Società

BANKITALIA: CINQUE COSE DA SAPERE SU ASSETTO PROPRIETA’

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

In occasione della giornata mondiale del Risparmio alla quale prende parte anche il ministro dell’Economia, il governatore Mario Draghi quest’anno non ha fatto alcun cenno alla questione del ritorno in mani pubbliche del capitale della Banca d’Italia oggi posseduto in larga maggioranza da istituti di credito privatizzati. E questo benchè manchino sulla carta meno di due mesi allo scadere dei tempi – tre anni a partire dalla fine del 2005 – previsti dalla legge per il trasferimento delle quote possedute da soggetti diversi dallo Stato o altri enti pubblici.


Al posto del governatore hanno parlato i giornali. La tesi di base sostenuta da alcuni articoli è di utilizzare l’occasione della rinazionalizzazione del capitale di Bankitalia per distribuire risorse aggiuntive alle banche azioniste in un momento di scarsa disponibilità di capitali.


Di seguito cinque cose da sapere sull’argomento:


TERMINE NON PERENTORIO La legge 262 del 28 dicembre 2005 per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari prevede all’articolo 19 comma 10 recita: “Con regolamento […] è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici”. Rimandando a un regolamento del governo, il termine non è da considerarsi perentorio. A volte accade che un provvedimento attuativo previsto da una legge sia lasciato decadere o venga prorogato il termine per la sua presentazione.


CAPITALE CONCENTRATO NELLE MANI DI DUE BANCHE Oltre il 50% del capitale di Bankitalia è concentrato nelle mani di due sole banche, Intesa Sanpaolo e Unicredit e il resto spalmato su una sessantina di soggetti finanziari.


MANCA CONSENSO SU VALORE QUOTE Il valore da attribuire al capitale di Bankitalia è una questione lungi dall’essere risolta: oscilla tra gli 800 milioni indicati da esponenti del governo al momento della stesura della legge ai 14,5-23 miliardi stimati dall’allora presidente dell’Abi Maurizio Sella sulla base del criterio dei dividendi attualizzati e del patrimonio netto. All’epoca l’Abi si appellò agli articoli 42 e 43 della costituzione dove si prevede l’espropriazione per fini di interesse generale dietro indennizzo.


RISPETTO DEI PRINCIPI STABILITI DAL TRATTATO UE Come hanno spiegato in diverse occasioni sia il governatore Draghi che il membro italiano del board della Bce Lorenzo Bini Smaghi, nel mettere a punto il trasferimento della proprietà di Bankitalia occorrerebbe rispettare i principi previsti dal Trattato sull’Unione monetaria tra cui quello “dell’indipendenza finanziaria intesa come salvaguardia della possibilità per la banca centrale di destinare sufficienti risorse all’esercizio dei propri compiti, senza dover subire condizionamenti dagli altri pubblici poteri”.


IN NUOVO STATUTO INTRODOTTO LIMITE DIRITTI DI VOTO Allo scopo di evitare l’instaurarsi di influenze preponderanti sul processo decisionale della banca da parte degli azionisti-vigilati, nello Statuto della Banca d’Italia il diritto di voto è stato nel frattempo limitato a un massimo di 50 voti (su un totale pari a 582 secondo il sito di Bankitalia), indipendentemente dal numero di quote possedute.