Società

Belpietro, Feltri, Minzolini spiegano cosa vuol dire essere berlusconiani

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – “Due pesi e due misure”, questo il titolo del dibattito sulla libertà di stampa organizzato ieri a Roma per il Pdl dal ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, e dal sottosegretario Daniela Santanchè. Ospiti i tre direttori berlusconiani di Tg1, Il Giornale e Libero, Minzolini, Feltri e Belpietro, nella parte di vittime di un “regime dell’informazione di sinistra” in Italia che fa capo a La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Santoro, l’Unità, il Tg3 e perfino il Corriere della Sera.

COSA NE PENSATE? AVETE QUALCOSA DA DIRE, IN MERITO? SCRIVETE LA VOSTRA OPINIONE IN DIRETTA SUL FORUM DI WSI, CLICCANDO QUI

Minzolini, Feltri e Belpietro gridano al regime

Bondi organizza il convegno sulla libertà di stampa. Testimonial i tre direttori berlusconiani. Intanto la Santanchè dichiara: “Con me nel Pdl cambieranno le cose”. Prenderà il posto di Verdini?

Si torna a parlare d’amore, nel Pdl. Di amore per la libertà di stampa, per l’autonomia, l’indipendenza e la discussione lineare, non faziosa. La linea la dà Vittorio Feltri attraverso una verve particolarmente spiccata e toni ogni tanto rabbiosi. L’occasione è l’iniziativa organizzata da Sandro Bondi e Daniela Santanchè e dedicata proprio alla “libertà di stampa”, con ospiti tutti “in orbita centrodestra”, come spiega lo stesso ministro della Cultura. Quindi, oltre al direttore editoriale de il Giornale, anche il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, e quello del Tg1, Augusto Minzolini.

Davanti a loro una platea di fedelissimi, quasi di fan, ancora più avvelenati dei relatori: se Feltri cita Repubblica, i presenti ululano; quando esce il nome di Michele Santoro, il “pezzo di merda” è automatico. Quando tocca a Marco Travaglio il boato è fragoroso. Sui magistrati e Di Pietro è meglio non riportare. E quando scoprono la presenza di un cronista de il Fatto, la reazione non è proprio di benvenuto. Una sorta di Auditel.

Eppure Sandro Bondi precisa: “Il nostro è un Paese malato a causa della faziosità e dei pregiudizi. Manca la buona fede, da parte degli altri, mentre noi siamo portatori di un’idea alta dell’informazione: raccontiamo la realtà senza drammatizzarla”. Ecco, questo è il punto: la realtà. Sì, ma quale? “Quella non distorta dai pm e dai giornalisti politicizzati – spiega la Santanchè –, due categorie che si sono saldate per ostacolare il progetto di rendere l’Italia un paese moderato e liberale”.

Tutto chiaro, per loro. “Insomma – continua – ora dobbiamo fare quadrato tra di noi e difendere quei protagonisti della carta stampata e della tv che non ci hanno mai lasciati soli nei momenti difficili”. Applausi. Non da Feltri. Il quale prende la parola e con toni da conferenziere offre delle ricche “sberle” ai due interlocutori politici: “Sono mesi che ci diamo da fare, che portiamo avanti la battaglia sulla casa di Montecarlo. E voi niente! Neanche un’interrogazione parlamentare: siamo abbandonati a noi stessi. Non solo, quando dovete rilasciare un’intervista interessante la date sempre ai giornali della concorrenza. Forse fa più chic…”. D’accordo Belpietro. In imbarazzo il “direttorissimo”. Sì, Minzo arriva per ultimo, prende l’applauso e già da come entra sembra in difficoltà.

Quando tocca a lui parlare, balbetta, quasi si scusa per la presenza, parla a grandi linee di cultura egemone della sinistra e non guarda mai la platea: preferisce i cenni d’assenso di Vittorio Feltri. Molto rari. Anche lui attacca Santoro e Travaglio “colpevoli di criminalizzare gli avversari”, mentre si è sentito accusato ingiustamente “quando in un editoriale banale ho solo utilizzato l’espressione ribaltone”. Basta, niente più.

In tutto cinquanta minuti per cinque interventi: una sorta di conferenza-lampo. Soddisfatto il ministro Ignazio La Russa, che all’arrivo ai suoi aveva confidato: “Non vi preoccupate, una mezz’ora e ce ne andiamo”. Più a disagio Denis Verdini, impegnato a schivare le domande dei cronisti con continui “non so”, “vedremo”, “non è il momento”. Eppure, lui, è il coordinatore del Pdl.

Ancora? Alla fine dell’happening il Fatto ha chiesto alla Santanchè se avrebbero fatto tesoro dei rilievi di Feltri: “Certo – ha risposto – ora con Bondi e con me le cose cambiano” Vuol dire che La Russa e Verdini hanno lavorato male? Breve silenzio. “No, non mi farà mai dire una cosa del genere”. Sarà. Eppure quando il sottosegretario lascia la sala, la prima cosa che fa è cercare lo stesso Verdini. Scorto all’orizzonte lo raggiunge svelta per parlarci. E magari chiarire. Per il resto, l’amore può ancora attendere.

Copyright © Il Fatto Quotidiano. (Servizio di David Perluigi, montaggio e riprese Paolo Dimalio) All rights reserved