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ARGENTINA: ORMAI E’ INSOLVENTE PER $3.1 MILIARDI

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Il presidente Nestor Kirchner é giunto oggi alle 8,30 (le 12,30 italiane) nella Casa Rosada da dove seguirà durante la giornata le febbrili trattative in corso per evitare che alle 19 (le 23 italiane) l’Argentina entri tecnicamente in default con il Fondo monetario internazionale (Fmi) che attende un pagamento di 3.150 milioni di dollari.

Il quotidiano ‘Clarin’ scrive che al termine della giornata di ieri il governo non aveva impartito alcun ordine alla Banca centrale argentina “per attivare amministrativamente il pagamento all’estero” e che quindi, visto sotto il profilo meramente burocratico, il default odierno sarebbe inevitabile.

Ieri Buenos Aires ha ricevuto un’ultima proposta da parte del Fmi a cui il Ministero dell’economia ha risposto con una controproposta che però, secondo gli osservatori, non conteneva significativi elementi di avvicinamento delle parti. Sempre secondo la stampa, in un cruciale vertice nella casa Rosada, il ministro dell’economia Roberto Lavagna avrebbe illustrato le ragioni a sostegno della scelta di pagare quanto dovuto, anche in assenza di segnali chiari da parte del Fondo di una approvazione della seconda revisione degli obiettivi contenuti nell’accordo triennale firmato dall’Argentina.

Ma questa ipotesi è stata respinta dall’ala politica del governo perché avrebbe un costo alto per il presidente Kirchner che ha sempre detto di attendersi una approvazione della revisione da parte del Fondo perché l’Argentina ha rispettato tutti gli impegni presi. Uno dei punti chiave di divergenza è il ruolo che dovrebbero avere le banche nel negoziato del debito privato in default, e per il quale attendono una soluzione anche 350.000 risparmiatori italiani. Per il Fmi, gli istituti bancari dovrebbero svolgere un ruolo chiave nella fissazione delle condizioni di rimborso, mentre il governo ritiene che essi dovrebbero limitarsi ad un ruolo di consulenti.

Inoltre il Fmi chiede all’Argentina di riconoscere come interlocutore il Global Committee presieduto da Nicola Stock e di raggiungere un consenso sulla proposta di rimborso del debito in default dell’80% dei detentori dei titoli. Comunque già il 9 settembre 2003 l’Argentina entrò in default tecnico per un rimborso di 2.900 milioni che regolarizzò 48 ore dopo la scadenza prevista.