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Borsa Milano azzera perdite, il supporto del Ftse Mib

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MILANO (WSI) – Borsa di Milano azzera le perdite nel finale. L’analisi tecnica è cautamente ottimista, gli esperti gettano acqua sul fuoco, segnalando che non c’è rischio di inversione di tendenza della fase rialzista. Ftse Mib piatto con +0,07% a 20.452 punti.

L’indice Ftse Mib era arrivato a cedere -1% durante le contrattazioni, prima di ridurre progressivamente i cali; è importante tuttavia che il listino non scenda al di sotto di quota 18.790, livello spartiacque chiave.

Wladimir Biasia di WB Advisors sottolinea inoltre che ora che “ha violato la soglia 20000, fatta eccezione per temporanee prese di beneficio/consolidamenti, (il Ftse Mib) si appresta a scalare l’area 21200 e successivamente quota 23000. Si tratta dell’obiettivo fissato lo scorso anno alla vigilia delle elezioni”.

Spread tra Btp e Bund decennali +1,86% a quota 194,88 punti base. Tassi +1,91% al 3,65%.

All’interno del listino giù Unicredit (-0,85%), piatta Intesa con -0,09% (in giornata aveva perso quasi -2%).

Male aMediobanca, -1% dopo i risultati che hanno visto un utile più che raddoppiato nel primo semestre dell’esercizio 2013-14, con la banca che si mette al riparo rispetto agli esercizi Bce di asset quality review. Ha ridotto i cali Banco Popolare che dopo aver perso oltre -2% successivamente al downgrade di S&P, nel finale -0,42%. Altri bancari: Mps +0,95%, Bper +0,19%.

Ha dimezzato le perdite Generali (-0,50% circa), dopo il mandato per azioni risarcitorie in sede giuslavoristica nei confronti degli ex manager Giovanni Perissinotto e Raffaele Agrusti.

Tra i titoli di altri settori inversione in territorio positivo per Fiat, +1,94%; Finmeccanica -0,83%; decisamente penalizzata Mediaset, -5%. Si fa più difficile la strada della società verso il risarcimento danni chiesto a Google.

È stata una seduta da dimenticare per le Borse asiatiche su cui pesa il rallentamento dell’economia globale che il Fondo Monetario Internazionale continua a temere. L’indice MSCI della regione Asia Pacifico è scivolato dell’1,2%.

Chiusura in deciso calo per la borsa di Tokyo sulla scia del rafforzamento dello yen. L’indice Nikkei-225 ha terminato la giornata in calo del 2,15% a 14.449 punti.

Il Giappone ha registrato un enorme deficit di bilancio in gennaio. Le esportazioni sono state penalizzate dallo yen in rafforzamento progressivo, mentre i costi alle importazioni sono aumentati, gettando dubbi sulla strategia del Premier Shinzo Abe per rilanciare la ripresa. L’export è cresciuto si del 9,5%, ma l’aumento ha accusato un rallentamento per il terzo mese di fila.

Sugli altri mercati, in ribasso il dollaro australiano e le materie prime. Il won sudcoreano è tra le peggiori valute dei mercati emergenti, ancora sotto pressione, mentre i bond giapponesi hanno chiuso in rialzo.

Sul valutario, euro -0,18% a $1,3707; dollaro/yen -0,05% a JPY 102,37; euro/franco svizzero -0,01% a CHF 1,2202. Euro/yen -0,13% a JPY 140,30. La divisa giapponese, che dall’inizio dell’anno ha guadagnato quasi 4 punti percentuali rispetto al dollaro, beneficia della fuga degli investitori dai paesi emergenti e dai dati non brillanti sull’economia cinese.

Riguardo alle materie prime, i commodities, i futures sul petrolio -0,16% a $103,14, il prezzo dell’oro -0,42% a quota $1.314,80 l’oncia.

L’industria manifatturiera cinese è entrata in una fase deterioramento, anche se lo ha fatto a un ritmo contenuto. L’indice PMI ha evidenziato che le condizioni aziendali stanno peggiorando in febbraio. Pechino è chiamata a intervenire politicamente se vuole evitare di dover fare i conti ancora con una contrazione di nuovi ordini e produzione.

L’indice Pmi si è attestato a quota 48,3 dai 49,5 di gennaio, sui minimi di sette mesi. Simile sorte è toccata anche alla produzione, che è scesa a 49,2 punti dai 50,8 del mese precedente.

La parte più importante delle minute rilasciate ieri dalla Fed è probabilmente questa: “un numero nutrito di partecipanti ha suggerito che, una volta raggiunta la soglia fissata per il tasso di di disoccupazione, i rischi per la stabilità finanziaria appariranno più esplicitamente nell’elenco di fattori che guideranno le decisioni sui tassi di interesse di riferimento”.

Dal momento che il livello prestabilito del 6,5% nella ‘forward guidance’ è molto vicino, Yellen si lascia in questo modo ampio spazio di manovra. Il comitato di politica monetaria in pratica dice che interverrà in base all’andamento dei mercati azionari.