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Banche: rapporto shock sugli aumenti di capitale

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Basilea 3, per i banchieri italiani, ormai è un’ossessione. Non passa giorno senza prese di posizione da parte di esponenti degli istituti, preoccupati per gli effetti delle nuove regole sul capitale, giudicate troppo severe. I big del credito si muovono anche sotto traccia. Interlocutore principale è Banca d’Italia: è a via Nazionale, del resto, che si definisce l’assetto normativo per l’industria bancaria della Penisola. Il pressing sul governatore Mario Draghi – e pure sulle seconde linee di palazzo Koch – è assai cresciuto nelle ultime settimane.

La linea d’azione è messa a punto dalla lobby dell’Abi. E nel comitato esecutivo di ieri, a Milano, è stata ribadita la necessità di sensibilizzare sia il governo sia le autorità di vigilanza. Sul tavolo, le statistiche sull’andamento del settore creditizio. Segnali negativi dalle sofferenze, a febbraio cresciute a 92 miliardi di euro (più del doppio rispetto ai 43,2 del 2009) di pari passo con le difficoltà dei clienti nel rimborsare i prestiti.

A far tremare i vertici dell’industria bancaria, però, non sono i numeri su incagli e rate scadute, ma i dati riservati sugli sforzi necessari per allinearsi a Basilea 3, l’impianto regolatorio su requisiti patrimoniali delle banche. Secondo un rapporto che circolava ieri nella sede milanese della Confindustria del credito, ai primi cinque gruppi bancari del nostro Paese servirebbero complessivamente 38,5 miliardi di euro. Molto di più, dunque, rispetto agli sforzi fatti e pari a 10,5 miliardi.

Corrado Passera Finora hanno approvato iniezioni di denaro fresco IntesaSanpaolo (5 mld), Ubibanca (1), Mps (2,5) e Banco Popolare (1), Tra le big del credito, solo Unicredit non ha ancora sciolto le riserve. Per piazza Cordusio si parla di 8,5 miliardi. Cifra che porterebbe il conto finale a 20 miliardi, lontano dalla stima. Calcolatrice alla mano, comunque, per ora ne mancano 28.

Nel rapporto non ci sono i nomi dei cinque istituti passati ai raggi X Tuttavia è il Monte dei paschi l’unico a essere individuabile nel ranking. L’elemento che svela l’identità è legato ai Tremonti bond (definiti in termini tecnici public sector injections), visto che Mps è l’unica fra le big italiane ad aver chiesto l’aiuto del Tesoro. Ciò nonostante per Rocca Salimbeni servirebbe uno sforzo pari a 10,5 miliardi di euro, ben 8 in più rispetto al rafforzamento già varato.

Il mercato bancario è in fibrillazione e Basilea 3 pare essere una zavorra insopportabile per il settore. Fra i banchieri c’è chi auspica passi indietro, su scala internazionale, da parte delle autorità e delle istituzioni. E chi, d’intesa con la Confindustria e sindacati del settore, vorrebbe lanciare l’allarme rosso sul credit crunch, cioè una improvvisa chiusura dei rubinetti dei finanziamenti.

A riportare tutti con i piedi per terra, durante il direttivo di marzo, ha pensato Corrado Passera: «Realisticamente – queste le parole dell’ad di Ca’ de Sass – occorre riconoscere l’impossibilità di modificare l’impianto generale di Basilea 3». Passera ha spostato l’attenzione sulla necessità di ripristinare «condizioni operative favorevoli per le banche italiane, non va allentata la pressione finalizzata al ripristino di una situazione in cui sia possibile per le nostre aziende di credito tornare a fare ricavi adeguati». Il fiato sul collo delle Fondazioni e degli altri soci, d’altra parte, comincia a farsi sentire. E di sicuro non è pensabile chiedere ancora a lungo sforzi all’azionariato, senza garanzie su dividendi di un certo livello.

Il quadro è complicato. E gli occhi dei big del credito sono puntati anche sui nuovi stress test internazionali. Si tratta delle verifiche sui bilanci e sui patrimoni di 90 banche europee, messi alla prova con ipotetici, nuovi shock sui mercati finanziari (come Lehman Brothers del 2008). I dati sono stati già consegnati: le big five italiane li hanno portati a via Nazionale il 6 aprile scorso. I risultati, invece, arriveranno a giugno. E l’appuntamento agita – e non poco – le acque del mondo creditizio.

I banchieri italiani, secondo quanto discusso ieri in Abi, chiederanno che la diffusione dei risultati avvenga a borse chiuse e magari di venerdì. Più di qualcuno, poi, teme che possano essere realizzate, su scala nazionale, delle vere e proprie black list. La banca centrale spagnola si è già mossa in questa direzione qualche mese fa, imponendo la ricapitalizzazione delle bad bank. E ai piani alti degli istituti si teme che anche Bankitalia, adesso, possa seguire l’esempio iberico.

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