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(WSI) –
Il dramma dei mutui ipotecari potrebbe avere la miccia lunga e deflagrare con la massima energia nel 2008. A sostenerlo è David Berson, vicepresidente e capo economista del più grosso istituto americano operante nel business dei finanziamenti immobiliari, cioè la Fannie Mae. A suo giudizio, il numero delle compravendite e il volume dell’attività edile proseguiranno la parabola discendente sino alla metà dell’anno venturo, mentre per la stabilizzazione dei prezzi bisognerà aspettare il 2009.
Dottor Berson, quest’estate è scoppiata la bomba dei mutui subprime, ma lei ammonisce che il peggio è ancora di là da venire…
Se ragioniamo in termini di insolvenze, fallimenti e pignoramenti, direi che è proprio vero. All’origine di queste considerazioni vi è la dinamica dei saggi d’interesse. Perché se si guarda ai subprime con la rata fissa, ci si accorge che l’andamento non è affatto disperante. Mentre invece la tendenza è negativa nel segmento dei debitori meno solidi. Del resto, se così non fosse, non li chiameremmo subprime.
E quindi dov’è il problema?
Il problema grosso è sul terreno dei mutui a rimborso variabile. C’è una consistente fetta di prestiti rischiosi, che affondano le loro radici nel biennio 2005-2006, le cui rate mensili aumenteranno a cavallo fra il 2007 e il 2008. Perciò sospetto che il travaglio dei mutui subprime non abbia raggiunto ancora l’acme.
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Si è a lungo dibattuto sugli effetti di questa crisi per l’intera economia. Qual è il suo punto di vista?
Come si sa, il boom ha creato una interazione «tossica» fra la capacità di spesa delle famiglie e l’andamento dei valori patrimoniali. La frenata della congiuntura scivolerà in una recessione se il consumatore americano stringerà i cordoni della borsa, spaventato e impoverito dalla rettifica della sua ricchezza immobiliare. Qui siamo nella sfera delle probabilità, e la mia stima personalissima quantifica la recessione al 40 per cento.
Non è un numero piccolo.
Le quotazioni delle villette unifamiliari sono calate a settembre del 4,9% rispetto a settembre 2006, ma ciò accade dopo un apprezzamento del 56% nell’ultimo decennio e del 100% se si prende come nastro di partenza il 1994.
Quale sarà la traiettoria dei trimestri futuri?
Nel complesso – dal punto di massimo al punto di minimo – la discesa potrebbe essere nell’ordine del 10% o un po’ superiore. L’elevato numero di case invendute, giocoforza, eserciterà un’influenza negativa.
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Quando sarà raggiunto il punto di minimo?
Per rispondere occorre distinguere fra valore degli immobili e livello dell’attività edile.
Bene, facciamolo.
Allora iniziamo con il numero delle compravendite e il volume dei lavori edili appena avviati. La flessione di entrambi questi aggregati rispecchia un concorso di circostanze, tra cui emergono il rallentamento dell’economia, l’alto valore delle abitazioni, il maggior peso dei mutui, la fine delle correnti speculative e, in ultimo, la stretta degli standard creditizi. La stretta riguarda soprattutto i mutui ad alto rischio, quelli a rischio medio-alto e quelli concernenti i prestiti di grandi dimensioni.
E l’impatto?
In base ai nostri calcoli, la diminuzione nella compravendita di case dovrebbe attestarsi al 15,4% nel 2007 e al 10% nel 2008, con un peggioramento in caso di recessione. Il numero delle transazioni ha buone chance di stabilizzarsi nella seconda metà dell’anno venturo.
E per quanto riguarda i prezzi?
Forse le perdite si estenderanno fino al 2009, quando il decremento degli immobili invenduti e il recupero dell’attività economica dovrebbero rovesciare l’andamento negativo e aprire le porte a una nuova tendenza rialzista nel 2010. Voglio appena sottolineare che si tratta del primo ribasso generalizzato dai tempi della Grande Depressione.
Pensa che la Federal Reserve darà vita a ulteriori tagli dei tassi d’interesse dopo lo sconto di 50 punti base messo in atto lo scorso 18 settembre?
Il direttorio della Banca centrale si riunirà il 30 e 31 di ottobre, votando quasi certamente per ridurre il costo del denaro. Il tasso sui fondi federali passerà dal 4,75% attuale al 4,25% entro l’inverno del 2008, almeno stando alle nostre previsioni. Come sa, esiste una quantità enorme di titoli creditizi ad alto rischio. Qualcuno si è già bruciato le dita nel maneggiarli.
Chi sono i prossimi candidati?
È buffo da dirsi, ma nessuno sa davvero in quali mani ribollano le cartolarizzazioni meno solide. Fannie Mae e Freddie Mac (altro gigante dei mutui in America, ndr) non ne hanno tanti. Credo che anche le banche tradizionali abbiano un’esposizione ragionevole e abbiano fatto un ottimo lavoro nel vendere il rischio di credito a terzi. Perciò, forse, gli investitori esteri, gli hedge fund, le gestioni comuni, alcuni player specialistici. Ma voglio ripetere che in verità nessuno lo sa.
Quale svalutazione si annida nel comparto subprime?
Anche qui, è difficile a dirsi, ma in sé e per sé non sono cifre ingestibili. Perché il debito subprime in circolazione è nell’ordine di 1.500 miliardi di dollari. Non faccio previsioni, ma possiamo sviluppare delle ipotesi: se, ad esempio, un terzo fallisse, staremmo parlando di 500 miliardi. Poi c’è la liquidazione delle garanzie, e magari si recupera il 75%, così si scende a una perdita di 125 miliardi. Ripeto, non sono previsioni. Ma forse il vero incubo è per chi ha posizioni a leva o troppo concentrate.
Un’ultima domanda: come valuta lo stato di salute del credito di qualità più elevata?
Il mercato è in flessione per quanto attiene gli scambi; le insolvenze e gli inadempimenti crescono leggermente a causa della congiuntura traballante, però la liquidità e il merito non destano soverchie preoccupazioni.
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