Società

BERLUSCONI
SI CONSOLA:
‘NOI I PIU’ FORTI’

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(WSI) – “L’unico dato che mi sembra già apprezzabile è che siamo il primo partito d’Italia e gli italiani, nonostante la campagna di tutti contro di noi, ci hanno confermato la fiducia. E di questo tutti ne dovranno tenere conto”. Per tutta la notte Silvio Berlusconi ha incrociato le dita. Aveva capito che non si sarebbe scatenato un diluvio sulla Casa delle libertà e quindi ha deciso di venire a Roma da Arcore per seguire lo spoglio dei voti. Da Via del Plebiscito si è tenuto in contatto con tutti i coordinatori regionali di Forza Italia. “E ognuno di loro – ha subito raccontato ai suoi – mi danno dei dati che sono assolutamente diversi dagli exit poll”. A Palazzo Grazioli, insomma, sono convinti che per il centrodestra esiste la possibilità concreta di giocarsi la vittoria al fotofinish.

Lo scrutinio, però, è andato avanti con lentezza e fino a tarda notte Berlusconi ha preferito non commentare. Lo farà oggi ufficialmente sulla base dei risultati definitivi. “Ci sarà da soffrire, niente è scontato. Non possiamo dire di aver vinto e non è detto che abbiamo perso. Sarà una nottata al cardiopalma”. Ogni rilevazione è stata presa con le pinze. Ma per il presidente del consiglio, è stato già importante che non uscisse fuori fin dall’inizio una vittoria schiacciante del centrosinistra. La lunga maratona elettorale e le incertezze nei titoli dei tg e dei giornali sono stati una chiave a lungo inseguita dallo staff di Palazzo Chigi.

Sta di fatto, che al di là della cautela con cui tutti seguono lo spoglio delle schede, il Cavaliere si sente “più tranquillo”. Di sicuro non ottimista sulla vittoria, ma fiducioso sulla possibilità di non essere travolto: “dicevano che era un plebiscito pro e contro di me. Comunque vada, me la sono cavata. Anche gli alleati sarà meglio se rimarranno in silenzio”. E anche ieri sera, quando sono piovuti sulla sua scrivania a Villa San Martino i dati ufficiosi degli exit poll, li ha liquidati con un “non ci posso credere, sono fatti male. Lo dico da tempo, non tengono conto di tante cose”.

Ieri allora ha fatto con i fedelissimi il punto della situazione sui passi futuri, sebbene i dati fossero ancora in corso di definizione. “È chiaro – ha spiegato – che se abbiamo la maggioranza sia alla Camera, sia al Senato anche di un solo seggio, dovranno dare l’incarico subito a me. Non ci credo, ma… In quel caso il vertice della coalizione e la guida dell’esecutivo spettano a me. Su questo non ci sarà dubbio”. Ma per la prima volta, nella lunga notte dello scrutinio, il presidente del consiglio ha fatto riferimento ad un’opzione sempre scartata, il “governo tecnico”.

Certo, il suo è stato solo un esempio di scuola. Fatto insieme ad altre ipotesi. Ma la possibilità del pareggio, questa volta è presa seriamente in considerazione. “Se ci saranno due maggioranze diverse o solo se semplicemente l’Unione non fosse in grado di assicurare stabilità al paese, sarebbe meglio varare un governo tecnico per poi tornare a votare in tempi brevissimi”. A suo giudizio, infatti, l’eventuale vittoria al “fotofinish” del centrosinistra porterebbe “direttamente all’ingovernabilità: una cosa inaccettabile”. “Se prevale Prodi, il governo non ci sarà. Avete visto quanti voti hanno preso Bertinotti, Pecoraro e Diliberto? Come possono pensare di governare con un sbilanciamento tanto marcato a sinistra?”.

Per il leader forzista, però, il “governo tecnico” non si muoverebbe lungo la prospettiva della “grande coalizione”. Non seguirebbe il modello tedesco, dunque. Ma sarebbe un sorta di passaggio obbligato per riportare rapidamente il paese alle urne e chiedere la rivincita. Solo pochi giorni fa era sicuro: “il pareggio non ci sarà”. Adesso, il testa a testa segnalato dagli exit poll, evidentemente gli ha fatto cambiare idea. In realtà, sebbene in campagna elettorale si fosse trincerato dietro il famigerato sondaggio americano, anche a Palazzo Chigi pochi si aspettavano numeri tanti favorevoli. E il Cavaliere ha fornito la stessa spiegazione con la quale giustificava il diverso andamento delle sue ricerche rispetto a quelle di tutti gli altri: “Nessuno lo accetta, ma gli elettori del Polo e in particolare quelli di Forza Italia non amano dichiarare le loto intenzioni di voto. Insomma, si vergognano. Esattamente come in passato capitava con la Dc. Nessuno ammetteva di votarla e poi tutti la votavano”.

In un clima di tale incertezza, quindi, il ventaglio di possibilità sul tavolo del premier era amplissimo. Tant’è che se ce ne fosse bisogno, Forza Italia proverà a fare “shopping” al Senato tra i senatori dell’Unione. “I democristani della Margherita – ripete da tempo il premier – perché non dovrebbero collaborare con noi?”. Ma soprattutto gli occhi di Via del Plebiscito sono puntati sull’Udeur di Clemente Mastella che a Palazzo Madama dovrebbe contare su una pattuglia di senatori.

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