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(WSI) – Ben otto degli undici analisti messi sotto la lente da Borsa & Finanza prevedono un 2008 positivo per l’azionario europeo, con rialzi a volte non lontani dal 20%. Troppo ottimismo? Vediamo.
Due di loro – Francesco Caruso di Gestioni Lombarda Suisse e Ronan Carr di Morgan Stanley – parlano esplicitamente di un mercato già Orso. Alain Bokobza di Sociètè Gènèrale, qualifica invece il trend come «laterale». Tutti guardano però con apprensione alle prossime settimane. E le ragioni non mancano. Come spiega Ian MacFarlene di Bca Research: «Oltre il 50% dei profitti europei è generato al di fuori del perimetro comunitario. Ma soprattutto la correlazione con l’indice americano S&P500 è compresa fra l’85 e il 98%, ossia l’andamento delle piazze continentali ricalca come su carta velina quanto accade al di là dell’Atlantico. Diversamente, il livello interno dell’attività economica esercita un’influenza abbastanza moderata sulla performance delle Borse europee, che tendono a battere i listini stranieri se l’orientamento generale è al rialzo, e a perdere terreno, se l’orientamento generale è al ribasso».
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Insomma, il nostro destino è appeso a quello dell’America, dove si moltiplicano i timori di un’imminente recessione. Secondo l’ex-numero uno della Fed, Alan Greenspan, le probabilità sono di crescita negativa sono ormai superiori al 50 per cento. Stesso discorso per Martin Feldstein, che dirige il National Bureau of Economic Research, cioè proprio l’organo preposto a classificare il ciclo economico statunitense come positivo o negativo. Bill Gross, ritenuto il miglior gestore al mondo sull’obbligazionario, pensa che la flessione della congiuntura sia già iniziata col mese di dicembre. Mentre per il capo economista della Merill Lynch, David Rosemberg, le chance di una recessione sono totali, cioè al 100 per cento.
Questi sono dunque i colori, assai cupi, che aprono il 2008 e che rischiano di pesare sull’andamento delle Borse nel primo trimestre. Anche perché «la situazione è peggiore di quel che sembra – dice Francesco Caruso – Oltre il 50% dei titoli ha già perso più del 30% dai massimi. È una carneficina. Gli indici mostrano un andamento decisamente meno drammatico solo grazie alla buona tenuta di poche società a larga capitalizzazione». Caruso guarda con inquietudine alla performance dell’EuroStoxx 600. L’indice preme contro il limite inferiore della sua banda di oscillazione, e l’eventuale rottura di 345 punti «aprirebbe le porte verso quota 310».
Ciò detto, la maggior parte degli analisti riesce però a vedere la luce alla fine del tunnel. Come già accennato ben otto analisti su undici scommettono che il 2008 sarà comunque il sesto anno consecutivo di rialzo per l’Eurostoxx 50. Le speranze, chiamiamole così, si aggrappano soprattutto a quattro temi principali.
1) Le valutazioni sono attraenti. La Borsa paneuropea passa di mano a circa 12 volte gli utili del 2008, un multiplo storicamente basso, «E diventa quasi irresistibile se paragonata ai tassi d’interesse europei», riflette Kevin Gardiner di Hsbc. «Il ragionamento è ancor più vero se si guarda alle società di larga capitalizzazione», aggiunge Alain Bokobza di Sociètè Gènèrale. Non è d’accordo invece Ronan Carr di Morgan Stanley, il quale sottolinea come «I profitti degli ultimi anni siano stati molto superiori alla media e sono di conseguenza vulnerabili a una rettifica».
2) L’offerta di nuovi titoli azionari è scarsa. In base ai dati raccolti da Ian Scott di Lehman Brothers, durante gli ultimi 12 mesi, l’emissione di nuovi titoli (al netto di buy-back) ha raggiunto appena lo 0,6% della capitalizzazione di mercato. In passato, sempre stando a Ian Scott, questa circostanza si è accompagnata a forti rally di Borsa, non di rado superiori al 30% nell’anno successivo.
3) L’umore verso le azioni europee è molto depresso. I riscatti dai fondi comuni azionari hanno toccato solo in Italia i 60 miliardi di euro da luglio a dicembre 2007. Simili apici di pessimismo sono coincisi con i minimi di marzo 2003 e giugno 2005.
4) Nel 2008 la Federal Reserve continuerà a ridurre il costo del denaro. Giovedì scorso, Ben Bernanke è stato chiaro su questo punto, affermando che all’occorrenza è pronto ad impegnarsi in «Una sostanziale azione aggiuntiva in soccorso della crescita e per fornire un’adeguata assicurazione contro i rischi recessivi». Insomma già nella riunione del 29 e 30 di gennaio, la Fed dovrebbe annunciare un altro taglio dei tassi d’interesse, forse di 50 basis points (il costo del denaro è calato dal 5,25% di settembre al 4,25% attuale, e potrebbe finire sotto il 4% entro fine mese). «Con la Fed che apre i rubinetti del credito – ragiona Ian Richards di Abn Amro – gli investitori si tranquillizzeranno e si lasceranno sedurre dalle valutazioni compresse dei titoli borsistici.
Parlando con gli esperti sono poi emerse alcune tesi d’investimento che vale la pena di rimarcare. In primo luogo, concordano nel preferire le società di ampia capitalizzazione ai titoli di minore spessore. Avevamo già registrato questo parere anche nei mesi scorsi, e la scelta si è rivelata piuttosto indovinata, come del resto la mattanza delle small-cap italiane prova inconfutabilmente. Gli esperti ritengono che la tendenza sia destinata a proseguire. Le società di grossa stazza hanno cominciato a battere le small-cap solo nell’ottobre 2006, mentre nei precedenti 6 anni era accaduto il contrario. Le small cap erano trainate dalla mergermania, che ora è su un binario morto. E ora Gli investitori privilegiano la sicurezza delle multinazionali e la loro esposizione verso i mercati emergenti.
Gli analisti sconsigliano altresì i settori troppo sopravvalutati. Nel 2007, fu il caso dei bancari, nel 2008 potrebbe essere quello degli automobilistici o delle risorse di base. Ad esempio, i titoli auto non sono mai stati così cari rispetto al fatturato, e soffrirebbero decisamente in caso di rallentamento delle vendite. Il comparto dei servizi petroliferi riscuote un buon apprezzamento, come pure i farmaceutici per il loro carattere difensivo.
Per concludere, e se gli analisti hanno ragione, i mesi entranti rischiano di essere all’insegna della volatilità. In caso di flessione, le azioni andrebbero comprate, in attesa di un rilancio nella seconda metà dell’anno.
Gli specialisti potrebbero acquistare le multinazionali e contemporaneamente vendere allo scoperto le small-cap. I titoli automobilistici e delle risorse di base andrebbero evitati. Sui finanziari (di cui è ricchissima Piazza Affari) non c’è consenso: Kevin Gardiner di Hsbc e Ian Scott di Lehman Brothers dicono che sono un affare, altri la pensano all’opposto.
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