ROMA (WSI) – Tassi sui BTP decennali attorno al 7%, spread BTP-Bund che schizza oltre quota 500. Per l’Italia l’incubo sembra finito. Le cose non vanno certo bene del tutto, ma almeno lo spauracchio del default, così concreto solo qualche anno fa, ora sembra svanito.
L’Italia è fuori pericolo? Non proprio. D’altronde, ora è anche l’agenzia di rating Fitch ad avvertire sugli effetti devastanti che una eventuale modifica del trattamento dei titoli di stato nel calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche dell’area euro avrebbe sulla tenuta dell’intero sistema dell’Eurozona.
La proposta di un tetto sui bond sovrani detenuti dalle banche – o comunque l’introduzione di requisiti di capitale per compensare il rischio legato all’esposizione delle banche verso i debiti sovrani- è stata lanciata dalla Germania, nell’ambito di un piano volto a rafforzare l’Unione bancaria, e anche al fine di creare un sistema europeo di garanzia sui depositi.
Di tale proposta si è parlato nella riunione dell’Eurogruppo di aprile, in cui il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha esplicitamente dato parere contrario.
La contrarietà non sorprende, dal momento diverse banche italiane hanno bilanci ingolfati da titoli di stato italiani. Nel suo report, Fitch valuta le ripercussioni che la proposta tedesca avrebbe sulle banche, e calcola in 171 miliardi di euro il nuovo capitale che le banche dovrebbero raccogliere in caso di sì alla proposta tedesca.
In particolare, dei 171 miliardi di nuovo capitale, 135 miliardi dovrebbero essere raccolti dalle banche dell’area euro, mentre le banche non appartenenti all’Eurozona dovrebbero mettersi a caccia di 36 miliardi di euro.
Le banche più grandi dell’Europa sarebbero le meno colpite da tali cambiamenti potenziali, in quanto – ricorda Bloomberg – utilizzano già alcuni modelli interni per calcolare gli oneri legati all’esposizione verso i bond sovrani. Secondo Fitch, inoltre, le stesse hanno un portafoglio di bond sovrani maggiormente diversificato.
La stessa Fitch sottolinea nel suo rapporto che, in generale, le banche irlandesi, italiane e spagnole sono quelle che hanno la maggiore esposizione ai bond emessi dai rispettivi paesi, sebbene abbiano già iniziato ad adottare un iter di diversificazione.
Complessivamente, le banche europee detengono bond sovrani per un valore di 2,3 trilioni di euro circa, di cui 1,5 trilioni di euro di bond emessi dai rispettivi paesi a cui gli istituti appartengono. Al momento, la loro presenza nei bilanci non richiede l’imposizione di oneri sui capitali delle banche.
Fitch stila cinque scenari diversi, sulla base di quanto la Germania chiede. Il bisogno di avviare ricapitalizzazioni per 135 miliardi da parte delle banche dell’Eurozona si riferisce allo scenario più penalizzante, che contempla l’entrata in vigore di una versione “ibrida” che limita la concentrazione dei bond detenuti dalle banche e applica al contempo un peso crescente di oneri, laddove i titoli dei debiti sovrani superino il 100% del capitale di una determinata banca.
Così scrive Alan Adkins, analista di Fitch, nel report compilato anche da altri autori:
“Il ribilanciamento potrebbe avere un impatto concreto sui costi di finanziamento del debito pubblico e ridurre la flessibilità nei rifinanziamenti (dei debiti) dei paesi (europei), soprattutto per quelli caratterizzati da un rating più basso. Fitch Ratings crede che le autorità dovrebbero agire in modo cauto, considerando in modo prudente l’impatto, e adottando un periodo appropriato di transizione”.
In definitiva, sulle banche dell’Eurozona Fitch sottolinea:
- I cambiamenti nel trattamento del rischio sovrano potrebbero costringere le banche dell’Eurozona ad aumenti di capitale fino a 135 miliardi di euro, per mantenere i livelli di solvibilità.
- Se le riforme venissero introdotte, le banche potrebbero rispondere smobilizzando le esposizioni ai debiti sovrani.
- Le proposte potrebbero avere conseguenze anche sui costi di rifinanziamento dei debiti, riducendo la flessibilità delle forme di finanziamento.
L’interrogativo è legittimo: se le banche decidessero di smobilizzare i bond che detengono, che fine farebbe il valore di questi bond?
Semplice: eventuali vendite massicce aventi per oggetto i titoli di stato ne deprimerebbero il valore, e rischierebbero anche di convincere i grandi fondi a fare lo stesso, e a tornare alla carica con i tristemente famosi attacchi speculativi.
Che fine farebbero, a quel punto, i tassi sui BTP e lo spread, nel caso specifico dell’Italia? Un sell off sui bond italiani con conseguente balzo dei tassi e dunque dei costi di rifinanziamento del debito è uno scenario insomma davvero ormai scongiurato?
Il rischio c’è, e a certificarlo sono le stesse parole di Fitch.
Stavolta sarebbe direttamente la Germania, insieme ai suoi alleati del Nord Europa, a provocare un bis della crisi dei debiti sovrani, in un momento in cui è crescente l’insofferenza verso Bruxelles e verso l’euro.
L’attacco ai Piigs può dunque tornare da un momento all’altro, con conseguenze disastrose per l’Italia e i paesi, ancora una volta, del Sud Europa.
C’è sempre la speranza che la Germania alla fine ascolti gli avvertimenti di Fitch e che, in ultima istanza, i paesi europei si riuniscano per impedire che la proposta si realizzi. Finora, tuttavia, almeno contro le politiche di austerity, la lotta contro i falchi tedeschi è stata vinta, forse, solo dalla Bce di Mario Draghi. I politici Ue hanno infatti quasi tutti detto sì a Berlino.