Il Natale, dopo il premier operaio targato 2003, ha portato il premier orologiaio. Gli anni scorsi la scelta del cronografo era stata episodica. Quest’anno, Silvio Berlusconi, ha regalato orologi a tappeto: a ministri, a senatori, a deputati, a europarlamentari, a collaboratori e perfino a qualche portaborse di prima fascia. Tutti in oro. Il motivo: umorale. Il premier, come hanno potuto certificare gli eurodeputati azzurri incontrati all’ora di pranzo, attraversa un «momento felice». «Con il taglio delle tasse», ha riferito Berlusconi, «abbiamo dato una svolta alla nostra politica. Forza Italia è in grande crescita. Direi: rinascita. La gente è tornata a sostenerci e siamo in netta ripresa. La Casa delle libertà è, adesso, 4.9% sopra la sinistra».
Un vero «bollettino della vittoria», come l’ha chiamato il Cavaliere. Che, una volta distribuiti i preziosi orologi, il premier ha fornito gli altri ingredienti «di ottimismo» ai forzisti in missione a Strasburgo: «Dobbiamo essere sereni, sereni, sereni e pensare a governare il Paese». Un «sereni» insistito, «perché vinceremo anche nel 2006 e continueremo a governare». Spiegazione: «Con questa sinistra allo sfascio, senza un leader, non ci sarà neppure battaglia. Vinceremo di sicuro».
Dalla platea è scattato un applauso. Un altro è partito quando l’ex calciatore del Milan Beppe Incocciati, in visita augurale, ha paragonato il Cavaliere a Kakà: «Come Silvio gioca di fioretto». Un altro applauso ancora è esploso quando Berlusconi ha chiesto: «Siete contenti?!». E Riccardo Ventre: «Siamo contenti soprattutto del nostro capogruppo, Tajani». Mani bollenti. Visi commossi.
Il clima natalizio è stato messo da parte soltanto in un paio di passaggi. Il primo dedicato alla sfida dei governatori Roberto Formigoni e Raffaele Fitto. Il secondo alla riforma del nuovo ordinamento giudiziario, appena rispedita dal capo dello Stato al parlamento. «Sentirò personalmente i due governatori», ha detto Berlusconi abbandonando il sorriso, «e sono convinto che li convincerò: non ci devono essere liste personali o altre iniziative che possano danneggiare Forza Italia». Poi, quasi a rispondere ai ”ribelli” convinti di poter far cambiare idea al premier, il Cavaliere ha aggiunto: «Vi posso assicurare che non ci sarà modo di farmi cambiare parere.
Come ho detto qualche tempo fa, chi dovesse insistere e presentare una propria lista si metterà fuori dalla coalizione e da Forza Italia». Più prudente, ma altrettanto serio sulla questione dell’ordinamento giudiziario: «Come ho detto mille volte, avrei voluto una riforma più incisiva con la separazione delle carriere tra pm e giudici. Ma ormai abbiamo questa legge e dovremo leggere con grande attenzione il messaggio di Ciampi. L’imperativo è fare presto. Anzi, prestissimo».
Inutile dire che uno dei piatti forti del pranzo con gli eurodeputati, insieme agli ziti al ragù e al gulasch con polenta, è stata la riforma del patto di stabilità e il duello con il commissario Ue, Almunia: «Sono contento per la precisazione di oggi, ma resto sorpreso. Sembra che qualcuno voglia farci litigare. Diciamo le stesse cose e non ci capiamo. Non ho mai detto che bisogna abbattere il tetto del 3% tra deficit e pil. Ho detto che dal computo vanno soltanto tolte le quote di ammortamento per gli anni successivi delle spese per investimenti e ricerca. Solo così possiamo far ripartire un’economia che stenta a riprendersi a causa dei troppi vincoli europei e rilanciare l’occupazione. Il problema è che parliamo, parliamo, diciamo cose del tutto simili, ma quando si tratta di tirare le somme sembra che non ci capiamo. Ma vi posso garantire che Francia, Germania e Gran Bretagna sono con noi».
L’ultime parole sono state dedicate alla Turchia e al ”no” della Lega: «Ormai la decisione è presa. del resto come posso frenare l’ingresso di Ankara? Sono stato anche testimone alle nozze del figlio di Erdogan…».
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