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BCE: GIOVEDI’ PREVISTO UN CALO DI MEZZO PUNTO

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Lo si invoca a gran voce e quasi sicuramente giovedì prossimo la Bce procederà all’ennesimo taglio dei tassi d’interesse europei; se l’abbassamento sarà di mezzo punto percentuale – come appare molto probabile – il differenziale con gli Stati Uniti si ridurrà ad appena 50 basis points.

Questa ulteriore iniezione di liquidità produrrà ancora una volta effetti del tutto marginali; qui non si tratta di favorire le imprese ad effettuare investimenti finora sospesi in attesa di un minor costo del finanziamento bensì di generare nuova domanda che stimoli il sistema produttivo a rimettersi in movimento.

Del resto i toni singolari che il dibattito sulla deflazione in Europa sta assumendo, con le autorità politiche e monetarie che rincorrono quotidianamente la definizione più corretta del fenomeno – si va da “disinflazione” ad “assenza di inflazione” passando per “bassa probabilità di deflazione” – danno la netta sensazione che non si riesca a cogliere la sostanza di ciò che sta accadendo.

Ci si può anche nascondere dietro i termini, ma sottovalutare l’attuale situazione di crescita economica e dinamica dei prezzi praticamente a zero nel cuore dell’Euro-zona sperando che prima o poi qualcosa cambi – la ripresa è già stata posposta al 2004 – può solo peggiorare il problema.

Anche dagli Stati Uniti, come è noto, giungono segnali di decelerazione dei prezzi, ma ciò deriva più da una frenetica innovazione tecnologica e dal continuo aumento della concorrenza nei vari settori – potremmo definirla la deflazione buona – che dalla depressione della domanda; se Microsoft, signora e padrona del software, decide di ridurre i prezzi di vendita al dettaglio dell’Office XP sia standard sia professional del 15% e le sue singole applicazioni Word, Excel e Powerpoint del 30%, vuol dire che i sistemi opensource scaricabili gratuitamente dalla Rete come Linux e Opera cominciano a mordere sul collo del monopolio di Bill Gates.

Dalle nostre parti, invece, ci stiamo impantanando per mancanza di consumi alternativi a quelli che hanno trainato il Pil nell’ultimo decennio e per i quali si è giunti ad una inevitabile saturazione; tre anni fa si è provato a fare uno scatto in avanti mediante la scelta strategica sull’ Umts quale tecnologia per aprire a tutti le porte di Internet, che, sebbene finora abbia prodotto solo una folle asta per l’aggiudicazione delle licenze e continui ritardi nella partenza, costituirà sicuramente un volano importante.

Ma non può certo bastare; occorre investire massicciamente su altri fronti sui quali il divario rispetto ad altre zone del mondo diventa giorno dopo giorno più difficile da recuperare. E spingere con decisione sui collegamenti broadband ad Internet, che consentono di viaggiare a velocità almeno decuplicata rispetto a quelli tradizionali e ormai obsoleti, avrebbe ricadute di dimensioni incalcolabili e non solo sul piano economico.

E’ quindi pienamente da condividire la proposta del prof. Guerci rilanciata in questi giorni sulla stampa di un piano di emergenza nazionale: cablare quanta più Italia possibile, integrando gli accessi a fibra ottica con quelli via Dsl e satellite, deve rappresentare una vera priorità. Quanto varrebbe in più il nostro paese se avesse almeno una buona parte di scuole, ospedali, uffici pubblici collegati tra loro in banda larga? Isole felici come Siena, la prima città interattiva italiana ed europea grazie al suo totale cablaggio, non devono restare eccezioni.

Negli Stati Uniti sono ormai 30 milioni le persone che dispongono di questo tipo di accesso, con un incremento del 50% rispetto all’anno precedente, di cui 21 milioni via cavo e 9 via Dsl; ma ancora più avanti sono Corea del Sud e Canada con il 50% delle case già raggiunte da questo tipo di collegamento, la cui potenza, inoltre, è in continuo aumento.

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