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BERLUSCONI NON VA AD HAMMAMET E NIENTE ELEZIONI ANTICIPATE

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Confermano una deriva latino-americana per l’Italia dopo gli attacchi furiosi di Silvio Berlusconi e il suo ringhioso disrispetto per le decisioni della Corte Costituzionale (“e’ fatta da giudici rossi”), per il Quirinale (“si sa da che parte sta Napolitano”) e per la Costituzione stessa del pease. In questo momento drammativo quindi uno dei tre poteri costituzionali dello Stato, l’esecutivo, mostra uno spregio assoluto, ostentato e guerreggiato nei confronti degli altri due poteri ma soprattutto della magistratura e in massimo grado della stessa carta costituzionale su cui e’ fondata l’Italia. Non era mai accaduto.

Intanto la sentenza con cui la Consulta ha bocciato il Lodo Alfano che garantiva l’immunita’ alle prime 4 cariche dello Stato (anche se una sola protesta e le altre 3 tacciono, a proposito di leggi ad personam…) sta scatenando le prime reazioni di piazza. Sei persone sono state denunciate ieri sera per aver gridato «in galera, in galera, la legge è uguale per tutti» contro Silvio Berlusconi davanti a Palazzo Venezia, a Roma, dove il capo del governo di centrodestra si era recato per visitare una mostra (dettagli a fondo pagina). Il clima in citta’ e’ pesante. Blindate per tutta la giornata via del Plebiscito, dove c’è la residenza romana di Berlusconi, e via dell’Umiltà, dove c’è la sede di Forza Italia. Chiuse al traffico anche alcune strade nei pressi della sede del palazzo della Consulta al Quirinale. Traffico in tilt in centro per tutta la giornata.

In tutto cio’ il presidente del consiglio non solo non ha alcuna intenzione di mollare (“non va ad Hammamet”, la citta’ tunisina dove era scappato Bettino Craxi per sfuggire ai processi di Tangentopoli – si legge su vari blog, dove si respira piu’ liberta’ di informazione). Anzi, in tarda serata a Porta a Porta da Bruno Vespa Berlusconi ha escluso le elezioni anticipate e ha ripetuto la sua abituale manfrina: “So che devo continuare a governare” e “non permetteremo a questa sinistra di ribaltare il risultato del voto”.

Intervenendo per telefono alla trasmissione di Vespa su Rai 1 e a poi a Matrix su Canale 5 (vedi testi a fondo pagina) Berlusconi ha escluso categoricamente l’ipotesi di nuove elezioni aggiungendo di “godere della fiducia del 68% degli italiani“. Poi ha ribadito affermazioni gravi, giudicate da giuristi e professori universitari di diritto, assolutamente “anti-costituzionali”, circostanza assai grave e appunto “latino-americana” che preluderebbe, secondo alcuni, a un “golpe bianco” incruento fomentato dal capo dell’esecutivo: “La Consulta e’ un organo politico, la stampa e’ di sinistra, Napolitano viene da un’ex maggioranza di sinistra e i processi contro di me sono farse”. Frasi di una gravita’ senza precenti, mai udite prima in Italia o in alcun paese dell’Occidente.

«La Consulta non è un organo di garanzia ma un organo politico» e con il pronunciamento odierno sul lodo Alfano «si è contraddetta rispetto a quanto fece 4 anni fa» sul lodo Schifani, ha detto il premier intervenendo telefonicamente a Porta a Porta. «Oggi – ha aggiunto – la Corte è occupata e dominata da 11 giudici di sinistra e 4 che non sono di sinistra. Non c’è nessuna speranza di decisioni autonome».

E poi: «Napolitano viene da ex maggioranza di sinistra». «In Italia abbiamo una minoranza di giudici di sinistra, una stampa di sinistra con a capo Repubblica, una Rai che, a parte lei signor Vespa, va contro il governo, e in più un capo dello Stato espressione della vecchia maggioranza di sinistra». «Su Napolitano – ha aggiunto – ho detto quello che penso: non ho nulla da modificare sulle mie dichiarazioni che potrebbero essere anche più esplicite e più dirette».

Il presidente del consiglio ha continuato: «Ci sono due processi che sono due farse, non solo andrò in tribunale per difendermi ma andrò alla radio, in tv, sui giornali ed esporrò la sostanza di questi processi agli italiani, poi voglio vedere se ci sarà un collegio, come quello del processo Mills, tutto di giudici di sinistra, che avrà il coraggio di emettere una sentenza contro la realtà». «Il presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte».

Questa affermazione di Berlusconi ha provocato un’immediata reazione in studio da parte di Rosy Bindi che ha giudicato gravissima tale posizione. «Ravviso che lei è sempre più bella che intelligente – ha replicato cafonescamente alla Bindi il capo del governo – non mi interessa nulla di quello che lei eccepisce». La Bindi ha risposto: «Sono una donna non a disposizione». Anche il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini ha giudicato «un’accusa inaccettabile» nei riguardi di Napolitano le parole del premier. «Non accuso il capo dello Stato – ha risposto Berlusconi – prendo atto di una situazione in cui c’erano certi suoi comportamenti e sappiamo tutti quali relazioni intercorrano tra i capi dello Stato e i membri della Consulta. Sono da anni in politica, so quali siano i rapporti che intercorrono». Il presidente del Consiglio ha anche confermato che «certamente» il governo farà la riforma della giustizia.

Nel frattempo secondo alcune fonti romane si va formando un inedito asse tra Gianfranco Fini e Umberto Bossi, gli uomini della colazione di centro-destra messa a dura prova, per stoppare immediatamente ogni tentazione di ricorrere al voto anticipato: la priorità è far proseguire il cammino delle riforme, federalismo in testa, con la stessa maggioranza uscita dalle urne.

E’ lo stesso leader leghista a chiarire ai giornalisti, subito dopo aver pranzato con il presidente della Camera, che nessuno dei due vuole interrompere la legislatura e tornare al voto. Mentre il Presidente della Camera chiama al telefono Silvio Berlusconi, subito dopo la pubblicazione della sentenza, per assicurare che la coalizione non subirà cedimenti: andiamo avanti, mantenendo la calma, con la maggioranza uscita dalle urne, sarebbe stato il ragionamento di Fini.

Dopo la sentenza, è lo stesso Silvio Berlusconi a dire che “si va avanti”. Dichiarazioni accolte con soddisfazione dagli alleati, visto che fino qualche minuto prima, la posizione del premier oscillava tra la tentazione di un gesto forte, sentendosi “delegittimato” dalla sentenza, e la volontà di andare avanti per tutta la legislatura: nei minuti concitati seguiti alla pronuncia della Corte, il premier al telefono con i suoi ancora accarezzava la tentazione di un gesto di rottura, mentre a Fini assicurava di non voler interrompere il percorso.

Fino a ieri si escludeva che l’incontro tra il presidente della Camera e il leader leghista potesse tenersi prima della pronuncia della Consulta, e invece all’ora di pranzo, mentre i giudici costituzionali ancora non si sono espressi ma i boatos davano per probabile la bocciatura, Bossi lascia gli uffici del suo gruppo a Montecitorio per varcare la soglia dello studio del Presidente. L’ingresso è accompagnato da toni bellicosi: se la Consulta bocciasse il Lodo Alfano “noi entreremmo in funzione trascinando il popolo”.

Ma all’uscita, Bossi precisa che non si tratta di elezioni anticipate: “Io non le voglio, Fini non le vuole”. Anzi, “vogliamo le riforme e dobbiamo farle”. Semmai, con la bocciatura del Lodo “le Regionali diventerebbero le Politiche”, trasformandosi in un referendum su Berlusconi. “Il popolo si esprimerebbe su Berlusconi e Silvio vincerà, grazie anche a alleati come noi”, garantisce il leader leghista.

Qualche ora dopo, Fini interviene al convegno della fondazione di Montezemolo, e spiega: “Io non ho perso la speranza che questa legislatura, pur nel clima in cui ci troviamo, riesca a segnare un cambio di passo almeno sull’organizzazione della nostra Repubblica, perché alcune riforme di cui si è parlato tanto e poi non si sono realizzate devono essere necessariamente portate a compimento”. E in particolare cita il federalismo:” Si può dar vita al federalismo fiscale senza il federalismo delle istituzioni? E’ un’evidente incompiuta, e in Parlamento non c’è nessuno che contesta la necessità dell’ultimo anello della catena”.

Parole che sicuramente Bossi apprezza. Il leader del Carroccio è con Berlusconi quando arriva la decisione della Consulta. Un’ora dopo assicura ai giornalisti: “Neppure lui vuole le elezioni anticipate. Andiamo avanti, non ci piegano”. La priorità di Bossi è sempre il federalismo: “Se si ferma il Governo, si ferma anche il federalismo. Figurati se può fermarsi il federalismo… Facciamo la guerra”.

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DICHIARAZIONI DI BERLUSCONI AL TELEFONO DI PORTA A PORTA E MATRIX:

(Apcom) – “In Italia abbiamo una minoranza di giudici di sinistra, una stampa di sinistra con a capo ‘Repubblica’, una Rai che, a parte lei signor Vespa, va contro il governo, e in più un capo dello Stato espressione della vecchia maggioranza di sinistra”. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi intervenendo telefonicamente a Porta a Porta, senza arretrare di un millimetro rispetto ai già espressi in serata sul Capo dello Stato: “Su Napolitano ho detto quello che penso: non ho nulla da modificare sulle mie dichiarazioni che potrebbero essere anche più esplicite e più dirette”.

Per Berlusconi, la sentenza è la dimostrazione che “la Consulta non è un organo di garanzia ma politico. Oggi è occupata e dominata da undici giudici di sinistra e da quattro non di sinistra per cui non c’è da sperare che prenda decisioni autonome e non politiche”, tanto più che “si è espressa in contraddizione con quanto aveva sostenuto nel 2004”. E questo nonostante il fatto che “il presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte”.

Ora che il Lodo è stato bocciato, riprenderanno “due processi che sono due farse”, e Berlusconi spiega che “non solo andrò in tribunale per difendermi ma andrò alla radio, in tv, sui giornali ed esporrò la sostanza di questi processi agli italiani, poi voglio vedere se ci sarà un collegio, come quello del processo Mills, tutto di giudici di sinistra, che avrà il coraggio di emettere una sentenza contro la realtà”.

“Andiamo avanti a governare con serenità, come abbiamo fatto nel 2004, sostenuti da una grande maggioranza nel Paese e in Parlamento”. In una telefonata a Matrix, il premier Silvio Berlusconi assicura che non pensa ad elezioni anticipate, così come non ricorse alle urne quando, due legislature fa, fu bocciato il Lodo Schifani.

Il premier ha definito “due farse” i processi che ripartiranno ora a Milano, e al conduttore che chiedeva perchè dunque avesse fatto ricorso ad uno strumento come il Lodo Alfano, replica: “E’ una cosa che c’è in tutte le democrazie avanzate” per consentire l’azione di Governo: “Ora sottrarrò tempo alle cure del Governo per occuparmi dei processi”. E comunque tiene a sottolineare che “non ho mai avuto un processo prima della mia discesa in politica”.

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Tre persone che avevano urlato frasi offensive all’indirizzo di Silvio Berlusconi, poco prima che il premier entrasse alla mostra in corso a Palazzo Venezia a Roma, sono state denunciate. Secondo quanto si è appreso le tre persone mentre il premier si accingeva ad entrare a Palazzo Venezia, hanno urlato: «In galera, in galera, la legge è uguale per tutti». Le forze dell’ordine hanno in un primo momento bloccato una delle tre persone e successivamente le altre due. I tre sono stati poi accompagnati nel vicino commissariato di polizia dove sono stati denunciati. All’uscita della mostra, stessa scena: altri tre contestatori e altre denunce. I tre hanno urlato al premier: «In galera, in galera». Anche in questo caso i tre sono stati quindi accompagnati negli uffici del commissariato e denunciati.

CHI SONO – I sei, due donne e quattro uomini, sono di età compresa tra i 25 e i 35 anni. Alcuni di essi sono ex studenti universitari e spesso partecipanti a manifestazioni pubbliche. Sono stati identificati dagli agenti della Polizia di Stato del commissariato Trevi e saranno denunciati per «vilipendio e oltraggio a carica istituzionale». A quanto si apprende, oltre alle frasi come «In galera, in galera, la legge è uguale per tutti», avrebbero pronunciato insulti personali nei confronti di Berlusconi.