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ASSEDIATI DALL’ECONOMIA CRIMINALE

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(WSI) – Un sistema economico in cui la criminalità resta saldamente radicata e una magistratura che fatica a rispondere colpo su colpo, perché la politica non la sostiene. Al contrario: la ostacola. È senza sconti il bilancio che traccia Francesco Greco a Trento quando, com’è accaduto ieri, il Festival dell’Economia gli dà spazio per parlare del risparmio troppe volte tradito da banche di «furbetti» e imprese sull’orlo del fallimento.

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Il sostituto procuratore della Repubblica di Milano in realtà non si preoccupa troppo di distinguere fra gli schieramenti. «Da anni in Italia c’è un problema di criminalità economica dilagante», dice subito, eppure la reazione dei governi resta per lui incomprensibile: «Da Tangentopoli in poi la politica è parsa più preoccupata di depotenziare la magistratura che di lottare contro la criminalità economica», è l’accusa. Zero leggi contro la corruzione, è il calcolo di Greco, 600 invece le modifiche al codice di procedura penale che complicano il lavoro delle Procure. Senza contare che contro la cultura dell’illegalità economica «l’intervento della magistratura non è risolutivo – dice -. Al massimo può evidenziare problemi che devono essere risolti dalla politica».

Non manca neanche una lista di dettagli diabolici, quelli che a Greco appaiono come piccoli ostacoli sparsi qua e là per rallentare gli ingranaggi: segretarie dei magistrati a cui viene tolto l’email («eppure non costa»), l’addio ai servizi di manutenzione informatica in Procura, il rischio (scampato di poco) di vedersi togliere anche il computer portatile in dotazione. E via enumerando inefficienze: «Lavoriamo in una situazione di puro volontariato. Eppure con Antonveneta abbiamo compiuto il primo sequestro che si ricordi di una banca: serve molto coraggio». Debellate le «trame» bancarie di cui parlava giorni fa il Governatore Mario Draghi, l’allarme per Greco rimane intatto: «La crisi del calcio dimostra come la questione morale sia ancora molto profonda in Italia».

A parlare a un pubblico di Trento che gli riserva applausi a scena aperta è lo stesso magistrato che – raccontano – a Gianpiero Fiorani mostrò la propria busta paga di statale durante un interrogatorio, forse per ridare il senso della misura all’imputato-banchiere delle «trame». Ed è lo stesso Greco che agli avvocati di Ubs, Deutsche Bank o Bank of America, quando vengono a parlargli in Procura, fa vedere un film: s’intitola Enron-The smartest guys in the room (qualcosa come «I più furbi della sala»), un’ora e mezza in cui il regista Alex Gibney mette a nudo la sete di denaro, gli abusi e la brutta fine di Kenneth Lay e Jeffrey Skilling. Qualche giorno fa i due manager che nel 2001 distrussero il gruppo texano sono stati condannati, ora rischiano il primo fino a 30, il secondo fino a 185 anni di carcere.

Ma anche quel dvd sul tavolo del sostituto procuratore racchiude un messaggio. Ai suoi interlocutori segnala che per i crimini finanziari si paga. Ma a Greco stesso, ricorda che in Italia Skilling e Lay forse l’avrebbero fatta franca. Con la «ex Cirielli» che decurta i tempi delle prescrizioni, dopo 5 anni di istruttoria su Enron entrambi potevano puntare a salvarsi. «Sono stati dimezzati i tempi – accusa Greco -. Ai 75 mila che si sono costituiti parte civile per Parmalat, sono stati rubati sette anni e mezzo di processo». Di qui una delle sue richieste dal palco di Trento mentre Enrico Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, siede due metri più in là. «La Cirielli – scandisce il magistrato – è un problema da affrontare fra le priorità immediate». Greco in realtà una soluzione l’ha, benché non la proponga in via ufficiale: eliminare la possibilità di prescrizione in caso di rinvio a giudizio, primo vero grado di processo.

Finito il confronto, Enrico Letta prenderà in disparte il magistrato per capirci di più. Ma l’elenco dei problemi non risparmia né il nuovo governo, né la maggioranza di centrosinistra. Del resto in sala lo si è avvertito subito, da come Greco sbotta per replicare agli interventi di politici e uomini di finanza: «Non mi piace la cultura dell’omertà. Tanti magistrati fanno il loro dovere, altri invece no». Troppo facile allora disquisire sulle autorità indipendenti o sui conflitti d’interesse in banca – dice Greco, forse con una frecciata a Letta – se poi «nel concreto non si fa mai niente».

Per lui meglio allora cercare dal governo risposte concrete. Il sostituto procuratore ricorda ad esempio la legge 231 sulla responsabilità penale d’impresa, da cui in Parlamento sono spariti i reati ambientali e quelli legati agli infortuni sul lavoro a inizio decennio (con una maggioranza di centrosinistra). C’è poi da inserire nella stessa legge il riciclaggio di denaro sporco, perché anche le banche rispondano dei loro colletti bianchi. «Da noi non abbiamo quasi processi per riciclaggio e il motivo c’è: leggi inadeguate», accusa il magistrato. Qui la sua arringa assume venature di sarcasmo. «Non sono il Pontefice ma grazie alle nuove pensioni – afferma Greco – credo che morirò lavorando». A maggior ragione gli riesce difficile capire perché uno Stato indebitato esiti tanto a recuperare il denaro congelato dalle Procure.

Non sono in gioco solo i conti dei primi anni ’90, dove giacciono vecchie tangenti. «Abbiamo centinaia di milioni sotto sequestro, trecento solo per conti legati a Bnl – ricorda Greco -. Iniziamo a mettere le mani in tasca ai delinquenti». Per ora, non è così. La legge prevede sanzioni elevate per i pagamenti di forti somme in denaro liquido, eppure per Greco «non scattano mai». Di recente persino i funzionari pubblici sono corsi a approfittare di un condono presso la Corte dei conti: ci si autodenuncia e si risparmia l’80% del dovuto.
Se questa è l’Italia, il sostituto procuratore non ha paura di apparire populista. Forse perché, parole sue, «si scarica sulla magistratura ciò che la politica e le istituzioni non fanno».

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