(WSI) – Quanto sta accadendo in Europa meriterebbe maggiore attenzione di quella finora ricevuta. Per comprenderlo può essere utile ricordare quello che avrebbe dovuto essere lo scopo fondamentale dell’unione monetaria. I fautori della moneta unica europea si rendevano perfettamente conto che essa sarebbe stata utile soltanto se stabile. Inflazione e deflazione sono fenomeni gravi a livello nazionale, rappresentano autentiche catastrofi se investono un intero continente.
Come gli economisti sanno da sempre, la causa ultima di un’inflazione risiede nel tentativo di far fronte alle esigenze di finanziamento delle spese pubbliche “facendo gemere il torchio dei biglietti”, per usare le parole di Luigi Einaudi. La spesa pubblica rappresenta, infatti, il principale strumento di cui i governi dispongano per acquisire consenso: spendendo denari “pubblici” conferiscono benefici privati ai vari gruppi d’interesse e possono presentarsi come benefattori della collettività. Tuttavia, i soldi “pubblici” possono venire solo da tasche private dalle quali sono prelevati e, se l’elargizione di questi fondi accresce la popolarità di chi la propugna, il prelievo necessario al suo finanziamento riduce il consenso di chi lo decide.
L’ideale per un governo è quindi spendere senza tassare, operazione che è possibile solo prendendo a prestito dai privati o stampando moneta. Le possibilità degli Stati di prendere a prestito sono limitate dalla disponibilità dei privati a far loro credito, acquistando titoli del debito pubblico; quando quella disponibilità manca, lo Stato è costretto a “indebitarsi” con la sua banca centrale, che acquista le cambiali del governo con pezzi di carta “pagabili a vista al portatore”.
Quest’operazione, definita in gergo monetizzazione del debito, è la causa fondamentale d’inflazione dal 1914. Per questo i trattati istitutivi dell’unione monetaria vietano espressamente alla Banca Centrale Europea di intervenire in sostegno di stati membri in difficoltà, acquistando titoli del debito pubblico e creando nuova moneta. E’ sempre per questa ragione che essi contengono la regola che il disavanzo pubblico di uno Stato non superi il 3% del reddito nazionale, imponendo inoltre alla Bce l’obiettivo che il tasso d’inflazione non superi un certo livello (adesso fissato al 2%).
Una dopo l’altra, queste regole sono state infrante: il deficit di Grecia, Spagna e Portogallo è stato monetizzato dalla Bce, il limite del 3% è generalmente ignorato e, come se non bastasse, adesso ci si propone di creare obbligazioni europee, presumibilmente destinate a nascondere la violazione massiccia dei trattati dietro un velo di operazioni di cosmesi finanziaria. La sostanza non cambierebbe: per coprire i buchi dei bilanci statali sarebbe creata moneta europea, mettendo a repentaglio la solidità dell’euro e la stabilità monetaria di quasi un intero continente.
Gli interventi di sostegno della Ue e del Fmi finora non sembrano avere avuto successo: i tassi d’interesse che i governi di Grecia e Portogallo sono costretti a pagare per convincere i risparmiatori ad acquistare titoli di Stato sono elevatissimi e negli scambi privati i titoli di Stato greci vengono a scambiati a circa la metà del loro valore nominale. Come rilevato in un editoriale del Wall Street Journal (7-8 gennaio), non ci si è resi conto che il problema di questi paesi non è la mancanza di liquidità ma la scarsa affidabilità dei loro debiti.
Volendo davvero aiutarli, si sarebbe dovuto chiedere loro di emettere titoli a lunga scadenza garantiti dai fondi che l’Ue offriva e scambiarli con quelli in circolazione che sono a scadenza minore. Così facendo, il valore del debito esistente si sarebbe ridotto, perché lo scambio avrebbe avuto luogo non in base al valore nominale dei titoli esistenti ma a quello che effettivamente hanno sul mercato. Inoltre, si sarebbe allungata la vita dei titoli, posponendo il loro rimborso e rendendolo quindi più credibile.
Ciò non è accaduto e credo sia quindi legittimo dedurne che i piani di sostegno mirino più ad accrescere il potere dell’Unione Europea nelle scelte di politica economica che non a proteggere la stabilità dell’euro. Spero di sbagliarmi, ma la storia del XX secolo è molto ricca di episodi di cattiva gestione monetaria con le connesse, disastrose conseguenze economiche: l’iper-inflazione tedesca del 1923-24 e la Grande recessione del 1929 sono soltanto i due esempi più clamorosi.
Copyright © Libero. All rights reserved