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BORSA: ATTENZIONE CHE ARRIVA LA FRENATA

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*Questo documento e’ stato preparato da Maurizio Milano, resp. Analisi Tecnica Gruppo Banca Sella ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

WSI) – Dopo il test dei minimi di metà maggio avvenuto nelle sedute dell’8-13 luglio, il mercato azionario ha oramai messo a segno 4 settimane di marcati rialzi (dal +16% dell’S&P500 al +20% del FtseMib), confermando così la vitalità del bear market rally in essere da inizio marzo. I recuperi dai minimi di marzo – successivi ad uno dei ribassi più impressionanti della storia borsistica, da fine 2007 ad inizio marzo 2009 – sono generalmente superiori al 50% (per il Nasdaq composite +59% e per il FTSE/Mib addirittura +73,9%, senza contare i dividendi), e sono stati trainati dal settore automobilistico, bancario e dalla tecnologia-software.

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Tutti gli indici sono in territorio ampiamente positivo da inizio anno: +6,4% per il Dow Jones; +10% circa per il DJEurostoxx50 ed il FtseMib; +11,4% per l’S&P500; +19% per il Nikkei225 ed addirittura +27% per il Nasdaq. Non male, viene da dire. Anche se sugli indici principali (fa eccezione il Nasdaq) siamo ancora un 15% circa al di sotto dei livelli di fine settembre-inizio ottobre 2008; da inizio 2008 rimaniamo poi ovunque in rosso, con perdite che vanno dal -24% del Nasdaq (l’indice più performante) ad un -29/31% di Dow, S&P500 e Nikkei225, ad un pesante -38% per il DJEurostoxx50, con un record negativo di -43% per il Ftse/Mib. Siccome l’euro/dollaro è grosso modo sugli stessi livelli di inizio 2008, le dinamiche di Usa ed Europa solo valide anche prendendo in considerazione l’effetto cambio.

Al di là di possibili prese di beneficio di breve, che si preannunciano comunque contenute (ammesso che ci siano), confermiamo ancora una volta che i livelli degli indici azionari di fine settembre-inizio ottobre 2008 rappresentano l’obiettivo “naturale” del bear market rally in corso: 1100-1200 per lo S&P500; 2200 per il Nasdaq; 10350-11000 per il Dow Jones Industrial; 3000 per il DJEurostoxx50; 25000-26500 per il FtseMib; 11000/750 per il Nikkei225. Il bear market rally entra nella fase di maturità, per così dire, ed il progressivo avvicinarsi degli obiettivi renderà sempre meno attraente il profilo di rischio-rendimento.

In ottica tattica si conferma quindi di continuare a “cavalcare” la salita, senza farsi prendere però da un eccessivo ottimismo sulla sostenibilità del trend in atto. Ipotizzare di essere già dentro un mercato Toro rimane prematuro, e probabilmente i rialzi marcati di questi 5 mesi – con l’appendice dell’ultima gamba rialzista che ci attende – dovranno essere seguiti da una correzione e da una lunga fase di riaccumulazione.

Quando finirà la festa, quindi? Potremmo ipotizzare, paradossalmente ed in ottica cinicamente contrarian:

quando anche i più restii, i catastrofisti di ieri, si risveglieranno ottimisti

quando i centri studi inizieranno a fare a gara a chi di loro è più positivo

quando tornerà l’ottimismo e si preannunceranno riprese imminenti e sostenute

quando le paure dei mesi passati appariranno solo più come un brutto sogno

quando fioccheranno previsioni di bull market stabili all’orizzonte

quando i media generalisti si saranno accorti che la Borsa sta salendo
quando anche gli Orsi più impenitenti inizieranno finalmente a cedere alle lusinghe del Toro ed inizieranno ad acquistare…

…Bene, proprio allora sarà forse giunto il momento di vendere, monetizzare gli utili, e mettersi alla finestra tornando liquidi. Se poi la correzione che seguirà – verosimilmente – al raggiungimento degli obiettivi indicati non sarà superiore al 15-20%, potremo concludere che il bear market sarà davvero terminato e che inizierà probabilmente una fase laterale di riaccumulazione, che si preannuncia comunque piuttosto lunga. Si potranno allora ipotizzare portafogli più “strategici”, dando un peso crescente ad aree geografiche caratterizzate da elevata crescita demografica – e quindi economica – come la Cina, l’India, il Brasile, la Russia.

Sul fronte petrolio/commodities, prosegue la forte correlazione col mercato azionario. Il movimento correttivo si è esaurito il 13 luglio, in corrispondenza col minimo dell’azionario, e sono tornati gli acquisti che hanno riportato le quotazioni sui massimi di periodo. In linea con le possibilità di prosecuzione del bear market rally azionario (verso i livelli di fine settembre-inizio ottobre 2008), sembra quindi debba proseguire anche il rialzo di petrolio e commodities: anch’esso, tuttavia, è un bear market rally, un rialzo di natura ciclica e non strutturale, destinato quindi a sgonfiarsi quando arriveranno le prese di beneficio sull’azionario.

Per l’Oro (ticker Bloomberg GOLDS, PC gold spot 945) è probabile prosegua la fase moderatamente positiva all’interno dell’intervallo 905 – 990. Il trend rialzista dominante riprenderebbe solo col superamento dei massimi in area 1006/33 (poco probabile, presupporrebbe una “caduta libera” del dollaro).

L’obbligazionario (Bund e Treasury) dovrebbe difendere le posizioni ma non sono ipotizzabili rialzi sopra i massimi di periodo.

Per quanto riguarda il dollaro, il trend macro sembra quello di un dollaro debole/laterale, tra due estremi:

1) dollaro in caduta libera, che non sarebbe però funzionale agli interessi Usa anche per le ripercussioni negative sui Treasury (e conseguente nervosismo della Cina);

2) dollaro in forte apprezzamento, che non sembra verosimile finché la Fed prosegue con le politiche di quantitative easing.

La risultante dovrebbe quindi essere un dollaro debole ma non debolissimo: ciò aiuterebbe il mercato azionario e favorirebbe la bilancia commerciale senza creare paure di “fuga dal dollaro”, contribuendo così a creare uno scenario di relativa stabilità. Un lento deprezzamento del dollaro aiuterebbe ad uscire prima dalla crisi economico-finanziaria in atto, ma deve essere molto lento perché sia condiviso dagli altri Paesi. La prima resistenza contro euro è a 1,4500; sopra lì (prematuro) si salirebbe verso 1,4720, e poi a testare la resistenza critica a ridosso di 1,5000 (assai improbabile che sia superata nei prossimi mesi). Al di là dei livelli, considerati in modo statico, è quindi fondamentale la “velocità” di deprezzamento del dollaro…magari tra 2 anni saremo anche ad 1,6000 ma un cambio così adesso sarebbe assolutamente destabilizzante. Un primo segnale di rimbalzo per il dollaro si avrebbe sotto 1,4000, con conferma (prematuro) sotto 1,3730.

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