Soltanto la Grecia e’ riuscita a fare peggio. L’azionario cinese archivia i primi sei mesi dell’anno con un -27% (incluso il -4.3% del 29 giugno) spingendo il rapporto prezzi/utili a 18, il livello piu’ basso in 10 anni rispetto all’indice MSCI Emerging Markets.
Il riscatto sembra pero’ dietro l’angolo, tanto piu’ che i principali possessori di azioni denominate in yuan il mese scorso sono tornati a comprare per la prima volta dai minimi del 2008.
Un andamento simile era stato registrato nell’ottobre 2008, facendo intendere che il mercato orso aveva i giorni contati e aprendo la strada a quello che poi si e’ rivelato un rimbalzo dell’82% dai minimi dei 28 ottoBre di quell’anno allo stesso mese dell’anno successivo.
Cosa spiega questo cambio di rotta? Il motivo: l’apprezzamento dello yuan annunciato lo scorso 19 giugno. La conseguenza? Banche del calibro di Morgan Stanley, BNP Paribas e Nomura si dicono convinte che le azioni cinesi torneranno a correre. La strategia di investimento si basa su un fatto: l’indice di Shanghai in 12 mesi aveva guadagnato il 62% l’ultima volta che la Cina aveva permesso un tasso di cambio piu’ flessibilie. Era il luglio 2005.
Morgan Stanley si sbottona e prevede un +65% da qui al giugno 2011 per lo Shanghai Composite, che potrebbe cosi’ raggiungere quota 4000. “Siamo davvero bullish”, ha spiegato a Bloomberg Jerry Lou, strategist di Morgan Stanley basato a Hong Kong. “Queste valutazioni ci convincono. Cio’ di cui abbiamo bisogno e’ un catalizzatore come un cambio della politica di cambio”, ha aggiunto.
La previsione e’ forse la piu’ ottimista in circolazione. Stando all’indagine realizzata da Bloomberg interpellando 14 economisti, la crescita economica di Pechino dovrebbe essere del 10.2% quest’anno e del 9.2% l’anno prossimo. Citigroup ha avvertito: il rimbalzo dell’azionario potrebbe esser mitigato dalle potenziali nubi sulle esportazioni cinesi nella seconda parte dell’anno e sul rallentamento della crescita dei prestiti.