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BNL, LA STORIA SEGRETA

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(WSI) – Un coro di smentite, anche piccate, all’articolo di ieri de Il Tempo su «Bnl, la storia segreta», in cui si ricostruiva una complessa rete di finanziamenti alla Dorint sa, società lussemburghese del gruppo Della Valle, nel 2002, alla vigilia dell’acquisto delle prime azioni Bnl da parte del singor Tod’s.

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Negano ogni coinvolgimento nella predisposizione e nell’emissione di un prestito rimborsabile sia il gruppo Capitalia (che secondo l’articolo avrebbe garantito un prestito da 115 milioni di euro alla Dorint attraverso Banca di Roma international sa), sia il gruppo Bnl (coinvolto dall’articolo attraverso una triangolazione con la filiale Lavoro bank di Zurigo). Nega anche il diretto interessato, Diego Della Valle, definendo «completamente false» le notizie pubblicate, e stigmatizzando la firma del direttore responsabile de Il Tempo sotto l’articolo in questione: «è particolarmente grave», anche perché le informazioni pubblicate «presenterebbero profili di illegittimità». Sia Bnl che Capitalia che Della Valle si riservano il ricorso alle vie legali per tutelare «la propria onorabilità».

Per la Bnl il contenuto dell’articolo sarebbe stato «gravemente diffamatorio», contraddistinto dalla «capziosità e la strumentalità delle argomentazioni», e la si prende con i «modi, inqualificabili, di fare un giornale». Il gruppo Capitalia invece si dice «assolutamente estraneo a qualsiasi operazione societaria relativa alla Bnl». Secondo fonti ufficiose del gruppo Della Valle infine il finanziamento da 115 milioni di euro in questione, mai dichiarato e portato a conoscenza del mercato nè in occasione dell’acquisto delle partecipazioni Bnl nè successivamente, sarebbe avvenuto infragruppo.

Uniche protagoniste la società che ne ha usufruito, la lussemburghese Dorint sa e la società erogante, la sua controllata irlandese Dorish limited (consolidata nella sapa dei Della Valle dal 2003), che ha tre euro di capitale sociale. La motivazione di questa operazione sarebbe stata quella di una semplice «ottimizzazione fiscale».

Fin qui la versione dei protagonisti dell’articolo di ieri che per ovvio dovere di cronaca si è interamente riportata. Come per lo stesso motivo va registrata la presentazione di un’interrogazione parlamentare sulla materia da parte di Andrea Gibelli, capogruppo della Lega Nord alla Camera dei deputati. Il deputato del Carroccio chiede al ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, di ricostruire tutta la vicenda davanti al Parlamento. Quanto alla vicenda del finanziamento alla Dorint e al suo eventuale utilizzo per l’acquisto successivo di azioni della Bnl, la vicenda è stata ricostruita in un esposto da un funzionario di banca che all’epoca avrebbe avuto un ruolo diretto in parte delle operazioni.

Un secondo esposto è stato inviato ai presidenti dei collegi sindacali di Bnl e Capitalia, alla Consob, al Governatore e al responsabile della vigilanza della Banca d’Italia e a numerosi altri soggetti istituzionali responsabili nella materia. Allegato al primo esposto per la prima volta il bilancio della Dorint sa, la più importante delle società estere utilizzate dal gruppo Della Valle per l’assunzione e la gestione delle partecipazioni. È la Dorint sa ad avere in carico le quote in Bnl, Rcs e Mediobanca. Per questo motivo la loro gestione viene sottoposta alle regole fiscali del Lussemburgo, e non a quelle italiane.

Il vantaggio è evidente leggendo proprio gli stessi bilanci: 64,40 euro di «subscription tax» nel 2001, l’anno successivo 33,63 euro (la tassa è stata abolita l’8 agosto di quell’anno). L’unica altra imposizione fiscale è iscritta alla voce «Vat non recoverable», in sostanza l’Iva non rimborsabile. Ammonta a poco più di 3 mila euro nel 2001 e a poco più di 5 mila euro l’anno successivo. Nel bilancio del 2003 l’imposizione complessiva sale invece a 53.194 euro pur con utili ridotti a 843.471 euro.

Non è noto invece il bilancio della irlandese Dorish, di cui si conosce appunto solo l’esiguo capitale (3 euro) dopo il consolidamento della società nella complessa ragnatela del bilancio consolidato della Diego Della Valle & c sapa insieme ad altre quattro società di diritto olandese, due francesi e cinque lussemburghesi.

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Una pista dal Lussemburgo alla Svizzera

di Franco Bechis

Quel prestito perché Dorint acquistasse Bnl rilevato dalla filiale di Zurigo della banca di Abete. Faro della Consob e degli inquirenti anche sulla prima fase della scalata alla Banca Nazionale del Lavoro, fra il 2002 e il 2003

Non c’è nulla di male in un prestito, ovviamente. Tanto più se fatto a un imprenditore come Della Valle, serio e conosciuto in tutto il mondo. Magari la Dorint in sè non sembrava dal bilancio offrire grandi garanzie, ma le sue partecipazioni già allora erano più che interessanti. Curiosa è semmai la triangolazione fra le due banche italiane. Perché non chiedere direttamente alla Bnl di Zurigo di organizzare l’operazione? O gli interessi su quel prestito erano così alti (non sono noti attualmente) da essere un boccone così appetibile per il mercato bancario, che avrebbe fatto a gara pur di conquistare quella emissione? Chissà.

Ma è la domanda successiva che interessa ovviamente la Consob e chi indaga su queste vicende. A cosa servivano quei 115 milioni di euro dati alla Dorint che li avrebbe poi rimborsati negli anni? Perché il mistero di quella triangolazione si scioglie proprio con al risposta a questa domanda, come in tutte le trame dei film gialli che si rispettino. Non c’è traccia dei contatti fra gli amministratori della Dorint e le loro controparti bancari. O almeno nella documentazione in parte anche in possesso de Il Tempo non viene indicato il motivo dell’operazione finanziaria. Ma le successive mosse della Dorint sono chiare sia alla Consob che alla stampa specializzata.

Perché una volta raccolti quei fondi la finanziaria lussemburghese del gruppo Della Valle (che prima non aveva le risorse necessarie) inizia ad acquistare sul mercato titoli Bnl. All’inizio del mese di aprile 2003 la Dorint comunica alla Consob di essere in possesso del 2,828% del capitale di Bnl. Poco dopo il 20 di aprile Della Valle annuncia che quella partecipazione è lievitata al 4,6%, e riceve subito il benvenuto dal presidente della banca, Luigi Abete e dall’allora direttore generale, Davide Croff. Due mesi dopo la consacrazione finale: il 16 giugno 2003 Della Valle viene cooptato nel consiglio di amministrazione della Banca nazionale del Lavoro. Due mesi dopo (sembra la storia di Stefano Ricucci), altro rastrellamento sul mercato con la Dorint, e Della Valle entra anche in Rcs con il due per cento.

Quel finanziamento triangolato fra Della Valle-Banca di Roma Lussemburgo e Bnl Zurich è dunque servito a comprare titoli Bnl e forse Rcs (secondo il bilancio Dorint al 31 dicembre 2003 quel prestito poi è salito da 115 a 140,5 milioni di euro). Ecco perché non si poteva chiedere subito alla Bnl Zurich di finanziare la Dorint: per salvare la forma. Altrimenti sarebbe stata Bnl stessa a finanziare la scalata (non ostile, evidentemente) di Della Valle alla banca di Abete. Inelegante, ma anche vietato dalla legge. La forma è salva. Ma la sostanza è la stessa.

Operazione assai più delicata e, diciamo, inelegante, di quella che contesta la procura di Milano alla Banca popolare di Lodi: avere finanziato i propri clienti per acquistare titoli di un’altra banca, l’Antonveneta, che interessava a Giampiero Fiorani. Ma la finanza è così: un po’ spregiudicata. Punta all’obiettivo. E talvolta mette la morale un po’ da parte…

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