Roma – Per chiunque ancora non lo conoscesse, vi presentiamo un metallo, il berillio. È caratterizzato dalla leggerezza e dall’eccellente conducibilità termica, che lo rendono un materiale ideale nell’informatica e nelle telecomunicazioni. Tanto che, nel corso del 2010, più del 50% del berillio è stato utilizzato proprio in prodotti legati ai computer e alle tlc. Ma le sue applicazioni non finiscono di certo qui.
Avendo uno dei punti di fusione più alti tra i metalli leggeri (1.287°C) e un fattore di elasticità di 1/3 superiore rispetto all’acciaio, può essere utilizzato anche nel campo aerospaziale, ad esempio nella costruzione di aerei, missili e vari sistemi di comunicazione satellitare. E ancora: altre caratteristiche fanno sì che sia adatto negli strumenti di precisione e nei vari sistemi audio, grazie alla capacità di trasmissione del suono. L’industria nucleare potrebbe essere infine un’altra applicazione (vedi sotto).
Punto di forza n. 1: la leggerezza: è infatti il più leggero dei metalli esistenti, dopo il litio.
Al momento, le risorse mondiali conosciute ammontano a circa 80.000 tonnellate ed è uno delle poche commodities di nicchia dove l’offerta non è controllata dalla Cina. Il 90% del berillio arriva dagli Stati Uniti, soprattutto dallo Utah e dall’Alaska, mentre il secondo maggiore produttore è il Kazakistan. Il valore totale stimato e’ di $2 miliardi.
Il problema è che si tratta di un mercato non molto trasparente e senza scambi spot, dunque è difficile riuscire a prezzare il suo vero valore. Il prezzo “ufficioso” è passato da $128 la libbra nel 2006, a $230 nel 2010.
Il modo migliore per investire sul metallo e’ investire sulle aziende collegate che lo estraggono e lo lavorano. Non ce ne sono molte. Il più grande produttore americano è Brush Wellman, un grande estrattore è BE Resources e da considerare e’ IBC Consolidated Advanced Alloys.
Particolarmente interessante sarebbe il comparto ricerca e sviluppo, che avrebbe trovato la giusta applicazione del berillio nel settore nucleare. Una soluzione che migliorerebbe di parecchio la sicurezza delle centrali e che forse sarebbe addirittura riuscita a prevenire la recente catastrofe in Giappone.
Proprio IBC Consolidated Advanced Alloys avrebbe scoperto che aggiungendo il 5% di ossido di berillio all’ossido di uranio, si riuscirebbe a migliorare la conducibilità termica senza ridurre le prestazioni della centrale. Detto in parole povere, qualora si volesse spegnere una centrale, il raffreddamento avverrebbe molto più velocemente, migliorando i margini di sicurezza.