A differenza di altri settori, le prime cinque banche italiane reggono l’urto della pandemia e registrano risultati decisamene migliori delle attese nei primi sei mesi dell’anno. È quanto emerge dall’analisi condotta dall’Ufficio studi di First Cisl sui bilanci di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Bpm, Bper.
Banche: l’analisi dei risultati
Rispetto a un anno fa crescono i ricavi delle principali banche, in particolare i proventi operativi (+ 5,5%), trainati dall’incremento record delle commissioni nette (+ 12%) e dagli altri ricavi, principalmente originati dalla gestione delle attività finanziarie.
Il margine primario per dipendente cresce del 6,5%, mentre le commissioni nette per dipendente salgono del 16,8%.
Si dimezzano inoltre le rettifiche nette sui crediti (da 5,6 a 2,7 miliardi), con una riduzione dei crediti deteriorati netti da 29,9 miliardi di inizio anno a 28,4 e un Npl ratio netto al 2,4%.
La Cisl evidenzia poi che sul fronte occupazione non si arresta la tendenza alla contrazione del numero degli addetti (- 4%) e delle filiali (- 7,4%). Scende di oltre 3 punti percentuali il rapporto cost/income (53,5%), su livelli nettamente inferiori al valore medio delle principali banche europee. Si conferma quindi l’insostenibilità di ulteriori tagli visto anche il livello di produttività raggiunto.
I rischi di una nuova fase di concentrazione
“Dai bilanci dei primi cinque gruppi italiani arrivano segnali che rappresentano lo specchio della ripresa in atto. Questa tendenza potrà rafforzarsi grazie al forte recupero del Pil e soprattutto all’avvio del massiccio programma di investimenti del Pnrr. Anche i dati sulla qualità del credito sono confortanti, con la gestione delle moratorie che non ha provocato significativi impatti sui deteriorati. È probabile che il contenimento delle svalutazioni dei crediti prosegua anche nei prossimi mesi”, dichiara il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani.
“Le banche devono assumersi la responsabilità del loro ruolo nei confronti del Paese e non lasciarsi guidare solo dalla politica dei dividendi. La strada non è quella del taglio dei costi attraverso la riduzione di personale, chiusura di filiali, esternalizzazione di attività e accentramenti di funzioni e competenze, minori flussi di credito per le piccole imprese.
Questi purtroppo sono stati gli effetti prodotti dai processi di concentrazione che rischiano di propagarsi ulteriormente, creando – conclude il segretario generale di First Cisl – condizioni insanabili di squilibrio territoriale nel Paese, proprio l’opposto di ciò che va realizzato con il Pnrr”.
Mps: ricavi e utili meglio delle attese
In questo quadro di miglioramenti uniformi va sottolineata la performance del gruppo Mps che, secondo lo studio dei sindacati, evidenzia una chiara capacità di sviluppo dei ricavi (+ 7,7%), dovuta anche all’aumento delle commissioni nette (+ 8,7%), che rappresentano il 56,3% del margine primario, il valore percentuale più elevato tra le cinque maggiori banche.
Risultano positive le prospettive del margine di interesse grazie alla riduzione del costo della raccolta. Su questo fronte l’inversione di tendenza potrà realizzarsi quando la banca potrà sviluppare gli impieghi. I crediti alla clientela di Mps per dipendente risultano infatti pari a 3,8 milioni mentre il dato medio delle Big 5 è pari a 4,7 milioni.
Va evidenziato che l’andamento dei ricavi appare significativamente migliore di quello previsto dagli stress test nello scenario base per il 2021. Il semestre si chiude infatti con 202 milioni di utile contro i 28 stimati dall’Eba per l’intero anno.
L’abbattimento di 2/3 delle rettifiche è dovuto alla qualità del credito, che diviene un punto di forza della banca anche in vista delle prossime trimestrali. Alla base di questi risultati c’è lo straordinario impegno delle lavoratrici e dei lavoratori di Mps, che hanno saputo fronteggiare le avversità del piano di ristrutturazione focalizzato su un taglio dei costi così pesante da ostacolare gli obiettivi di ricavo.