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Borsa (nelle terre dei non credenti): l’Europa partorirà un topolino

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Milano – Trentottenne, Francesco lascia Assisi nel 1219 e si imbarca per l’Egitto. Vuole incontrare il sultano Al-Kamil, nipote e successore del grande Saladino. Lo vuole convertire. Il contesto non è favorevole, i Crociati stanno assediando il sultano e si può quindi immaginare quanto possa essere difficile, per Francesco, evitare il martirio. Contro ogni attesa, l’incontro ha luogo e si prolunga per qualche giorno. Il sultano è gentile e ascolta con interesse e rispetto i discorsi del frate. Alla fine non si converte, ma lascia ripartire tranquillamente Francesco.

Con lo stesso spirito, si può immaginare, l’economista taiwanese-americano Richard Koo, keynesiano sui generis, è andato nei giorni scorsi a predicare nella sede centrale della Bundesbank per cercare di convertirla. Koo, che ha lavorato alla Fed, sostiene dalla metà degli anni Novanta che le recessioni del nostro tempo non si curano solo con i tassi bassi o mettendo a disposizione credito. Le politiche monetarie espansive sono una cura palliativa nelle fasi in cui le imprese e gli individui tutto vogliono fuorché aumentare i loro debiti. Quanto alle riforme strutturali, quelle che accrescono la competitività, i loro effetti si manifestano dopo molti anni. Solo le politiche fiscali espansive, esattamente quelle che la Bundesbank aborre, possono colmare con spesa pubblica il venire meno della domanda privata.

Koo racconta compiaciuto del grande afflusso di ricercatori della Bundesbank al suo seminario, dell’interesse autentico per le sue proposte inclusa quella più radicale, la sospensione della vendita di Bund fuori dalla Germania, in modo da costringere le banche e gli investitori privati del resto d’Europa a comprare i titoli dei loro paesi. Molti dei partecipanti, scrive, avevano letto il suo libro e le loro osservazioni sono state precise e pertinenti.

La predicazione di Koo non ha prodotto conversioni, ma è comunque interessante e prezioso che non abbia nemmeno suscitato freddezza o controversie. Non è stata solo cortesia accademica.

La vittoria prevista di Hollande e la crisi di governo in Olanda stanno producendo cambiamenti importanti in Germania. La Merkel, che di recente si era rifiutata di incontrare Hollande di passaggio a Berlino, ha cambiato tono e l’ha fatto cambiare a tutti i suoi ministri. Nel giro di poche ore si sono messi a dire tutti insieme che la crescita piace anche a loro e che con la Francia si troverà sicuramente un modo per dialogare. Hollande, dal canto suo, dopo avere agilmente dichiarato non vincolante l’accordo che aveva sottoscritto sul nucleare con i Verdi, ha assicurato di non volere un conflitto bensì un confronto amichevole con la Germania.

Senza essere irenisti e senza apprezzare particolarmente il dialogo fine a se stesso, troviamo importante, in questo momento delicato, che i toni siano civili. Il mercato è diviso, non sa bene se punire la mancanza di crescita o la mancanza di austerità. L’unica certezza è che l’ultima cosa di cui hanno bisogno le economie e i mercati è uno scontro a fuoco tra la Germania assediata e il resto dell’Europa o un clima di gelo o di paralisi.

La Germania, stando all’ultimo Ism, comincia ad avere qualche problema di crescita. E’ possibile che il rallentamento sia temporaneo, come è stato nell’ottobre scorso, ma il segnale non va trascurato. La Merkel, dal canto suo, aspetta l’esito delle elezioni regionali delle prossime settimane. In caso di insuccesso liberale ci sarà una crisi di governo e si andrà verso la grande coalizione con la Spd. Non si escludono elezioni anticipate.

Soros sostiene che l’Europa è pronta al collasso come l’Unione Sovietica della fine degli anni Ottanta. Non c’è dubbio, effettivamente, che il livello di corrosione delle strutture portanti e delle economie dell’Unione sia elevato. Come ha detto il portavoce della Merkel, ovunque si posi lo sguardo si vedono solo debiti. Proprio la gravità della crisi impone ora a tutti di trovare un punto d’incontro. Dal punto di vista tedesco non sarebbe una violazione dei sacri principi disegnare un sistema premiante chiaro per i paesi che lavorano per mettere in ordine i loro conti. Un do ut des in cui a ogni progresso su bilanci pubblici e riforme strutturali corrisponda ad esempio una messa in comune di una parte del debito, a cominciare dalle scadenze più brevi.

E’ positivo che in Germania ci sia una grande consapevolezza della necessità di dosare bene le pressioni verso il resto dell’Eurozona. In un discorso recente del governatore Weidmann, nella prima metà si ribadiscono i temi classici (riforme strutturali, rigore) ma nella seconda parte è tutto un insistere sul bisogno di ponderare bene i passi necessari e calcolare le conseguenze di medio e lungo termine di tutto quello che si dovrà decidere nei prossimi mesi.

Fortunatamente, mentre l’Europa vacilla, il resto del mondo procede a discreta velocità. In America il clima è più sobrio rispetto a un mese fa e certi entusiasmi per la ripresa dell’occupazione e dei consumi sono rientrati senza per questo lasciare il campo al pessimismo. Ormai abbiamo imparato a conoscere la nuova stagionalità del ciclo, dovuta in parte a fattori reali e in parte a distorsioni statistiche. Non ci sarà troppa sorpresa per i dati mediocri in arrivo per le prossime settimane. I sette mesi di rialzo azionario hanno ovviamente comportato un riposizionamento dei portafogli, ma il carico di rischio è oggi molto più basso di quello di un anno fa a quest’epoca.

La Cina, dal canto suo, produce con mirabile alternanza dati buoni e meno buoni, ma il miglioramento di tono della borsa di Shanghai indica una fiducia crescente nell’addolcimento della politica monetaria, del resto già iniziato.

E’ un buon segno che le borse non abbiano reagito con ulteriori rialzi ai dati eccellenti del primo trimestre. E’ giusto prepararsi a un secondo trimestre meno trionfale. Se la crisi europea verrà mantenuta sotto controllo, l’SP 500 potrà continuare a veleggiare tra 1350 e 1400 fino all’estate.

Sta per arrivare maggio, il mese in cui secondo una sapienza antica e robuste serie storiche si dovrebbe vendere. Le correzioni, tuttavia, per non parlare dei bear market, richiedono uno sbilanciamento significativo dei portafogli, che non c’è, o il prodursi di eventi negativi inattesi. Sull’Europa e sulla Cina le aspettative dei mercati sono molto basse e prudenti. Le operazioni di Ltro hanno sgombrato il campo da ipotesi di crisi bancarie acute e hanno per qualche settimana dato l’illusione di una crisi europea avviata alla conclusione. I portafogli, tuttavia, non hanno fatto in tempo a caricarsi troppo di rischio europeo e si sono velocemente riportati su posizioni neutrali o sottopesate ai primi segni di ripresa delle difficoltà.

Anche le attese su un possibile rilancio di politiche di crescita in Europa sono molto basse. In queste ore è tutto un chiedersi da dove mai potrà venire questa crescita e nessuno, nei mercati, avanza scenari particolarmente ottimisti. Questo significa che l’eventuale probabile topolino che verrà prodotto dall’eurocrazia sarà accolto con rassegnazione. Al contrario, qualsiasi idea creativa (ad esempio un rafforzamento del ruolo della Bei o la creazione di veicoli per credito alle imprese o ai consumi finanziati con equity dell’Esm e di privati e credito della Bce, sul modello americano di Talf e Ppip) sarebbe una sorpresa positiva. Per usare le parole di Lloyd Blankfein, uno dei grossi rischi che in questo momento bisogna considerare è che le cose vadano bene.

*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist Kairos Partners SGR. ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.