New York – Nervosismo, speculazione e senso di sfiducia si alternano da giorni sui mercati azionari di tutto il mondo, dopo un rally sulla cui sostenibilità molti iniziavano ad avere più di un dubbio. Gli investitori attendono il market mover vero e proprio di questa settimana, ovvero il discorso che il presidente della Fed Ben Bernanke proferirà a Jackson Hole, nello stato dello Wyoming. Alle 10 ora di New York, venerdì 1° settembre, si conoscerà finalmente il “verdetto”, il grande annuncio. Sempre se di verdetto e grande annuncio – è importante dirlo – si tratterà.
Di fatto, le grandi banche d’affari americane e altri economisti iniziano già a placare gli entusiasmi dei mercati, che da settimane scommettono su annunci di grande portata sia da parte della Fed che da parte della Bce.
La storia insegna spesso che c’è una forte discrepanza tra quanto i mercati sperano e quanto poi avviene davvero. E non dobbiamo tornare molto indietro per averne la prova: come dimenticare lo shock dei mercati quando, lo scorso 2 agosto, il numero uno della Bce Mario Draghi gelò il mondo intero, evitando di annunciare quella manovra di acquisti di BTP e Bonos, che gli investitori attendono ancora?
Certo, Draghi è un “prigioniero” della Bundesbank e dei falchi tedeschi. Bernanke invece può dire di poter godere ancora dell’autonomia del suo istituto. Tuttavia, secondo i più, Bernanke non ripeterà il copione del 2010, quando dopo il suo intervento a Jackson Hole, diede il via a una mossa di quantitative easing. Detto questo, secondo Goldman Sachs, il vero interrogativo è se il timoniere della Banca centrale americana fornirà nuove informazioni su quella che potrebbe essere la strategia della Fed in un arco temporale più lungo.
Sicuramente, se Bernanke scegliesse un approccio aggressivo, segnalerebbe che la commissione di politica monetaria, il Fomc, è prossima a nuove opzioni espansive anticonvenzionali che Goldman Sachs invoca da mesi.
“Un nuovo anno, e un’altra attesa per il discorso del presidente della Fed Ben Bernanke a Jackson Hole. Così come nel 2010 e nel 2011, i mercati stanno aspettando con trepidazione il suo intervento, venerdì 1° settembre, alle 10 ora di New York, per avere informazioni su cosa il Fomc potrebbe decidere in occasione del meeting di settembre e nei successivi”, scrivono gli analisti di Goldman, mettendo in risalto l’importanza dell’evento, che vedrà gli operatori di tutto il mondo, quel giorno, pendere letteralmente dalle labbra della Federal Reserve.
Secondo la banca d’affari, anche se non ci sarà alcuna rivelazione sull’intento o meno della Fed di imbarcarsi in un QE3, lanciando un nuovo programma di acquisto di asset, comunque “il suo discorso sarà coerente con l’alta probabilità che ulteriori manovre di politica monetaria seguiranno a breve”.
Goldman ritiene che Bernanke parlerà comunque della crisi finanziaria e della debolezza del mercato immobiliare, come di fattori che hanno un grande impatto negativo sulla domanda aggregata. Di conseguenza, l’accento potrà essere posto sul fatto che, in questo contesto, è necessario che le politiche fiscali e monetarie siano ampiamente accomodanti, per fare in modo che l’inflazione non scenda a livelli eccessivamente bassi e per evitare che la ripresa dell’occupazione faccia passi da gambero.
Allo stesso tempo, Bernanke potrà mettere anche in evidenza come in una situazione di tassi nominali a zero, come quelli americani attuali, ci siano maggiori ostacoli per rendere la politica monetaria sufficientemente accomodante. Certo, cambiare la composizione e la dimensione del bilancio della Fed potrà ancora fornire qualche stimolo, ma è sicuramente difficile valutare gli effetti di un quantitative easing anticonvenzionale. Non bisogna neanche dimenticare che Bernanke sa bene che periodi sostenuti di disoccupazione elevata possono tradursi in un fenomeno noto come “hysteresis”, ovvero una situazione caratterizzata da un tasso strutturalmente più elevato della disoccupazione associato a una flessione della partecipazione della forza lavoro. E questa situazione, una volta che è riuscita a radicarsi, lascia meno spazio agli effetti di una politica accomodante.
Detto questo, Bernanke potrebbe anche preannunciare un punto di svolta, lanciando quello che Goldman chiama “unconventional unconventional” easing, ovvero un allentamento di politica monetaria caratterizzato da misure straordinarie: queste potrebbero includere la fissazione di un target per il Pil nominale o un impegno a continuare con ulteriori politiche di quantitative easing fino a quando l’economia non migliori, in termini di produzione o di occupazione.
Goldman prevede così al minimo un’estensione dell’impegno a mantenere i tassi sui fed funds invariati fino a metà 2015, in occasione del meeting del Fomc dei prossimi 12-13 settembre. “Crediamo anche in un ritorno al QE, sebbene riguardo al timing, riteniamo che la sua applicazione avverrà più a dicembre o inizio 2013, che non a settembre”.
Di certo, comunque, l’adozione di un eventuale QE3 potrà essere “chiaramente possibile se i prossimi dati, soprattutto il rapporto del lavoro Usa che sarà reso noto il prossimo 7 settembre, si riveleranno peggiori delle stime, o in caso di peggioramento delle condizioni finanziarie, sulla scia dei problemi europei e del meeting della Bce il prossimo 6 settembre.
Riguardo agli altri analisti Michael Feroli, responsabile economista Usa presso JP Morgan Chase afferma di non ritenere che “Bernanke vorrà trasformare Jackson Hole in un evento che indicherà i suoi prossmi passi di politica monetaria”.
Gli fa eco Louis de Fels, money manager presso Raymond James Asset Management International: “C’è molta incertezza e allo stesso ci sono molte speculazioni sull’adozione o meno del quantitative easing – ha detto in una intervista rilasciata a Bloomberg – La possibilità su un nuovo QE esiste, ma non siamo convinti del tutto, visto che i dati macro stanno migliorando”.