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BEI, OBBLIGAZIONI DA PRENDERSI CON LE MOLLE

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(WSI) – Una congiura internazionale ordita contro i risparmiatori italiani? Non si può certo metterla in questi termini. Ciò non toglie che alcune proposte ai risparmiatori italiani della Banca Europea degli Investimenti (Bei) appaiano degne di biasimo.

Prendiamo per cominciare le Bei 1642009 Bot linked, emesse da poche settimane (vedi riquadro). Guardandole da vicino si scopre che sono solo una brutta copia dei Certificati di credito del Tesoro (Cct).

Le cedole semestrali successive alla prima saranno pari al rendimento dei Buoni Ordinari del Tesoro (Bot) aumentato dello 0,20% su base annua, quando i Cct garantiscono una maggiorazione dello 0,30%. Ma c’è di peggio, perché ogni cedola non potrà superare la precedente per più dello 0,20% (titoli simili sono detti sticky floater), sicché l’ultima cedola semestrale arriverà al massimo al 2,75%, anche se i Bot ritornano sopra il 10%.

Questa è una clausola micidiale che, in un normale contratto prestampato, richiederebbe la classica seconda firma. Viene infatti vanificato il pregio dei titoli a tasso variabile, che è la garanzia di un completo adeguamento alle salite — e magari impennate — dei tassi d’interesse.
Sempre peggio dei Cct. Queste Bei renderanno comunque meno dei Cct. Poco meno, se i tassi non salgono o salgono poco. Molto meno, se salgono in maniera decisa. Per giunta è scontato che il loro prezzo crollerà in caso di salita dei tassi, cosa che di norma coi Cct non capita.

Insomma, riescono ad assommare in sé i difetti dei titoli a tasso fisso e di quelli indicizzati. Nessun risparmiatore può quindi avere sottoscritto con cognizione di causa queste obbligazioni. Anzi, in un mercato finanziario davvero trasparente proposte simili non avrebbero scampo. In Italia invece basta entrare in una qualunque banca, con eccezione forse della Banca Etica, per trovarne a iosa.

L’altra emissione è la Bei 1352015 Tarn, in collocamento dal 29 aprile al 10 maggio da parte di un consorzio anche in questo caso guidato da Banca Akros e Morgan Stanley. La struttura finanziaria è complessa. Le cedole dalla quarta in poi dipenderanno dalla differenza fra i tassi di mercato dei titoli a 10 anni e a 2 anni.

Inoltre la somma degli interessi pagati sarà al massimo pari al 25%. Come si vede si tratta di un titolo astruso per un normale risparmiatore al punto che in alcune pubblicazioni viene definito adatto «per puntare sulla salita dei tassi», quando invece risulterebbe fortemente penalizzato in diversi scenari di salita dei tassi.

Dobbiamo concludere che è roba per specialisti? Al contrario, perché anzi uno specialista di fronte a una proposta simile storce il naso. Ha infatti provato a valutarla uno dei più competenti (e smaliziati) esperti italiani di reddito fisso, ovvero Marco Vinciguerra. Ebbene, scomponendo il costo per l’emittente nelle sue diverse componenti, il valore delle Bei 1352015 Tarn si aggira sugli 8283 euro, come si può verificare dai conteggi riportati su Internet alla mia pagina all’Università di Torino (www.beppescienza.it).

Se pensiamo che viene offerto a 100, siamo di fronte a ricarico enorme. Un ricarico enorme, ma simile a quello denunciato per altre obbligazioni strutturate in noto studio della Consob di G. D’Agostino ed M. Minenna, vedi all’indirizzo www.consob.it.

Margini di guadagno simili sono accettabili per l’abbigliamento o i generi alimentari, ma sono iperbolici per un prodotto finanziario. In realtà le Bei 1352015 sono state pensate per risparmiatori disposti ad accettare a scatola chiusa qualunque proposta della loro banca. E la Bei, istituzione pubblica senza fini di lucro, farebbe bene a non prestarsi a tali giochetti.

Abbiamo visto due esempi deprimenti di obbligazioni che le banche offrono ai loro clienti, confermando che le loro proposte sono sempre di seconda, terza o quarta scelta. Ma il colmo è un altro. Ovvero le obbligazioni che le banche negano ai loro clienti.

Esempio clamoroso sono le Infrastrutture (ex Anas) 3172019 2,25% codice Isin IT0003621452. Sono probabilmente il titolo più sicuro disponibile sul mercato: garantite dallo stato e indicizzate all’inflazione, rendono più di tutte le emissioni bancarie simili.

Continuo però a ricevere email e telefonate che mi segnalano banche che con vari pretesti si rifiutano di comprarle a chi le vorrebbe acquistare. Per curiosità ho provato a chiederle io a un paio d’intermediari ed entrambi ne avevano quante ne volevo, a conferma che non le trova solo chi non le vuol trovare. Clamoroso il caso di un cliente del San Paolo Imi che si è sentito dire prima che erano proibite ai privati; gli ha rinfacciato che ciò è falso e allora gli hanno risposto che rientravano in un elenco di titoli che, per motivi francamente incomprensibili, avevano ordine di non vendere ai clienti.

* Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino