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Berlusconi ha un piano. Anche su quando votare

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Il presidente del Consiglio sta preparando un piano in quattro punti (fisco, giustizia, federalismo e sud) da presentare ai finiani per ricucire lo strappo interno al Pdl: è quanto scrivono questa mattina il Corriere della Sera e La Stampa.

Entrambi i quotidiani sottolineano però che l’alternativa per Silvio Berlusconi di fronte a una rottura insanabile sarebbe il ritorno alle urne. Tanto che Repubblica parla anche di “comitati elettorali” del partito da allestire in fretta, subito dopo l’estate. Promotori della Libertà, circoli e giovani, tanti giovani, da reclutare e impiegare ovunque per spiegare quanto fatto dal governo. L’auspicio di Berlusconi sarebbe quello di optare addirittura per un voto a novembre.

“È l’unica via che abbiamo e dobbiamo imboccarla prima del 14 dicembre” – quando la Consulta con molta probabilità gli boccerà lo scudo del legittimo impedimento – ha scandito infatti, stando a quanto riporta Repubblica, allo stato maggiore riunito a Palazzo Grazioli per l’ultima volta, prima della pausa estiva.

Intanto, riguardo al nuovo programma per ricucire lo strappo nel Pdl, il premier vorrebbe chiedere la fiducia per far ripartire la maggioranza, nonostante lo scetticismo dimostrato ieri dalla Lega di Umberto Bossi.

Il premier intenderebbe così presentare in settembre, alla ripresa dei lavori parlamentari, un programma molto dettagliato e preciso, da prendere o lasciare, perchè si chiarisca, scrive il Corsera se “la loro intenzione (dei finiani) è quella di rispettare davvero l’impegno con gli elettori, e allora si può andare avanti a governare, o se vogliono solo logorarmi, e in quel caso si andrà al voto subito”.

Sulla Stampa si spiega che il testo “verrà scritto nelle prossime settimane, Ci lavorerà su Tremonti, ma pure Ghedini e Alfano, Bonaiuti e Cicchitto, Calderoli e Quagliariello verranno mobilitati”. Si tratterebbe di un piano che di fatto farà “cambiare natura al governo”, un “nuovo patto per chi ci starà”. Con “un occhio particolare per i cattolici; Casini, ma anche Rutelli e perfino i malpancisti del Pd” per attirarli “in una cantralità berlusconiana tutta da reinventare”.

Su Il Giornale invece si racconta dell’intenzione del premier di rivoluzionare la struttura del Pdl sostituendo i tre coordinatori, Verdini, La Russa e Bondi, con Alfano, Gelmini e Meloni.

Nel frattempo Roberto Calderoli mette un po’ il freno sull’ipotesi del voto anticipato. “Porterò a Gianfranco Fini i prossimi decreti sul federalismo fiscale. E’ lì che si vedrà se il governo può andare avanti o se sarà necessario ridare la parola agli elettori”. Dice il ministro per la Semplificazione Calderoli, in un’intervista al Corriere della sera nella quale invita a “non correre troppo” sull’ipotesi di elezioni anticipate: questo, perchè “sarebbe una responsabilità grave e anche incomprensibile il mandare all’aria il governo per le risse dentro ad un partito”.

Secondo Calderoli infatti il voto sulla mozione Caliendo “non ha certificato un governo di minoranza ma solo gli scazzi tra i due fondatori del Pdl. Che queste vicende possano influenzare le sorti del governo a me sembra impensabile” aggiunge e annuncia di aver contattato il ministro Ronchi per concordare “un incontro con lui e con Fini per presentare i prossimi decreti sul federalismo, ci aspettiamo da loro un contributo”, sul resto del programma di governo “passeremo per una puntuale revisione, quel che conta sono i fatti concreti. Se invece è un giochino a spaccare tutto, certo non vale più la pena”.

Di certo il ministro leghista esclude che se questo tentativo di ricucire con il presidente della Camera fallisse sia pensabile un governo di transizione: “Altre strade non esistono, ed è prova dell’impazzimento del Pd che predichi un governo tecnico che segnerebbe la sua dissoluzione”.