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BERLUSCONI TENTATO DA MASSIMO

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(WSI) – Parlava e tutti non credevano alle loro orecchie. Era Silvio Berlusconi ma per chi si trovava al capo opposto del tavolo sembrava semplicemente un´altra persona. Quella riunione al primo piano di Palazzo Grazioli, la casa-presidenza del Cavaliere, per molti rimarrà impressa nella memoria. Perché nessuno si aspettava che il Cavaliere potesse dire: «meglio D´Alema di molti altri».

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Come spesso gli capita di fare nei momenti più difficili, il presidente del consiglio ha riunito le persone fidate per saggiarne le reazioni, dosarne i giudizi. Venerdì notte, dopo una giornata consumata a perorare la causa del candidato napoletano anti-Jervolino, ha quindi deciso di convocare lo stato maggiore di Forza Italia. Sapeva che il giorno dopo ci sarebbe stato l´incontro tra l´ambasciatore prodiano, Ricky Levi, e il plenipotenziario della Casa delle libertà, Gianni Letta. E allora, dopo aver fatto un rapido punto della situazione, ha chiesto: «Voi che ne pensate?». La domanda ha investito come un ciclone Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto, Denis Verdini, Paolo Bonaiuti e per alcuni momenti lo stesso Letta.

Sul campo, naturalmente, spiccava la candidatura di Massimo D´Alema. Su quel nome concentravano l´attenzione. Il “niet” era pressochè tranciante. «Anche a me non piace D´Alema e certo non lo possiamo votare – chiosava a quel punto il premier -. Ma…». Quel «ma» è stato seguito da una pausa silenziosa. «Ma la cosa peggiore che può capitare è che D´Alema passi contro di noi. Le conseguenze sarebbero terribili. Sarebbe un altro Scalfaro». «Terribili» in tutti i sensi.

Berlusconi è convinto che per il centrosinistra non sarà semplice sostituire il presidente diessino nella corsa al Colle. Tanto vale, dunque, coglierne gli aspetti positivi. E comunque non ritrovarsi al posto di Ciampi, un capo dello Stato inevitabilmente ostile perché contrastato fino in fondo. «Vedete – continuava a ragionare davanti ai forzisti sempre più sbigottiti – D´Alema è un uomo con un ego ipertrofico. Uno che da funzionario del Pci ora rischia di diventare il presidente della Repubblica. Cosa può volere? Gli uomini io li conosco. Vuole il consenso di tutti. Questa è la nostra garanzia. Eppoi, sapete che vi dico? Meglio lui che un centrista o peggio ancora uno sbiadito».

Tutti senza parole. Sguardi confusi. Bondi ha timidamente preso coraggio: «Sei sicuro? Non è meglio pensarci ancora un po´?». «Io ci ho già pensato». Quella riflessione, del resto, non è stata improvvisa. Con gli amici di sempre, con Confalonieri, Dell´Utri, Letta, aveva già calcolato pro e contro. Aveva già portato dalla sua la Lega di Umberto Bossi. Un asse che oggi consoliderà andando a parlare direttamente con il Senatur, a Gemonio. Il Carroccio ha avuto assicurazioni sul futuro percorso riformatore. Il “manifesto” di Fassino è il primo passo. Ma a Via del Plebiscito tutti adesso scommettono che si possa «ottenere anche di più di quel che ha promesso il segretario Ds».

Il problema semmai sono gli altri alleati. Anche ieri, nel vertice mattutino, Fini e Casini si sono battuti per una linea opposta. Tutto giocato sul non detto, sull´ambiguità. Sua Emittenza è fermo sulla linea di rispondere semplicemente con Letta al «pacchetto» prodiano. Non vuole sbilanciarsi di più. Mai e poi mai spenderà pubblicamente un parola in favore del “carissimo nemico”. Anzi. I leader di An e Udc, invece, puntano su candidati alternativi sospettando appunto la preferenza berlusconiana per D´Alema. Tant´è che, dopo l´incontro di ieri mattina a Palazzo Grazioli, i due hanno cercato la sponda di Francesco Rutelli.

Il capo della Margherita, dopo aver fatto visita a D´Alema, ha sentito al telefono sia Casini che Fini. Oggetto dei colloqui: il presidente Ds, ovviamente, e gli eventuali candidati alternativi. E che i sospetti siano tanti lo fa capire anche la minaccia ventilata in queste ore dal ministro degli Esteri e dall´ex presidente della Camera: astensione dal quarto scrutinio senza disertare l´aula. Obiettivo: impedire agli “incursori” della Cdl di aiutare segretamente “D´Alema”.

Non a caso Fini e Casini prospettano in continuazione delle subordinate. La soluzione preferita dal presidente di An resta Giuliano Amato. Una personalità che adesso non dispiace nemmeno all´Udc. Tanta insistenza che ha innervosito Berlusconi. «No, perché continuate? Semmai Monti». Un “tecnico” che non farà altro che indurre l´Unione a confermare la “prima scelta”. Il pressing, però, non finirà. Il puzzle del Colle non è ancora composto e mancano quattro giorni allo scrutinio della verità. Come dice il portavoce di Palazzo Chigi, Paolo Bonaiuti, «tutto può ancora cambiare, tanti passaggi vanno fatti». Anche Berlusconi, come è accaduto nel 1999, può essere costretto a cambiare strategia se l´asse Fini-Casini-Rutelli dovesse saldarsi.

Forse per questo, venerdì notte aveva una preoccupazione. «Il problema – diceva al summit forzista – è che dobbiamo inviare un segnale a D´Alema». «Anche perché – è il suo ragionamento – deve sapere che dopo la sua eventuale elezione, noi andremo alle amministrative a testa bassa. Deve sapere che ricorreremo a formule forti come “i comunisti al Quirinale”». Ma, forse, deve sapere che fa parte del gioco.

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