Società

BOMBA ALLA BOCCONI DI MILANO, RIVENDICATA DA GRUPPO ANARCHICO

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Un pacco contenente un ordigno è stato trovato mercoledì mattina, parzialmente esploso, all’università Bocconi a Milano. Il pacco bomba conteneva due chili di dinamite collegati a un timer e si trovava in un’intercapedine tra uno sgabuzzino e un corridoio sotterraneo. Alle 3 della notte tra martedì e mercoledì l’ordigno è esploso, ma solo in parte, a quanto pare per un difetto del congegno elettronico. La rivendicazione è arrivata alle 13 di mercoledì con una telefonata anonima e un volantino al quotidiano «Libero».

“Due chilogrammi di dinamite porteranno rivolta e distruzione”. Comincia cosi’ il volantino di rivendicazione della bomba semi-esplosa stanotte all’universita’ Bocconi di Milano. “Chi non terrorizza si ammala di terrore”, si legge nel documento. Il foglio si chiude con l’invito a “chiudere subito i centri di identificazione ed espulsione o iniziera’ a scorrere il sangue dei padroni”.

La firma è della «Federazione Anarchica Informale», che in passato aveva firmato altri pacchi bomba, nell’ambito di azioni dimostrative tese a non colpire le persone. C’era anche la firma «Sorelle della libertà». Il volantino di rivendicazione, stando a quanto si apprende, sarebbe già stato pubblicato su un sito, avvertendo che l’attentato sarebbe solo un inizio di una nuova campagna. L’ordigno, secondo quanto appreso, non sarebbe stato atto a offendere persone. Nell’ateneo milanese mercoledì pomeriggio era in programma l’inaugurazione di «Bag», la nuova «Bocconi Art Gallery», seguita da un concerto.

“Certamente questa azione non e’ da sottovalutare, e’ una cosa seria che si articola in varie citta’, a Milano, in Friuli ma anche a Firenze e in altri luoghi”. Lo ha detto in un’intervista al Tg1 il ministro dell’interno Roberto Maroni. “In qualche modo sono riconducibili a un clima di esasperato scontro che va ridimensionato”, ha detto Maroni, esortando ad “abbassare i toni e sviluppare un confronto fermo ma civile evitando di demonizzare gli avversari”.

Secondo alcune fonti, la bomba alla Bocconi potrebbe essere messa in relazione con l’ordigno alla Cie di Gorizia scoperto ieri, che non sarebbe stato solo un atto intimidatorio, sempre di matrice pseudo-anarchica, perche’ secondo gli investigatori poteva provocare feriti:

Roma, 16 dic. (Apcom) – La busta esplosa ieri nel tardo pomeriggio al Cie di Gradisca d’Isonzo, non era solo un atto intimidatorio, ma avrebbe potuto provocare ferite anche gravi al suo destinatario: ne sono convinti gli investigatori di Gorizia, che sottolineano come solo l’esperienza militare ventennale del direttore del Cie, ha evitato il peggio. L’ordigno porta il marchio degli anarco-insurrezionalisti – spiegano da Gorizia – e potrebbe esser possibile un collegamento con il pacco bomba esploso nella notte all’Università Bocconi di Milano, rivendicato questo dalla Federazione anarchico informale.

Massimo riserbo a Gorizia su questo fronte, le indagini della Digos sono in corso, ma sia gli investigatori della questura, sia da fonti della prefettura si sottolinea come la busta esplosiva era stata costruita in modo da far male e provocare danni e ferite anche gravi. La busta, composta da un filo e un detonatore a collegato a materiale esplodente, è arrivata ieri nel tardo pomeriggio al direttore del Cie di Gradisca d’Isonzo, Luigi Del Ciello, l’ha aperta e una fiammata lo ha messo in allarme, grazie alla sua esperienza militare e l’ha gettata e si è salvato: un buco nella scrivania dimostra che se l’avesse tenuta tra le mani – spiegano gli investigatori – avrebbe potuto rimanere ferito in modo anche grave. Non si ritiene quindi “sia stato solo un atto intimidatorio”. E “pur nella rudimentalità del congegno comunque si capisce che chi l’ha costruito sapeva quello che faceva”.

A qualcuno l’episodio e il modus operandi ricordano il plico esplosivo recapitato a Romano Prodi il 27 dicembre 2003: il pacco, recapitato a casa sua a Bologna, fu aperto dallo stesso Prodi, conteneva un libro nel quale era stata messa polvere pirica collegata ad un innesco che provocò una fiammata improvvisa. In quell’occasione nessuna lesione o danni, ma tanto spavento.

_________________________

Il volantino di rivendicazione dell’attentato alla Bocconi di Milano, oltre ad essere firmato dalla Federazione anarchica informale ha la firma anche di «Sorelle in armi» e del «Nucleo Mauricio Morales».

SORELLE IN ARMI – La prima sigla «Sorelle in armi» si riferisce al titolo italiano del noto film del 1943 (So Proudly We Hail!) diretto da Mark Sandrich con Claudette Colbert, Paulette Goddard, Veronica Lake. Film di propaganda contro le forze dell’Asse tutto dedicato alle crocerossine di stanza nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale. Definito dal grande critico cinematografico statunitense James Agee «Probabilmente il film più implacabilmente accurato mai fatto su quel che la guerra appare attraverso le lenti di un romanticismo da settimanale per casalinghe» ebbe anche una candidatura all’Oscar nel 1944.

MAURICIO MORALES – L’altra sigla fa riferimento a Mauricio Morales, l’anarchico cileno morto a 27 anni il 22 maggio del 2009 a Santiago del Cile mentre trasportava una bomba verso la locale scuola della polizia. Morales si trovava nelle vicinanze della «Escuela de Gendarmeria», in Avenida Matta di Santiago del Cile, presumibile obiettivo dell’attentato, quando la bomba esplose uccidendolo all’istante. Il giorno dopo la sua morte i suoi compagni fecero comparire uno striscione: «Trasformiamo il nostro dolore in rabbia e la nostra rabbia in polvere nera». Oggi, sette mesi dopo, qualcuno, all’altro capo del mondo, sembra aver voluto mantenere quell’oscura promessa.

Raccontando della sua tragica fine, i compagni del «Centro Social Okupado y Biblioteca Sacco y Vanzetti» di Santiago scrivono: «Mauricio Morales, un nostro fratello, è morto questa mattina. Trasportava un ordigno esplosivo che è detonato sulla sua schiena, ammazzandolo all’istante. Si presume che la nefasta istituzione della Gendarmerìa fosse l’obiettivo del suo attacco. È morto da guerriero, affrontando senza timori e senza cedimenti qualsiasi forma di potere. Ha deciso di trasformare il suo odio in azione, trasformando la sua vita quotidiana in un costante combattimento contro l’esistente.

Pubblicazioni, appoggio diretto ai compagni prigionieri, diffusione della letteratura anarchica e antiautoritaria, assemblee di propaganda delle idee, sono stati i coltelli che ha affilato nella sua esistenza. Ha cercato di dare il suo apporto in diverse maniere alla distruzione di questa società basata sulla logica del potere e dello sfruttamento. Il dolore strazia i nostri cuori in questi momenti, ma è importante non demoralizzarsi, non cadere nel letargo provocato dalla perdita di un compagno».