New York – Sara’ un’estate calda per l’Eurozona e la moneta unica, che non finira’ l’anno nella sua forma come la conosciamo ora. L’onda di ottimismo suscitata dai piani di iniezione di liquidita’ della Bce e’ gia’ svanita. L’intervento straordinario di Mario Draghi ha evitato una crisi bancaria ma i problemi strutturali non sono stati risolti.
A prima vista le cose non sembrano andare cosi’ male, spiega a Le Temps il chief strategist sul valutario della banca Swissquote, Peter Rosenstreich. Gli indici derivati dei mercati come i CDS – strumenti per assicurarsi contro l’eventualita’ di un default del debito – sono in netto ribasso, rivelando che la probabilita’ che un paese membro esca dall’area e’ in forte calo, rispecchiando l’ottimismo circondande il programma di ristrutturazione del debito ellenico e la messa in atto della seconda tranche di aiuti esterni.
I prestiti accordati dalla BCE alle banche in dicembre e febbraio tramite operazioni di rifinanziamento a tre anni sono stati pensati per riguadagnare la fiducia dei mercati. La flessione dei tassi di interesse testimonia l’efficacia delle operazioni adottate dall’istituto di Francoforte per evitare un crack del sistema bancario.
Il secondo obiettivo della Bce, pare, e’ il sostegno ai mercati del debito sovrano. I paesi come Spagna e Italia l’hanno utilizzato per comprare debito pubblico e ridurre il costo del denaro. Acquisti massicci del debito da parte della BCE con l’obiettivo di fare abbassare i rendimenti sembrano al momento improbabili.
L’inquietudine cresce di pari passo con l’incapacita’ di risolvere la crisi delle misure varate ultimamente dalle autorita’, con le banche che restano confrontate con il bisogno fondamentale di rifinanziarsi. Il tutto in un contesto generale difficile per l’economia.
Ai problemi strutturali economici non e’ stata ancora offerta nessuna soluzione. Anche se la Germania se la sta cavando bene, le prospettive per la periferia dell’area euro sono negative. Si rischia di creare una spirale al ribasso di consolidamento fiscale che ha bisogno prima di tutto dell’austerita’.
Cosa succedera’ dunque nell’area entro fine anno? La Germania rimarra’ l’unica nota positiva. La sua economia e’ molto dinamica, anche grazie alla domanda mondiale. Va sottolineato, tuttavia, che l Pil tedesco e’ calato -0,2% nel quarto trimestre e che l’ultimo balzo effettuato dalla fiducia delle imprese (indice Ifo) e’ insignificante di fronte ai timori d’Europa.
La paura circa la possibilita’ di nuovi piani di salvataggio e le prospettive economiche deboli incitano i mercati e le societa’ alla prudenza. Senza aumentare le spese, la ripresa non sara’ sufficiente a fari uscire l’area periferica – e quini l’Eurozona nel suo insieme – dalla recessione.
Sono tanti i paesi che soffrono di problemi montanti, ma la Grecia e la Spagna sono i due paesi con le maglie piu’ sfilacciate. Se da un lato la seconda tranche di aiuti ha fornito alla Grecia la liquidita’ necessaria, Atene non ha risolto i suoi problemi strutturali. In teoria, la Grecia riuscira’ a finanziarsi fino alla fine del 2014, ma sono dati fuorvianti, secondo Rosenstreich.
Difatti, ricevera’ i fondi dell’EFSF solo se riuscira’ a raggiungere obiettivi che sulla carta sono molto difficili da centrare. Il governo deve trasformare un deficit fiscale del 2,4% nel 2011 in un bilancio positivo tra reddito e spese del 4,5% da qui al 2014. Cio’ implica innanzitutto delle misure di austerita’ e dei nuovi tagli, visto anche che di crescita non si parla proprio.
Con il calo della fiducia dei gestori e dei dirienti aziendali, accompagnando dall’incremento dei livelli di disoccupazione, il paese non ha ancora toccato il fondo. Vista la carenza di competivita’ delle sue esportazioni, la Grecia non approfittera’ della ripresa mondiale. Inoltre, come il governo che verra’ eletto in maggio indendera’ rispettare gli impegni presi con l’Unione Europea? Resta un’incognita.
Intanto la Spagna e’ al centro delle preoccupazioni, dopo che il premier Mariano Rajoy ha annunciato che Madrid non raggiungera’ l’obiettivo di deficit fiscale fissato per fine anno. Da parte sua l’Italia ha gia’ annunciato un risultato deludente. I tassi a dieci anni spagnoli viaggiano sul filo del 6%, livelli che evidenziano tutti i dubbi circa la volonta’ e le capacita’ della Spagna in materia di consolidamento del budget fiscale.
L’ultima asta del Tesoro iberico ha mostrato che Madrid riesce ancora a reperire fondi sul primario, ma che per farlo e’ costretta a pagare un prezzo molto salato. Se a questo fattore si unisce la crisi del mercato immobiliare e del lavoro interna, come dimostrano le ultime cifre macro pubblicate, l’austerita’ e’ destinata a pesare su un’economia che e’ gia’ ricaduta in una fase di recessione nel primo trimestre.
L’elemento sconosciuto del quadro riguarda la capacita’ delle banche iberiche di rispondere alle esigenze del governo di aumentare di 50 miliardi di euro i fondi per i crediti immobiliari in difficolta’. L’accessso ai mercati dei capitali e’ gia’ diventato piu’ difficile. L’impressione dello strategist svizzero e’ che l’area euro non finira’ l’anno nella sua forma, cosi’ come la conosciamo oggi.