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“Berlusconi e’ finito”. Lo dicono perfino i suoi ex fan e adulatori. Mozioni di sfiducia alla Camera

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Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Ha cacciato Fini e ha perso la maggioranza. Ma non basta, non è tutto, non è questione di pallottoliere, non è la cosa più grave. Cacciando Fini, invece di integrarlo con compromessi politici a lui stesso utili, in attesa di uno stemperamento della propria anomalia istituzionale, il Cav. ha creato il competitore che mancava per la guida della destra bipolarista, gli ha dato anche l’aureola del martirio per la brutalità dei modi e per la lunga e incresciosa campagna di denigrazione personale.

Dentro, Fini era un aspirante successore e il profeta di un rinnovamento di là da venire; sbattuto fuori senza tanti complimenti, un avversario mortale con spazio ampio di manovra. Ora Fini può triangolare in perfetta autonomia politica con il centro casiniano, con le opposizioni, con i poteri forti cosiddetti; e nel contempo può cercare di restare, a certe condizioni, le più utili per sé, nel perimetro della governabilità uscita dalle urne di due anni e mezzo fa.

Può discutere senza complessi con Bossi, inverosimilmente rafforzato dal comportamento autolesionista del Cavaliere, e decidere su quali temi, in quali circostanze, con quali sfumature mettere sotto e umiliare la ex maggioranza. Soprattutto, Fini è il terminale di una nuova Stimmung, di uno stato d’animo che si diffonde: e se facessimo a meno di Berlusconi, che tanti problemi ci pone?

Fanno male i video con i pedinamenti di Lele Mora che va a una festa ad Arcore accompagnato da belle ragazze. Fanno male non perché abbiano un qualche significato morale, ma perché dimostrano che il Cav., non si sa come, non si sa bene perché, è diventato un uomo di stato che non conta, che può essere messo alla berlina da gente che lo spia, che può essere tirato in ballo in storie urca-scandalistiche da una escort spacciatrice già confidente dei carabinieri, e l’impressione è che anche la convocazione al Comitato parlamentare sui servizi sia solo un tentativo di umiliazione politica ben congegnato e ben raccordato con tutto il resto.

Tutta la campagna sulla cricca aveva questo scopo di sfondo, la moralizzazione c’entrava niente: dimostrare che i carabinieri avevano mollato il Cav. e facevano quel che a loro piaceva, inventando quando non trovavano, e trovando fuffa da spacciare per romanzo criminale quando la fantasia veniva a mancare.

Letta è stato indebolito anche lui, un po’ dal pettegolezzo maligno e un po’ dalla rigidità sui conti di finanza pubblica, benemerita ma incapacitante, di Tremonti. Arriva infine il Giornale con il titolo: “Governo, si sfascia tutto”, e un’intervista al Fatto di Feltri, che con stile cinico e brillante ha appunto “sfasciato tutto”; ora il Cav. è mollato in compagnia di Alessandro Sallusti, giornalista, e della Daniela Santanchè, pasionaria.

Non è bastata la logica di faida ex missina innescata dai colonnelli, che ha gravemente danneggiato il premier, adesso è la volta di Storace. Anche lui ha un diritto di veto sugli incontri politici del capo e dei suoi uomini o alleati.

Intanto i vescovi italiani, che non pranzano tutti a casa Vespa, reclamano sobrietà e una stabilità che non faccia galleggiare le istituzioni. La coda ruiniana del Forum delle famiglie si è agitata mestamente per tre giorni, ma il capo del governo non può recarsi a una conferenza strategica convocata e gestita dal governo. Confindustria ha già il piede sul predellino del carro vincente, è la sua missione storica. I giornaloni fanno la danza del ventre, al solito. La Rai è una fucina permanente di lazzi, frizzi ed eroismi dissidenti.

Può essere che usando in modo radicale del suo residuo potere di interdizione, una volta tornato da Seul e resosi conto della verità profonda della situazione in cui si è cacciato avvelenandosi con le sue mani, Berlusconi riesca a scompaginare ancora una volta, come un eterno comeback kid, tutti questi giochi.

Il potere di interdizione del vincitore delle elezioni si fonda sul suo seguito popolare ed elettorale, e sul suo consistente esercito parlamentare, ma dipende ormai quasi integralmente dalla benevolenza di Bossi e dalla fiducia in lui dei suoi del Pdl, sottoposti nel nord alla prospettiva di non essere rieletti. E nella Lega sono in atto, dalla base al vertice, sommovimenti tellurici, roba forte, roba che non si vede.

Però “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, si affaccia un partito di piazzale Loreto, per adesso grottesco ma domani chissà, e la fuga dei ruffiani, dei profittatori e degli opportunisti, di cui già si era avuta qualche avvisaglia nei mesi scorsi, potrebbe farsi chiassosa e disordinata, con ulteriori effetti autunnali. Il tempo non lavora per il Cav., così sembra.

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SILVIO, GLI ULTIMI GIORNI DELL’IMPERO

di Michele Brambilla – La Stampa

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(WSI) – Non è detto, non è affatto detto che l’impero di Silvio Berlusconi sia arrivato al capolinea: l’uomo ha più di sette vite e lo ha già dimostrato tante volte.

Magari rivincerà le elezioni e non farà prigionieri. Ma in questi giorni il clima è un clima da fine impero, e quando finisce un impero si scatenano gli istinti più bassi, la ribalta è degli ex fedelissimi che tradiscono e dei nemici che infieriscono, e questa è una delle cose peggiori perché non c’è niente di più vile che infierire su chi cade.

Sono giorni già tante volte vissuti in questo Paese, i giorni del «mai stato fascista, io» e del «mai stato craxiano, io». Pare si attenda da un momento all’altro un’immancabile apocalisse, forse anche una catarsi, crescono da una parte la voglia anzi la necessità di riciclarsi e dall’altra quella del regolamento di conti. Per un po’ sarà il caos, come dopo il 25 aprile: si starà alla finestra, un po’ di qua e un po’ di là in attesa di capire come va a finire.

Un vecchio collega raccontava di quel che accadde al suo paese, in Veneto, dove l’ex podestà, diventato primo sindaco provvisorio dopo la Liberazione, stava – con un fazzoletto rosso al collo – nella piazza principale a fianco del parroco: un cittadino si presentò davanti ai due sollevando contemporaneamente entrambe le braccia, la destra per il saluto romano e la sinistra per il pugno chiuso, esclamando: «Sia lodato Gesù Cristo».

Ogni fine impero è però preceduto dal basso impero, il cui tratto distintivo è lo scadimento della corte. Successo dopo successo, il re si convince di essere invincibile e soprattutto infallibile, così da non avere bisogno di consiglieri saggi ma di chi gli dà sempre ragione. Mussolini cominciò con Giovanni Gentile e Alfredo Rocco e finì con Achille Starace. A chi lo metteva in guardia dicendogli «Duce, Starace è un cretino», lui rispondeva: «Lo so, ma è un cretino obbediente».

Lungi da noi fare paragoni di persone e di sistemi politici – l’equiparazione tra berlusconismo e fascismo è una via di mezzo tra una barzelletta e una bestemmia storica – ma è innegabile lo sconcerto provato, anche fra tanti elettori di centrodestra, nel vedere quale sia il livello del materiale umano che pare il più vicino a Berlusconi in questi ultimi tempi.

Lo sconcerto ad esempio nell’aver visto i filmati – messi in rete dal settimanale «Oggi» – che documentano il trasporto delle ragazze di Lele Mora a casa Berlusconi. «Mi piacciono le donne», ha detto Berlusconi, ma ci si chiede se abbia bisogno di andare a una festa a Casoria, di frequentare Gianpaolo Tarantini e Patrizia D’Addario, di spacciare una disinvolta minorenne per la nipote del Presidente egiziano per tirarla fuori da una camera di sicurezza.

Quello che sta venendo fuori sulla corte di Berlusconi è difficilmente difendibile anche dai berlusconiani antemarcia. Lele Mora ed Emilio Fede sono indagati per favoreggiamento della prostituzione, e con loro Nicole Minetti, una ragazza di 25 anni che il presidente del Consiglio ha conosciuto come igienista dentale quando è stato ricoverato per la statuetta del Duomo tiratagli in faccia, e che poi è stata catapultata alla Regione Lombardia nel listino bloccato: eletta consigliere, cioè amministratrice dei lombardi, senza neanche passare per l’incognita del voto. Per quali meriti?

Leggiamo poi che una tale Perla Genovesi, già assistente di un senatore di Forza Italia e arrestata nel luglio scorso con l’accusa di traffico di droga, tra il 2003 e il 2007 ha avuto 48 contatti telefonici con la residenza privata di Berlusconi ad Arcore; leggiamo che sempre questa Perla ha avuto 500 contatti con una sim intestata a Sandro Bondi e che un non precisato «assistente di Formigoni» l’aveva avvisata di avere il telefono sotto controllo.

Poi c’è un’altra presunta escort (adesso si chiamano così perché il politicamente corretto ha ribattezzato perfino il meretricio) che risponde al nome di Nadia Macrì e che sostiene di avere avuto rapporti «con il presidente Berlusconi tramite Lele Mora per cui lavoravo» e anche con il ministro Brunetta, che ha smentito.

Leggiamo tutto questo e ci chiediamo: è davvero così la corte dell’ultimo Berlusconi? Ieri Fabrizio Corona ha detto che dei festini ad Arcore ci sono pure le foto. E Fabrizio Corona, di cui Lele Mora ha assicurato essere stato l’amante, è già stato condannato: eppure in questa Italia è un idolo di tante ragazze e sulle reti Mediaset è andato spesso a fare il maître à penser.

Forse tra vent’anni diremo: ma com’è stato possibile tutto questo? Alcuni tra i vecchi amici e consiglieri di Berlusconi sotto voce spiegano: «Ha voluto sostituire Gianni Letta con Daniela Santanchè e Fedele Confalonieri con Lele Mora». Vero o falso? Ferdinando Adornato, in un intervento alla Camera, ha rimproverato a Berlusconi di aver cambiato gli «intellettuali di riferimento» passando «da Lucio Colletti» (e si potrebbero aggiungere Marcello Pera, Paolo Del Debbio, Piero Melograni, Giuliano Ferrara) a giornalisti che parlano alla pancia della destra più becera e usano la tastiera come un manganello.

Ieri con un’intervista a Luca Telese del «Fatto» anche Vittorio Feltri ha preso le distanze. Ha detto che «tanta gente di destra si è rotta le balle di tutte le veline di Berlusconi», che il caso Ruby non gli è piaciuto, che Berlusconi «non doveva andare a Casoria», che «è stanco, confuso, non ha fatto tante cose che doveva fare»; ha distinto la posizione del direttore del «Giornale» Alessandro Sallusti, che è per fare quadrato attorno al Cavaliere, dalla sua, che è per la libertà di critica.

Ha fatto capire, forse addirittura annunciato, che se ne andrà dal «Giornale» per fondare un altro quotidiano. Anche Maurizio Belpietro di «Libero», uno dei più agguerriti, nei giorni scorsi ha dedicato al premier un editoriale intitolato «È dura aiutarlo se non inizia ad aiutarsi da sé».

Segnali che l’impero è davvero al crepuscolo? Nelle aziende del Cavaliere, Mediaset e Mondadori in testa, la preoccupazione si tocca con mano. Perché ci si chiede: come sarà il dopo? Lasceranno in pace il Berlusconi non più premier? O ci sarà la vendetta? Di sicuro, se vendetta sarà, avrà il contorno di tante tricoteuses, tra cui molti adulatori dei tempi beati. Perché questa è l’Italia. Non c’è nulla di male nel cambiare idea, anzi. Ma va distinto chi se ne va quando il capo è ancora potente da chi se ne va quando la barca affonda. Come cantava Francesco Guccini: bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà.

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