parte dall’ultimo prezzo di chiusura del 2000 e arriva fino all’ultima contrattazione del 2005, ha messo in fila i titoli del Mibtel (vale a dire l’intero listino attuale di Milano, comprese le azioni di risparmio e di privilegio) e i 40 «giganti» italiani. I numeri finali sono il prodotto di un lustro tormentato, con l’anima divisa in due. La prima metà (quella che arriva fino al marzo 2003) è stata posseduta dall’Orso furioso. La seconda da un Toro razionale, che è arrivato fino ad oggi.

In questi cinque anni soltanto 121 società su 297 sono state in grado di offrire agli investitori un rendimento «total return» positivo, fatto di rivalutazione del prezzo e di cedole distribuite nei diversi esercizi di bilancio. Ma se si tiene conto anche del tasso di inflazione cumulata, che nel periodo è stata pari al 12%, il numero delle imprese che hanno saputo perlomeno mantenere il valore reale dell’investimento iniziale scende ad appena 111. Una riuscita di squadra che lascia qualche perplessità (vedi intervista a pagina 14 ) perché dall’investimento in Borsa ci si attende in genere un premio per il rischio di almeno 4 o 5 punti percentuali al di sopra delle attività supersicure che oggi rendono appunto come l’inflazione. O poco di più.

Omaggiate le regine assolute, vediamo allora chi si è distinto di più. Diciamo subito che non sono i big. Spiace constatare che le società a grande capitalizzazione, vale a dire quei titoli cui si rivolgono di preferenza i piccoli risparmiatori, sono stati quelli meno capaci di garantire un rendimento totale positivo. Sono appena 13 su 40, infatti, le blue chip che dal 2000 hanno generato un guadagno superiore al tasso di inflazione. Dopo Autostrade brillano Saipem (?149,4% di cui quasi l’11% dovuto alle cedole) ed Eni che ha offerto il 101,8% (i dividendi contano per il 29,5%). Con rendimenti complessivi compresi tra il 95% e il 40% troviamo poi Banca Popolare di Milano , ?94,2%, Italcementi ordinaria 91,1%, Banco Popolare di Verona e Novara ?54,7%. E ancora: le Popolari Unite , Luxottica , Mediobanca e Fondiaria Sai.

Fanalino di coda, appena un soffio sopra l’inflazione, si accende Enel (12,3%), il titolo principe dei cassettisti. Il colosso elettrico nazionale infatti ha perduto circa il 12% del suo valore di Borsa nel quinquennio, ma ha pagato dividendi pari al 23,7%, che riportano il total return in bilico sul 12%. Capitalia, Banca Monte dei Paschi di Siena e Banca Intesa chiudono la classifica con un rendimento totale inferiore all’inflazione, ma positivo.

Dietro alla lavagna, con performance complessive decisamente in rosso finiscono Seat (-71%), Stm (-66,7%), Fiat (-66,1%) e Fastweb (-62,1%). Rimandata anche Telecom (-44%): il titolo ha perso il 49,8% e ha recuperato (ben poco) con un 5,8% di monte dividendi.

Soddisfazioni maggiori hanno dai titoli più piccoli e le azioni di risparmio. In questa categoria privilegiata, che da oltre tre anni riesce battere sistematicamente le performance delle blue chip (anche se la festa sembra ormai avviata a conclusione) brilla la miss incoronata Erg, che ha quintuplicato il valore dell’investimento fatto nel dicembre del 2000.

Dopo di lei, nella lunga lista del Mibtel, vengono Ras risparmio con un rendimento totale del 346%, Indesit risparmio (345%, di cui oltre il 60% dovuto alle cedole) e Marzotto risparmio non convertibile (345%). Tra i titoli che hanno segnato incrementi del valore totale compresi fra il 100% e poco meno del 300% abbiamo una trentina di nomi. Che vanno da Premuda (282%) a Mariella Burani (105%) passando da Bonifiche Ferraresi , Banca Finnat , Banco di Desio e della Brianza risparmio , Caltagirone , Stefanel , Recordati ed Enertad. Un universo molto vario di settori dunque, che vede in prima fila società petrolifere, banche minori e specializzate, aziende industriali e titoli editoriali. E in cui il filo conduttore dei rialzi è stato lo stock picking, la scelta caso per caso con cui gli investitori hanno premiato i manager, i prodotti, i profitti dell’azienda o le prospettive del settore. Hanno infine difeso dall’inflazione (senza strafare) Telecom Italia risparmio (27%) Tod’s (26,7%), Carraro, la Doria e Unicredito (18,9%).

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