Società

AZIONI IN GRAN FORMA, MA
IL RISPARMIATORE NON LO SA

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(WSI) – IL PARADOSSO DELLA LIQUIDITÀ Le Borse europee salgono da oltre due anni, ma il pubblico non ne ha approfittato. Anzi, si è preso in pieno la batosta del 2001-2002 senza partecipare al rialzo vigoroso del 2003-2005. Forse al punto da legittimare l’espressione un po’ cattiva di «parco buoi», in voga qualche tempo addietro. Il quadro emerge dai dati di raccolta dei fondi azionari europei. Ci sono naturalmente differenze da Paese a Paese, ma la fotografia d’insieme è piuttosto uniforme: i risparmiatori si sono imbottiti di titoli fra il 1999 e il 2000. Dopo aver subito forti minusvalenze con il crollo della new economy, non hanno più trovato il coraggio di rientrare in Borsa per beneficiare del rimbalzo del 2003-2005.

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Un caso rappresentativo delle tendenze continentali è quello tedesco, dove la raccolta netta dei fondi azionari è stata negativa sia nel 2004 sia nel 2005, mentre l’attività era risultata febbrile in coincidenza del massimo storico del Dax (1999-2000). Persino peggiore il trend in Italia, dove l’emorragia dei fondi azionari prosegue dal 2001. E nel 2005 la fuoriuscita ha toccato i 4,2 miliardi di euro.

TANTI SOLDI, POCA BORSA. Di positivo c’è che la composizione dei portafogli medi assomiglia alla situazione del 1996-97, quando iniziò uno dei più forti mercati Toro della storia recente. In particolare, gli europei hanno un’esposizione modesta verso la Borsa e sono invece ricchi di liquidità. Gli analisti si augurano perciò che abbia luogo un travaso di risorse a favore delle piazze azionarie, capace di innescare un secondo flusso di acquisti, alimentando così il rialzo.

Ma vediamo i dati: i fondi azionari rappresentano solo il 34% del totale amministrato in Europa. Nel 2000 la quota era oltre il 45 per cento. Nel 1997, invece, era più o meno sui valori attuali, cioè 30-35 per cento. Insomma, la ricchezza investita in azioni non è eccessiva. E c’è spazio per crescere. Anche perché i quattrini parcheggiati nei fondi di liquidità sono al contrario tantissimi: oggi valgono il 70% di quello che è impiegato nei fondi azionari. Una cifra davvero elevata. Basti dire che fra il 1998 e l’inizio del 2002, il rapporto era sempre stato sotto il 50 per cento. Per ritrovare una situazione analoga occorre tornare di nuovo al 1997, cioè all’inizio dell’ultimo grande rialzo. Ma con una differenza capitale. Allora, nel 1996-1997, gli strumenti monetari rendevano qualcosa ai risparmiatori e avevano di conseguenza una loro attrattiva. Nel 2005 non sono in grado neppure di coprire l’inflazione tanto sono anemici i rendimenti. Perciò una fuga dalla liquidità potrebbe coincidere con una rinnovata corsa delle piazze europee.

LA MONETA. Naturalmente, anche a livello macroeconomico le condizioni risultano buone, e più accomodanti che sull’altra sponda dell’Atlantico, tanto che un flusso rilevante di ordini in acquisto arriva dagli Stati Uniti. Il rapido accrescimento dell’offerta di moneta è pure un carburante abituale delle Borse. Infatti, ogniqualvolta c’è abbondanza di contante, almeno una parte finisce negli asset finanziari. E i dati recenti forniti dalla Banca centrale europea parlano di una crescita dell’offerta di moneta al 7,3%, ben superiore a quella dell’economia.

PREZZI ANCORA BASSI. Alcuni esperti hanno però lanciato l’allarme: le piazze europee sarebbero salite troppo e troppo in fretta, rendendole vulnerabili a un capovolgimento. Ma è avvenuta anche una cosa curiosa: le valutazioni delle azioni europee sono ancora quelle del 2003, o persino più allettanti. La ragione? Gli utili hanno ricalcato la parabola ascendente delle quotazioni cosicché i multipli delle compagnie restano su livelli interessanti. Francoforte offre un ottimo esempio: il multiplo sugli utili è oggi il più basso degli ultimi due decenni e oscilla intorno a 12,4 volte i profitti del 2006.

Tra il 1985 e il 2000, le richieste erano maggiori del 15-65%, anche senza considerare gli eccessi della bolla di fine millennio. E inoltre, quelli erano anni in cui i tassi d’interesse offerti dalle obbligazioni viaggiavano ben al di sopra delle cedole correnti. Come se non bastasse, di recente anche l’euro ha smesso di correre, favorendo i profitti degli esportatori. Essi hanno tirato la cinghia per diverso tempo e ora si trovano nella migliore condizione per beneficiare della robusta congiuntura internazionale. Insomma, il mercato azionario sembra aver sposato una chiara tesi rialzista in cui i prezzi bassi, i tassi d’interesse minimi e il ciclo positivo degli utili hanno un peso maggiore rispetto al rincaro del petrolio e alle tensioni internazionali. La ciliegina sulla torta potrebbe venire proprio dal ritorno in Borsa dei piccoli risparmiatori.

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