Società

BANCHE PROVINCIALI
E GIOCHI DI POTERE

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(WSI) –
Mai visti tanti banchieri e finanzieri così chiacchieroni. Tutti a esternare e esprimere preoccupazioni (salvo poi ritirarle il giorno dopo). Al centro di tutti questi ragionamenti tre soggetti: Mediobanca, Generali e Banca Intesa. Tre pilastri della finanza italiana e tre snodi molto delicati. Il tutto nasce dal fatto che, con la fusione Capitalia-Unicredit, si sono verificate delle novità.

Le due banche, prima, avevano circa il 9 per cento a testa di Mediobanca, adesso hanno il 18, ma hanno già detto che venderanno una delle due quote (e, nell´attesa che questo venga fatto, congeleranno i diritti di voto della quota “eccedente”). Però, si va dicendo, il problema è che adesso Unicredit e Capitalia sono presenti in modo “unico”, compatto. Inoltre Cesare Geronzi diventerà presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca.

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Insomma, ci sarà una “direzione” di Unicredit più precisa e puntuale. E questo è il primo problema. Il secondo è dato da Generali, di cui Mediobanca è l´azionista di riferimento. Il terzo è rappresentato da Intesa, di cui Generali (e quindi in un certo senso Unicredit) è il maggior azionista: quello stesso Unicredit che poi è, sul mercato, il maggior concorrente bancario di Intesa.

Come si vede c´è molta carne al fuoco. E quindi ecco Geronzi e Profumo che cercano di gettare acqua sul fuoco. E di spiegare che non cambierà niente. O, forse, tutto.

Vediamo le questioni una per una. Per quanto riguarda il management di Mediobanca, l´opinione dei “nuovi” padroni (ma c´erano già prima, sono solo organizzati in modo diverso) è che si tratti di un management di altissimo livello. Management, quindi, che non ha bisogno di interventi traumatici.

Nella “politica” di Mediobanca (e questo è probabilmente il punto più interessante) cambierà una sola cosa (che in parte è già cambiata da anni, per la verità): l´istituto di piazzetta Cuccia non userà le sue molte partecipazioni azionarie per giochi di potere. Mediobanca, con Cuccia, ha fatto questo per anni, nel tentativo (a volte riuscito) di ridisegnare in modo conveniente il panorama del potere economico italiano.

Ma adesso, si dice da parte dei nuovi padroni, questo tempo è finito. L´autonomia di Generali, insomma, non è in discussione. Come non è in discussione quella delle altre società dove Mediobanca è presente. Certo, piazzetta Cuccia sarà molto attenta a valutare i risultati (come deve fare ogni buon azionista). Ma non si metterà a fare il monopoli finanziario e societario.

In sostanza, il management interno e i soggetti partecipati (nei quali Mediobanca è presente) possono continuare a lavorare con piena e responsabile autonomia. Anche se poi, come è ovvio, devono presentare risultati adeguati. Ognuno, in conclusione, farà il proprio mestiere e poi si vedrà quello che ha prodotto.
Sono credibili queste affermazioni? Per quanto riguarda Alessandro Profumo e Unicredit sì. Ci sono anni e anni di gestione dell´Unicredit a testimoniarlo. Unicredit in tutto questo tempo ha pensato più a fare la banca che a infilarsi di qui e di là, usando l´arma del suo denaro. Per quanto riguarda Cesare Geronzi, che ha una storia diversa, va detto che sembra aver sposato in pieno questa linea e che lo va spiegando a tutti. Il suo slogan preferito è che Mediobanca deve fare la banca, e non usare le partecipazioni che possiede per fare giochi di potere.

In tutto questo, che sembra positivo e rasserenante, c´è un ma. E il ma consiste nel fatto che Mediobanca deve in realtà diventare un´altra cosa rispetto a quello che è sempre stata e che in gran parte è ancora.
Poiché la sua missione è “fare la banca”, punto e basta, allora la banca deve internazionalizzarsi. Deve mettere, insomma, un po´ il naso fuori di casa. E questo non perché si tratti di una moda, ma perché negli ultimi anni molte banche d´affari straniere sono venute in Italia (dove fanno grandi affari), e allora è indispensabile (e inevitabile) che anche Mediobanca vada altrove, in casa d´altri.

In sostanza, spiegano in questi giorni Profumo e Geronzi, dei piccoli giochi di potere che si possono fare qui in Italia ci importa poco. La priorità vera consiste nel fare di Mediobanca una banca d´affari che possa reggere il confronto con le altre sui mercati internazionali.

E questa è certamente una posizione interessante. Ed è curioso notare come proprio in questi giorni l´ufficio studi di Mediobanca abbia scoperto che solo il 7 per cento del credito delle banche italiane (grandi istituti) e il 4 per cento delle banche popolari va a soggetti esteri. Con la sola eccezione di Unicredit (da sempre puntata sull´estero) che arriva al 60 per cento.

Insomma, il mondo bancario italiano fino a ieri era fatto di nani e molto provinciali. Adesso si è fatta qualche concentrazione e i nani sono diventati grandi. Ma, forse, restano un po´ provinciali, visto che poi alla fine finanziano l´industriale sotto casa e basta. E sono fuori dai grandi affari internazionali.
Mediobanca, dicono Geronzi e Profumo, dovrà cambiare tutto questo. E portarci all´estero.

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