Il premier conservatore australiano John Howard riaccende, ieri, le polemiche sull’energia nucleare, presentando il rapporto finale di una task force di esperti da lui stesso nominati, secondo cui l’Australia deve abbracciare l’opzione nucleare per far fronte all’impennata di consumi di energia e per ridurre le emissioni di gas serra. Il gruppo di esperti, al lavoro da sei mesi, era incaricato di studiare la fattibilità e i parametri economici dell’energia nucleare, dell’estrazione di uranio e del suo trattamento. La task force raccomanda che le prime centrali nucleari siano operative entro un decennio, nonostante il parere di un gruppo indipendente di scienziati secondo cui le sue analisi sottovalutano i costi e le difficoltà pratiche di costruire le venticinque centrali che essa raccomanda, per lo più lungo la popolata costa orientale del continente. Il rapporto d’altra parte aumenterà la pressione sul premier, perché introduca una forma di tassazione delle emissioni di Co2, poiché avverte che il costo dell’energia nucleare sarà del 20-50 per cento maggiore delle centrali a carbone, se l’inquinamento che queste producono non sarà penalizzato. Howard dice che risponderà in forma ufficiale al rapporto all’inizio del prossimo anno, ma sottolinea che la decisione finale sarà presa su basi commerciali. ”Date le nostre riserve di uranio, e che il nostro fabbisogno di energia si raddoppierà entro il 2050, sarebbe una follia non permettere lo sviluppo dell’energia nucleare”, dice. Secondo il rapporto, l’energia nucleare è “un’opzione pratica” per l’Australia, realizzabile nell’arco dei prossimi quindici anni, e può svolgere un ruolo chiave nel suo futuro, in termini sia di costo che di protezione dell’ambiente.
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