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Berlusconi-Fini: e se finisse tutto a “tarallucci e vino”?

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di Ugo Magri

C’era una volta la mozione di 4 punti, poi cresciuti a 5, su cui Berlusconi avrebbe chiesto la fiducia solenne del Parlamento, e in caso non l’avesse ottenuta saremmo andati di corsa alle urne perché è tempo di fare chiarezza.

Adesso non se ne parla più perché lungo la strada un po’ di solennità si è persa, dalle parti di Palazzo Grazioli la mozione di fiducia viene giudicata eccessiva, al chiarimento basterà il discorso del premier seguito dal voto su una risoluzione dove sarà sintetizzato il programma da perseguire. Oppure su cinque risoluzioni distinte per ciascun capitolo (giustizia, Mezzogiorno, fisco, sicurezza e federalismo).

Ma aleggia un’ulteriore ipotesi, maturata dopo il videomessaggio in cui Fini ha smorzato i toni: quella che mercoledì alla Camera non si voti del tutto.

In questo caso Berlusconi pronuncerebbe il discorso («volerà sopra le polemiche contingenti», rassicura tutti il portavoce Bonaiuti), dopodiché ogni gruppo direbbe la sua. E se i finiani garantissero un appoggio così convinto, talmente leale al governo da rendere superflua la conta, a quel punto tanto varrebbe soprassedere…

Un finale a tarallucci e vino che lascerebbe l’Italia a bocca aperta, ma permetterebbe al Cavaliere di dire: «Ho vinto, mi reggo su una maggioranza autosufficiente, dunque tiriamo avanti». E nello stesso tempo consentirebbe ai finiani di sostenere l’esatto contrario, «abbiamo vinto noi, saremo decisivi per la sopravvivenza del governo», senza timore di essere smentiti dai numeri.

Quale sarebbe il vantaggio per entrambi? Rinviare la resa dei conti. Lasciare che gli animi si plachino un altro po’. E, nel caso, ricominciare a tessere la trama per salvare la legislatura.

Inutile dire che le «colombe» caldeggiano il dibattito senza voto proprio per guadagnare tempo, laddove i «berluscones» duri e puri preferirebbero farla finita e contarsi. A decidere sarà il Capo, che studia la situazione da Arcore scettico e, a quanto dicono, piuttosto distaccato.

Nei confronti di Fini il risentimento del premier resta sopra i livelli di guardia (ricambiato peraltro). Sarà uno spettacolo studiare i volti dei due protagonisti dopodomani, quando il Cavaliere prenderà la parola in aula con il Nemico alle spalle: il presidente della Camera arbitra infatti i lavori dallo scranno che sta esattamente sopra quello del premier.

L’incidente clamoroso è sempre in agguato. Ma resistere in sella fino al 2013 in fondo a Silvio non dispiacerebbe affatto, tantomeno disprezzerebbe uno scudo contro i processi: entrambi traguardi che richiedono qualche forma di condiscendenza da parte del rivale.

Dunque per il momento Berlusconi dà corda ai suoi negoziatori, per vedere cosa portano a casa. Sono attesi per le prossime ore approfondimenti del capogruppo Pdl Cicchitto e ulteriori ambasciate del solito Gianni Letta, onde verificare fino a che punto l’appoggio finiano potrà essere forte e convinto, cominciando dai temi della giustizia dove il ministro Alfano e l’avvocato Ghedini alzano la posta: «Serve una riforma di rango costituzionale».

Un primo banco di prova si avrà stasera da Vespa. E’ in programma che nel salotto televisivo si accomodino Gasparri e Bocchino. Difficile che finisca in rissa poiché i due si conoscono troppo bene, vita morte e miracoli. Ma se il capogruppo finiano alla Camera rilancerà i «distinguo», insisterà con le critiche al Cavaliere, insomma darà spettacolo, è chiaro che vinceranno i «falchi», mercoledì si andrà alla conta e amen.

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