(9Colonne) – Roma, 5 ott – “Il curriculum personale del ministro non lascia dubbi circa il suo impegno a favore dei ‘bamboccioni’. Ma è stato il governo capace di convertire questa maggior consapevolezza in azioni concrete? Perché il forte extragettito non è stato destinato alla riduzione del debito pubblico, che grava sulle spalle delle giovani generazioni (80.000 euro per ogni italiano con meno di trent’anni)? Perché per ogni euro destinato ai giovani oggi se ne spendono 3 e mezzo per chi ha più di sessantacinque anni e perché la Finanziaria 2008 ha ridotto le spese per i giovani mentre ha aumentato ancora di più la già altissima quota di spesa pubblica destinata alle pensioni?”. Se lo chiede Tito Boeri in un editoriale sulla Stampa. “Il fatto – sottolinea l’economista – è che la politica italiana ignora i giovani da molto tempo. È un problema che viene da lontano, da quei dodici governi che in dieci anni, tra il 1982 e il 1992, hanno fatto raddoppiare il nostro debito pubblico e fatto aumentare di un terzo la spesa previdenziale per consentire a lavoratori e pensionati di aumentare il loro tenore di vita a scapito delle generazioni future”, laddove “lo scarso impegno verso i giovani è anche il frutto di un Paese e di un elettorato che invecchia. L’interesse dei politici si concentra sulle generazioni più numerose e dunque più rilevanti elettoralmente. Oggi l’elettore mediano ha 45 anni e sta invecchiando. Eppure il conflitto tra generazioni su come allocare le risorse nuoce al Paese. Anziani ed elettore mediano vivono meglio in un Paese che cresce. Toccherebbe alla classe politica sanare questo conflitto latente”. E Boeri nota che “se la politica italiana è miope, in parte è perché i nostri politici sono più anziani che altrove: il presidente del Consiglio ha sessantasette anni, e l’età media dei nostri ministri è cinquantotto anni contro i cinquantadue della Francia, i 53 della Spagna e i 54 del Regno Unito”.
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