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(WSI) –
Le banche italiane mantengono alti i costi dei loro conti correnti, non si fanno concorrenza, confondono i consumatori per favorire i prodotti i più cari e rendono difficile il passaggio da un istituto all´altro. Il giudizio di merito, pessimo, che emerge dall´indagine conoscitiva da parte dell´Antitrust è anche più allarmante del dato che i conti correnti in Italia costano più che nel resto d´Europa. Il correntista medio sborsa 182 euro, quando in Olanda ci si ferma a 35 euro, in Inghilterra a 65, in Francia 99 e in Spagna a 108.
L´analisi dell´Autorità si estende su 60 banche che coprono il 78% degli sportelli in Italia e comprende tutti i tipi istituti (banche spa, popolari, Bcc) e considera dieci profili di consumatore. Per ognuno di loro è stato chiesto di indicare il tipo di conto più adatto e il costo annuo. Il risultato è che per solo due profili (giovani che utilizzano i conti online e pensionati che effettuano poche operazioni) sono sotto i 100 euro; tra 100 e 150 euro si situano altri due profili (Famiglia di pensionati con risparmio gestito o domiciliazione delle utenze). In altri sei casi (famiglie di lavoratori dipendenti con o senza figli che effettua molte operazioni, accendono mutui, e stipulano contratti per gestire i propri risparmi) si superano i 150 e se si aggiungono necessità di finanziamento (fidi, scoperti), si superano i 200 euro all´anno.
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La concorrenza viene scoraggiata con un informazione non trasparente: «Non esiste, nella prassi commerciale tipica, quella di prevedere un solo documento di sintesi contenente le voci di spesa per i servizi tipicamente utilizzati» rileva l´indagine, anzi il correntista viene sommerso di tante informazioni distinte in modo da rendere comprensione e confronto impossibile.
Una pratica che permette alle banche di rendere “inaccessibili” le offerte più convenienti e “spingere” quelle più costose. Ne sono un esempio i conti che prevedono un “canone fisso” o un pacchetto di servizi, un´offerta di semplificazione che secondo l´Antitrust permette «di collocare conti a prezzi ancora più alti rispetto a quanto il correntista informato potrebbe sostenere». Non a caso questa tipologia di prodotto è l´unica in aumento nel settore.
Un canale che assicura risparmi rimane Internet (60% in meno), ma anche la «nicchia informata di consumatori» fa fatica a passare ai prodotti migliori, colpa della «fidelizzazione forzosa».
Gli istituti pretendono un prezzo altissimo, in termini di tempo e di denaro, per essere abbandonati. I costi di chiusura conto aboliti in estate dal decreto Bersani (ma non del tutto spariti) ne sono un esempio, ma ancor di più pesano l´obbligo di mantenimento del c/c se con la banca è in corso un contratto di mutuo, di gestione titoli o di prestito personale.
L´Autorità propone otto rimedi per sradicare le pratiche anti-concorrenziali: 1) Fogli informativi sintetici con una chiara indicazione delle spese anche in una sola voce di costo. 2) L´introduzione della garanzia di costi fermi, almeno per un arco temporale minimo, 3) La piena comparabilità. 4) L´informazione annuale al correntista della spesa effettivamente sostenuta per la tenuta del conto. 5) La variazione rispetto all´anno precedente. 6) Individuazione di modalità in grado di mantenere in vita i servizi connessi al c/c per il tempo necessario a completare il trasferimento, per evitare duplicazioni di costo per il correntista. 7) Definizione di una durata temporale massima per l´esecuzione delle operazioni di trasferimento del c/c. 8) L´eliminazione di tutti i vincoli, contrattuali o di fatto, non necessari tra c/c e altri servizi e lo sviluppo di meccanismi che consentano la portabilità del conto corrente.
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