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(WSI) – Sorpresa. E ancora sorpresa. Un’unica domanda corre sul filo del telefono tra Luciano e Gilberto Benetton: perché? Tra Ponzano Veneto e Roma, i due angoli dove si sta giocando la partita che dovrebbe portare alla creazione del leader europeo delle autostrade, prevale lo stupore. Lo stupore per il disappunto con il quale è stata accolta in alcuni ambienti politici l’operazione tra Autostrade e Abertis. Uno stupore forse dovuto anche al fatto che la famiglia di Ponzano Veneto in passato ha avuto un atteggiamento più che dialogante con la politica. Anzi è stata più volte sospettata di simpatie per il centrosinistra. C’è chi ricorda ancora quel breve passaggio in Parlamento di Luciano Benetton come senatore eletto nelle liste dei repubblicani.
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«Siamo rimasti senza parole» avrebbero detto ai loro collaboratori i Benetton. «Forse è ancora presto o non ci siamo fatti capire abbastanza. Maerano mesi che, a cominciare da Gilberto, l’ipotesi era stata illustrata in tutti gli ambienti anche politici». Le critiche bruciano. Eppure — dicono — l’operazione è così lineare: la taglia di Autostrade è grande ma se si vogliono affrontare nuovi Paesi come quelli nell’Europa dell’Est, se si vuole ragionare in un’ottica europea, che significa sbarcare in Francia, dove Abertis già c’è, se si vuole puntare su nazioni come la Germania, non si può pensare di fare tutto da soli, occorrono alleanze strategiche, come ha dimostrato di recente il caso della privatizzazione delle Autostrade francesi.
Già, ma è chiaro il sospetto di quanti guardano dubbiosi alle nozze con gli spagnoli: che si tratti di una vendita mascherata, che dietro questa sede del colosso piazzata a Barcellona, ci sia la voglia solo di sbarazzarsi di un business, un gettare la spugna. «Ma quale vendita?— avrebbero detto i due fratelli—abbiamo il diritto di acquistare le quote spagnole se loro vorranno uscire e loro hanno un analogo diritto se noi volessimo lasciare la società. Ma questa volontà non c’è. Altrimenti perché tirare dentro anche Mediobanca? E avere l’approvazione e il supporto in Schema 28 di un altro importante socio come Alessandro Profumo che, con Unicredito, è stato in grado di scalare una società tedesca? Non possiamo essere europeisti a corrente alternata». Ma perché la sede a Barcellona? «Al di là dei vantaggi fiscali che ormai sono una componente della competitività di una azienda e di un Paese, una società americana è tale se ha sede in California e non nel Minnesota?».
Certo c’è il precedente della Gs, comprata dai Benetton e ceduta poi ai francesi. «Giusto esempio — commentano da Ponzano —, Gs era una società che aveva un giro di affari di un decimo dei suoi competitor internazionali. E qualcuno si è chiesto perché? Perché a suo tempo si è preferito lasciarla sonnecchiare tra i confini italiani. E quando ci si è svegliati e la si è privatizzata si è scoperto che era minuscola, senza più alcuna possibilità di competere in Europa. Si dovrebbe forse fare lo stesso con Autostrade? Per poi piangerci addosso tra cinque anni? Trent’anni fa Abertis si faceva costruire le strade dagli italiani, oggi la taglia delle due società è pressoché identica. E allora o si capisce che per avere respiro europeo occorrono alleanze forti e paritetiche oppure ci si accontenti di giocare di rimessa».
In quell’angolo del trevigiano da dove i Benetton sono partiti per costruire uno dei gruppi del made in Italy più noti del mondo si preferisce pensare che a Roma si abbia paura più che altro delle strumentalizzazioni. Il fatto però che ai Benetton arrivi una cedola straordinaria dall’operazione sembra avvalorare l’ipotesi di una cessione…. «Tutt’altro — è il commento dei Benetton — è la prova che si tratta di una vera unione fra uguali. Autostrade è leggermente più grande di Abertis e per fare una operazione uno a uno si dovevano riequilibrare le due realtà, altrimenti l’operazione non sarebbe stata tra eguali e sarebbe naufragata».
E con l’andare delle ore cresce il disappunto, basta pronunciare la domanda: chissà che fine faranno gli investimenti in Italia, che si viene investiti da un fiume di parole. «Che fine vuole che facciano? Resteranno, aumenteranno persino. Pensare che davvero un gruppo come il nostro possa fare questi scherzi al Paese nel quale si è radicato e si è sviluppato è persino ingeneroso. Abbiamo preso Autogrill che era un gruppo presente solo in Italia e l’abbiamo fatto diventare leader incontrastato nel mondo. Nel mondo non in Europa. E adesso queste accuse…».
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