ROMA – Chi pensava che Bersani sarebbe rimasto fermo, ad attendere gli eventi, si è sbagliato, e di grosso. Il segretario ha annusato l’aria, e, visti i pericoli che potevano incombere, ha deciso di agire. Al leader del Pd non è sfuggito il fatto che ormai anche dentro casa qualche cosa si stava muovendo. Nella pax bersaniana, firmata ormai quasi due mesi fa, si stava per aprire una piccola crepa.
Già, perché se alla fine Walter Veltroni scalpita e Massimo D’Alema continua a pensare che anticipare le elezioni sia la migliore soluzione possibile, entrambi hanno comunque siglato quell’armistizio e, almeno per il momento, non intendono romperlo. Il rischio non veniva — e non viene — dai big del partito ma dall’asse che si è creato tra gli ulivisti e il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Parisi e i suoi hanno deciso di chiedere ufficialmente le primarie in Direzione. Erano pronti a farlo martedì scorso, torneranno alla carica lunedì.
LE PRIMARIE – A questo drappello si è unito un altro gruppo, capeggiato dal consigliere regionale lombardo Giuseppe Civati, che, nonostante i dissapori con il sindaco di Firenze, ritiene, al pari di Renzi, che le primarie siano indispensabili per ridare credibilità al Pd. L’ordine del giorno per chiedere di tornare a utilizzare questo strumento di consultazione era pronto per martedì. La Direzione è poi slittata, causa terremoto, però la questione verrà affrontata nella prossima puntata, lunedì.
Bersani pensa di cogliere alla sprovvista i suoi avversari interni e di rilanciare l’immagine del Pd all’esterno con una mossa a sorpresa. Quale? Si tratta di quella grande iniziativa che era stata preannunciata e che molti credevano si limitasse alla controproposta da opporre a Berlusconi in termini di riforma istituzionale.
Non è così: il segretario sta scaldando i motori per un’uscita in grande stile che riguarda non solo il suo partito, ma il centrosinistra tutto. Certo, lo slittamento della Direzione, un «atto dovuto» come lo definiscono gli stessi bersaniani, rischia di attenuare l’effetto sorpresa e di far cambiare i piani al segretario, magari facendo passare qualche giorno ancora, dopo la Direzione. Per il grande annuncio. Ma la linea ormai è stata decisa e il leader del Pd non ha intenzione di discostarsi dal tracciato.
PREMIERSHIP – L’idea, per dirla in poche parole, è quella di annunciare la propria candidatura alla premiership e di dire di sì alla presentazione di una lista civica che affianchi il partito alle prossime elezioni. Le due cose insieme dovrebbero servire ad arginare l’astensionismo e il fenomeno Grillo, oltre che a tagliare le unghie agli avversari interni.
La lista civica che dovrebbe coinvolgere un personaggio di grande carisma come Roberto Saviano. Qualche bersaniano ha alzato il sopracciglio, venendo a sapere le intenzioni del capo. E dicono che anche D’Alema mal digerisca la cosa. Ma è anche vero che questo è l’unico modo per fronteggiare la richiesta delle primarie.
Renzi non ha mai fatto mistero con nessuno che, in caso di una sua candidatura alla premiership, andrebbe avanti come un treno. «Il mio programma—ha spiegato il sindaco di Firenze a qualche amico—è quello di rinnovare. E quindi basta deroghe sui mandati: io proporrò che persone come D’Alema e Veltroni non si presentino. Il rinnovamento o lo si fa sul serio o non lo si fa per niente».
E, com’era ovvio, questa confidenza è giunta anche alle orecchie dei diretti interessati. La contromossa di Bersani è l’unico strumento con cui sparigliare e silenziare (se non archiviare) le primarie. Un’operazione gattopardesca secondo Renzi e gli ulivisti. Un’operazione salvezza, se la si guarda dall’altra parte.
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