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(WSI) – Ancora su. Le azioni d’Europa hanno fatto sapere al mondo di avere ancora fiato per salire. Ma chi si immagina nuovi record potrebbe rimanere deluso. Dopo il mini-rialzo dei tassi da parte della Bce, le Borse sembrano semplicemente mantenere la promessa già fatta, scontando con moderato entusiasmo l’attesa del ritocco.
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Un buon umore che, fa notare Fausto Artoni gestore senior di Azimut sgr, si giustifica anche con l’influsso positivo dei forti mercati asiatici e con la nuova intonazione di Wall Street, convinta che invece la salita dei tassi Usa sia finita. O quasi. E i risparmiatori? La fiducia nelle azioni, misurata dall’indice Bsi Gamma-Corriere della Sera, nel mese di novembre è addirittura tornata ai massimi storici (45%) toccati solo una volta, nel luglio 2003.
Interpellati sul rialzo dei tassi, per altro, i 300 piccoli azionisti d’Italia intervistati ogni mese da Gfk Eurisko rispondono con un tono simile a quello del listino. «Il denaro un po’ più caro non ci preoccupa: staremo sereni e investiti». Il 37% dice che, anche se le quotazioni dovessero scendere, non scapperà dalla Borsa. E il 15% pensa che, comunque, non cambierà nulla. Quindi oltre la metà (52%) è ottimista.
Ma andiamo con ordine. La scommessa azionaria più rosea dà per vincenti nei prossimi mesi i titoli rimasti al palo, oltre ai soliti petroliferi. Le telecom (che sempre dividono gli animi), l’hi tech. E, naturalmente, i finanziari che nelle prime fasi di rialzo del costo del denaro hanno tutto da guadagnare in margini. Il vecchio adagio «tassi su, Borsa giù» oggi non funziona. Perché la risalita (minima) da tassi bassissimi viene interpretata come segnale di speranza in una miglior salute della bloccata economia europea e non come freno.
Un’idea contestata da chi ritiene che invece la ripresa sia più immaginaria che reale. Ma la Bce ha deciso. E le azioni, per ora, le credono. «Adesso l’incertezza è sulle prossime mosse della Banca Centrale – dice Chris Iggi, global strategist di Axa Sim -. Il mercato se ne aspetta una o al massimo due nel 2006». Dopo si vedrà. C’è già chi dice che la vita in Borsa non sarà facile, costringendo a slalom tra storie nuove e tempistiche difficili. Gli analisti di Morgan Stanley prevedono, per esempio, un 2006 a somma zero, con un ?5-10% all’inizio e un ritorno a terra dopo.. Perché con la fine del denaro facile (si arriverà al 3% nel 2006?) i listini a un certo punto si fermano. I risparmiatori d’Italia sembrano abbastanza coscienti dei meccanismi, anche se ignorano chi abbia in mano le leve dei tassi.
Il 40% pensa che il timoniere sia ancora la Banca d’Italia e solo il 37% indica la Bce. Chiunque decida, comunque, per ora non fa paura. Il 62% è poco allarmato dall’idea che salgano le rate dei mutui. Ed è un atteggiamento razionale: un aumento del costo del denaro di 0,25% o anche di 0,50% non può cambiare la vita di chi possiede prestiti a tasso variabile stipulati all’epoca del 2%. Abbastanza ragionevoli sono anche le risposte sull’inflazione (il 56% è convinto che salirà ed è quindi d’accordo, forse inconsapevolmente, con Jean-Claude Trichet) e di titoli di Stato. Il 21% pensa che i prezzi dei Btp scenderanno mentre le cedole diventeranno più sostanziose. Sulla carta l’idea è giusta. In pratica però immaginare già oggi deprezzamenti e cedole generose (sia sul fronte fisso che variabile) è difficile: i rendimenti dei Btp sono simili a quelli di un mese fa. Sui mercati però esiste solo il domani. Ed è sulle poste future (quanti altri aumenti dei tassi e quando) che si ragiona sotto gli euro cieli.
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