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BARALDI, UNO DA TENERE D’ OCCHIO

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Questa lettera e’ stata pubblicata dal quotidiano La Padania:

Egr. Direttore, alla vigilia (ma speriamo di no) del decreto salva-follie del calcio, vorrei esternarLe alcune riflessioni sui fatti che leggo sulla stampa e, più precisamente, sull’estraneità del sistema bancario e della famiglia Cragnotti in relazione allo scandalo Parmalat. Sugli evidenti intrecci tra i due crack, e sulle implicazioni calcistiche che ne derivano, sono a ricordare i seguenti fatti:

1) Il supercommissario Bondi ha nominato se stesso Presidente del “Parma Calcio” e il dottor Luca Baraldi amministratore delegato della stessa società. Se si fosse seguita la stessa logica, la “Nuova Parmalat” avrebbe potuto tranquillamente lasciare ai suoi vertici… Tonna o Del Soldato. Il che, francamente, mi sarebbe parso eccessivamente sfrontato. Infatti Luca Baraldi è già stato, per due anni, amministratore delegato della stessa società calcistica e allora proveniva dalla Direzione Generale della “Banca Monte Parma”, allora presieduta dal dottor Marco Gorreri, direttore amministrativo della Parmalat di lungo corso, e al vertice della Banca fino al momento del suo arresto.

Il modenese Luca Baraldi, prima di essere chiamato da Gorreri alla Direzione generale della “Banca Monte Parma”, era dipendente della “Banca Popolare Emilia”, con sede a Modena. Baraldi – colpo di fortuna, colpo di fulmine, fortuita coincidenza o caso della vita? – convola a nozze a Parma con la signorina Mutti, il cui padre si è alternato con il cav. Tanzi ai vertici dell'”Ordine Costantiniano” di Parma, una organizzazione religiosa e al tempo stesso massonica di alto rango. A Parma avveniva e avviene di tutto e di più!

Dopo l’esperienza con i Tanzi nella finanza e nel calcio, il nostro Luca Baraldi diventa amministratore delegato della “Lazio”, lasciata orfana da patron Cragnotti. Baraldi lascia il vertice della società biancazzurra dopo meno di un anno, più esattamente e in modo tumultuoso nell’ottobre scorso, giusto in tempo per ritornare – guarda caso – proprio sulla poltrona che aveva lasciato poco prima, quella di amministratore delegato del “Parma Calcio”.

Sono certo che le annunciate provvidenze legislative salva-calciofollie troveranno in Luca Baraldi uno dei più sicuri estimatori poiché potrà beneficiarne non per una ma per due squadre. Questo probabilmente costituirà ottimo precedente per poter salire agli incarichi di vertice nella Federazione Italiana Giuoco Calcio che da tempo sono per lui vaticinati all’insegna del motto: “Ci vuole un uomo nuovo”. Ma siamo sicuri che Baraldi sia un uomo nuovo? Siamo sicuri che non sia, invece, un uomo legato al carrozzone che stava dietro ai Tanzi (Massoneria? Opus Dei? Sistema bancario? Geronzi e Bankitalia?).

2) Il secondo dogma che qualcuno sta cercando di accreditare è questo: Tanzi non c’entra con Geronzi-Capitalia-Cragnotti. Orbene, basterebbe lo scenario con dati di fatto che abbiamo sopra descritto per confermare che, guarda caso, Baraldi è approdato proprio alla Lazio, una società con cui vi era stato, negli anni precedenti e sotto la sua gestione calcistica, un fitto scambio di giocatori sulla via Emilia sia in direzione di Parma che in direzione di Roma.

Ma c’è un’altra incredibile coincidenza: secondo voi, dove sono approdati numerosi dirigenti distaccati da “Banca Intesa” nella Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza dopo che il gruppo con sede a Milano in via Monte di Pietà ha acquisito la Cariparma a seguito dell’ispezione, e dei conseguenti risultati, di Bankitalia del ’98? Quella stessa ispezione, e relativi risultati, segnalati al Procuratore Capo di Parma, Panebianco, per verificare la sussistenza o meno di “eventuali” aspetti penali?

La strada bancaria tra Parma e Roma viene aperta nel 2001 da Carlo Salvatori, allora amministratore delegato di BancaIntesa (proprio ai tempi dell’acquisizione di Cariparma). Salvatori va a fare l’amministratore delegato della Banca di Roma. Ma egli durerà abbastanza poco in questo incarico nonostante le sue notorie frequentazioni con il Governatore Fazio, deus ex machina della acquisizione di Cariparma da parte di BancaIntesa, caldeggiata proprio da Bankitalia. Salvatori dura un annetto scarso alla corte di Geronzi e poi va a fare il presidente di Unicredito.

Nel 2002 sulla via bancaria viaggiano solamente un paio di dirigenti (uno di loro si chiama Ghezzi). Ma nel 2003 si assiste a una vera e propria migrazione: l’amministratore delegato Anselmi, i dirigenti Frullanti, Passerini, Pranzini e Montescani, passano tutti alla Banca di Roma, ora Capitalia. Senza dubitare minimamente delle capacità professionali delle forze nuove assunte dal Presidente Geronzi è lecito chiedersi in quale occasione egli abbia potuto verificarle: forse in occasione dell’acquisto effettuato con le note modalità dell’Eurolat da parte della Parmalat dalla famiglia Cragnotti? Forse in occasione dell’appoggio creditizio miliardario fornito dalla Cariparma – presieduta all’epoca dal commercialista storico nonché consigliere d’amministrazione Parmalat, Luciano Silingardi – al signor Ciarrapico all’atto dell’acquisto da parte di Tanzi della “Ciappazzi”?

Forse nell’offerta di affidamento per 400 miliardi proposta alle FFSS di Lorenzo Necci in trattativa per vendere al gruppo turistico Tanzi la CIT? Forse per il trattamento riservato agli azionisti privati della Cariparma in sede di OPA da parte di Banca Intesa (circa il 40% in meno rispetto alla Fondazione Cariparma)? Forse nella prontezza dimostrata dalla Cariparma nel pagare oltre due miliardi al faccendiere Francesco Pazienza e a Renato D’Andria di Napoli alla fine del ’95? Non conosciamo l’esatta risposta, né se tra le eventualità che abbiamo indicato ci sia quella giusta. Certamente però, numerosi e caldi e improvvisi amori sono sbocciati sull’asse bancario Parma-Roma.

Ma occorre, in chiusura, evidenziare un’ultima stranezza. Il commissario Bondi ha richiesto, giustamente, il sequestro dei beni di una trentina di amministratori della Parmalat tra cui Luciano Silingardi. L’ex (o ancora?) potente presidente della Fondazione Bancaria Cariparma, costretto alle dimissioni, però fa sapere di essere tranquillo in quanto ha costituito un fondo patrimoniale nel 1995 e questo lo mette al riparo da pignoramenti e sequestri cautelativi e rende inattaccabile il suo patrimonio, così come prevedono le norme civilistiche (se un commercialista non sa tutelare se stesso e i suoi beni, che cosa ci sta a fare, verrebbe da chiedersi?).

Siamo parimenti tranquilli alla luce dell’operazione Pazienza-D’Andria anche per quanto riguarda gli aspetti di eventuale risvolto penale?

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