Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi dell’allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
(WSI) – Il greggio per consegna dicembre 2013 tratta a 136 dollari. Se sia in prezzo interessante o meno non lo sappiamo, lo vedremo fra cinque anni. Diciamo solo che se pensate che nel prossimo periodo la crescita globale, superata la difficile fase apertasi un anno fa, riprenderà a un ritmo discreto, allora pagare adesso 136 dollari si rivelerà probabilmente un ottimo affare. Se invece pensate che il prezzo sarà più basso, allora dovete considerare l’ipotesi di vendere l’azionario e magari anche la casa, perché solo una lunga fase di stagnazione potrà farlo scendere in misura rilevante.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha appena pubblicato le sue stime a cinque anni sulla domanda e l’offerta globale di petrolio. L’Aie è una specie di Opec dei consumatori e raggruppa i principali paesi dell’area Ocse. E’ finanziata dai governi, che utilizzano le sue stime quando preparano i piani energetici nazionali e quando elaborano i documenti di programmazione economica a medio termine.
Negli ultimi anni l’Aie ha sbagliato tutte le sue previsioni sul greggio, come del resto le hanno sbagliate il Fondo Monetario, la Banca Mondiale e quasi tutti quelli che si sono cimentati in questo difficile esercizio. Con l’eccezione, bisogna riconoscerlo, di quei mattocchi del Peak Oil, una strana congrega di personaggi che sono quasi tutti ingegneri minerari e geologi e quasi mai economisti. Questi signori (che non vanno assolutamente confusi con gli ecologisti ed economisti alternativi del Club di Roma che negli anni Settanta fecero previsioni malthusiano-apocalittiche rivelatesi poi completamente sbagliate) se ne stanno da sempre nel loro angolino come il gruppetto di scienziati pazzarielli e cani sciolti di X-Files. Nessuno li ha mai presi troppo sul serio e loro, in cambio, si sono sempre fatti grosse risate sugli esperti ufficiali del settore tipo Dan Yergin del Cera).
Ora succede che l’Aie e Yergin si sono messi a dire le stesse cose di questi signori e cioè che nel 2013 la situazione del greggio sarà brutta, non come quella di adesso, ma molto di più. L’offerta salirà con grande fatica e avrà una qualità energetica più bassa di quella odierna. Il tutto a fronte di una domanda che, lasciata a sé stessa (e cioè non arginata da un prezzo crescente) tenderà a salire molto di più.
I peak oiler ridono sotto i baffi. Notano che gli organismi ufficiali cominciano a fare i conti con la realtà, fanno le pulci qua e là (la quantità che sarà disponibile per noi, dicono, sarà in realtà più bassa di oggi, perché una parte crescente della produzione se la consumeranno direttamente i paesi produttori), aggiungono un Peak Gas ancora più grave del Peak Oil e ritengono che nel 2020 la situazione sarà ancora brutta, non come nel 2013, ma molto di più.
Non vogliamo seguirli su questa strada e ci atteniamo al quadro proposto dall’Aie, sperando che sbagli come ha sbagliato in tutti questi anni, ma senza contarci troppo.
Il quadro che emege non è necessariamente catastrofico. Si può ragionevolmente sperare che i governi dei paesi consumatori, ora allertati (sia pure in grande ritardo) si diano da fare per trovare soluzioni alternative. l meno che si possa dire è però che il petrolio continuerà a remare contro la crescita globale al di là della crisi finanziaria e immobiliare in cui stiamo impantanandoci da un anno e in cui resteremo ancora parecchi mesi. La ripresa globale, presto o tardi, partirà, ma andrà avanti con il freno a mano tirato ancora per qualche anno.
Insomma, mentre negli ultimi anni petrolio ed economia globale sono cresciuti insieme, da qui in avanti lo spazio di crescita se lo dovranno contendere. O continuerà ad apprezzarsi il greggio (e allora non ci sarà espansione) o il greggio si fermerà e lascerà respirare la crescita. Un terzo scenario, in cui non crescono né il greggio né l’economia potremmo vederlo nei prossimi mesi. Siamo infatti vicini a un punto di rottura. L’economia globale non sembra pronta a reggere un greggio ancora più forte. Un greggio che arresta la sua corsa e si ferma sui livelli attuali, tuttavia, di per sé non sarà sufficiente a garantire un’uscita rapida dalla crisi. C’è infatti, non dimentichiamiolo, la crisi finanziaria-immobiliare che continua a produrre i suoi effetti negativi su occupazione, consumi, valore degli asset. Per le banche la stagnazione significa una minore qualità degli asset e una spinta alla loro liquidazione.
A meno di miracoli la crisi finanziaria-immobiliare potrà terminare prima del suo decorso naturale solo con un atto politico, per il quale si dovrà aspettare come minimo primavera. L’atto politico sarà, negli Stati Uniti, l’acquisto pubblico di grandi quantità di asset bancari (in primo luogo mutui) e la ricapitalizzazione, sempre con soldi pubblici, delle banche. Sarà quello, probabilmente, il punto di svolta. Da qui a primavera si galleggerà, nello scenario base, molto vicini alla crescita zero. La Yellen dice che gli Stati Uniti riusciranno probabilmente a non avere trimestri a crescita negativa. Il mercato non ci crede più di tanto, ma non credeva nemmeno a Bernanke quando, tra gennaio e marzo, diceva che il primo semestre avrebbe avuto crescita positiva, come poi è stato.
Lo scenario base vede un’ulteriore erosione del valore delle banche, ma presenta anche settori che riescono ancora a crescere, come parte della tecnologia, parte della chimica oltre, ovviamente, alle materie prime. Per i tassi non sembra esserci storia, nel secondo semestre, se non in Asia. L’Asia, del resto, rappresenta uno dei rischi verso il basso dello scenario di base, ma può tenere se, come si vede da qualche segnale in Cina, l’inflazione inizia a scendere, a partire da quella alimentare.
L’altro rischio è l’Iran, su cui quanto meno è aperto uno spiraglio vero di trattativa, quel tanto che possa indurre gli Stati Uniti a frenare eventuali attacchi israeliani.
In questa fase difficile il debito di qualità migliore, come dice El-Erian di Pimco, ha un rapporto rischio-opportunità migliore dell’equity, anche di qualità. Il profilo da mantenere è difensivo. Bear market rally di qualche rilievo non sono da escludere, ma richiedono, oltre al sentiment estremamente negativo che c’è già, una discesa del greggio sotto i 130 dollari. Chi ha cash non abbia fretta di spenderlo e lo tenga, nel caso, per l’anno prossimo.
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